• Sentenze Ente: Corte di Giustizia UE
 
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 12 Giugno 2019
Numero: C-43/18
Data di udienza:
Presidente: Bonichot
Estensore: Toader
 
L’articolo 3, paragrafi 2 e 4, della direttiva 2001/42/CE ... deve essere interpretato nel senso che ... un decreto ...  mediante il quale uno Stato membro designi una zona speciale di conservazione (ZSC) e fissi obiettivi di conservazione nonché talune misure di prevenzione non rientra nel novero dei «piani e programmi» per i quali una valutazione degli effetti sull’ambiente è obbligatoria.
 

 
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez. 1, 12 giugno 2019 Sentenza C-43/18
 
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
 
12 giugno 2019 
 
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2001/42/CE – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Decreto – Designazione di una zona speciale di conservazione conformemente alla direttiva 92/43/CEE – Fissazione degli obiettivi di conservazione e di talune misure di prevenzione – Nozione di “piani e programmi” – Obbligo di procedere a una valutazione ambientale»
 
Nella causa C-43/18,
 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio), con decisione del 12 gennaio 2018, pervenuta in cancelleria il 24 gennaio 2018, nel procedimento
 
Compagnie d’entreprises CFE SA
 
contro
 
Région de Bruxelles‑Capitale,
 
LA CORTE (Prima Sezione),
 
composta da J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, C. Toader (relatrice), A. Rosas, L. Bay Larsen e M. Safjan, giudici,
 
avvocato generale: J. Kokott
 
cancelliere: V. Giacobbo‑Peyronnel, amministratrice
 
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 dicembre 2018,
 
considerate le osservazioni presentate:
 
–        per la Compagnie d’entreprises CFE SA, da J. van Ypersele de Strihou, avocat;
 
–        per la Région de Bruxelles‑Capitale, da J. Sambon, avocat;
 
–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e L. Dvořáková, in qualità di agenti;
 
–        per l’Irlanda, da M. Browne, G. Hodge, A. Joyce e G. Simons, in qualità di agenti, assistiti da C. Toland, SC, e M. Gray, BL;
 
–        per la Commissione europea, da C. Hermes, F. Thiran e M. Noll‑Ehlers, in qualità di agenti,
 
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 gennaio 2019,
 
ha pronunciato la seguente
 
Sentenza
 
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 2, 4 e 5, della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU 2001, L 197, pag. 30; in prosieguo: la «direttiva VAS»).
 
2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Compagnie d’entreprises CFE SA (in prosieguo: la «CFE») e la Région de Bruxelles‑Capitale (Regione di Bruxelles‑capitale, Belgio) in merito alla validità dell’arrêté du Gouvernement de la Région de Bruxelles‑Capitale portant désignation du site Nature 2000 – BE1000001 «La Forêt de Soignes avec lisières et domaines boisés avoisinants et la Vallée de la Woluwe – complexe Forêt de Soignes – Vallée de la Woluwe» (decreto del governo della Regione di Bruxelles‑Capitale [Belgio] recante designazione del sito Natura 2000 – BE1000001 «La foresta di Soignes con margini e aree boschive limitrofe e la valle della Woluwe – complesso Foresta di Soignes – Valle della Woluwe»), del 14 aprile 2016 (Moniteur belge del 13 maggio 2016, pag. 31558; in prosieguo: il «decreto del 14 aprile 2016»).
 
 Contesto normativo
 
 Diritto dell’Unione
 
 Direttiva «VAS»
 
3        Ai sensi del considerando 4 della direttiva VAS:
 
«La valutazione ambientale costituisce un importante strumento per l’integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell’elaborazione e nell’adozione di taluni piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente negli Stati membri, in quanto garantisce che gli effetti dell’attuazione dei piani e dei programmi in questione siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro adozione».
 
4        L’articolo 1 della medesima direttiva, rubricato «Obiettivi», prevede quanto segue:
 
«La presente direttiva ha l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente».
 
5        Il successivo articolo 2 della direttiva così dispone:
 
«Ai fini della presente direttiva:
 
a)      per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dall’[Unione] europea, nonché le loro modifiche
 
–        che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e
 
–        che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;
 
b)      per “valutazione ambientale” s’intende l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9;
 
(…)».
 
6        Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva VAS, rubricato «Ambito d’applicazione»:
 
«1.      I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.
 
2.      Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi
 
a)      che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE [del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 2011/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 (GU 2012, L 26, pag. 1)], o
 
b)      per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE [del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7)].
 
(…)
 
4.      Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull’ambiente.
 
5.      Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all’allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
 
(…)».
 
 Direttiva «habitat»
 
7        Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 92/43 (in prosieguo: la «direttiva habitat»):
 
«1.      In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti. Per le specie animali che occupano ampi territori, tali siti corrispondono ai luoghi, all’interno dell’area di ripartizione naturale di tali specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita o riproduzione. Per le specie acquatiche che occupano ampi territori, tali siti vengono proposti solo se è possibile individuare chiaramente una zona che presenta gli elementi fisici e biologici essenziali alla loro vita o riproduzione. Gli Stati membri suggeriscono, se del caso, un adattamento di tale elenco alla luce dell’esito della sorveglianza di cui all’articolo 11.
 
L’elenco viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica della presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito. Tali informazioni comprendono una mappa del sito, la sua denominazione, la sua ubicazione, la sua estensione, nonché i dati risultanti dall’applicazione dei criteri specificati nell’allegato III (fase 1) e sono fornite sulla base di un formulario elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.
 
2.       In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle nove regioni biogeografiche di cui all’articolo 1, lettera c), punto iii) e dell’insieme del territorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria, sulla base degli elenchi degli Stati membri, in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie.
 
Gli Stati membri i cui siti con tipi di habitat naturali e specie prioritari rappresentano oltre il 5 % del territorio nazionale, possono, d’accordo con la Commissione, chiedere che i criteri elencati nell’allegato III (fase 2) siano applicati in maniera più flessibile per la selezione dell’insieme dei siti di importanza comunitaria nel loro territorio.
 
L’elenco dei siti selezionati come siti di importanza comunitaria in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.
 
3.      L’elenco menzionato al paragrafo 2 è elaborato entro un termine di sei anni dopo la notifica della presente direttiva.
 
4.       Quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale di conservazione il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti.
 
5.      Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4».
 
8        L’articolo 6, paragrafo 3, della medesima direttiva così dispone:
 
«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».
 
 Direttiva «nitrati»
 
9        L’articolo 1 della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU 1991, L 375, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva nitrati»), prevede quanto segue:
 
«La presente direttiva mira a:
 
–        ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola;
 
–        prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo».
 
10      Ai sensi dell’articolo 5 di detta direttiva:
 
«1.      Entro un periodo di due anni a decorrere dalla prima designazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, o di un anno dopo ogni nuova designazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, gli Stati membri, per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1, fissano programmi d’azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate.
 
2.      Un programma d’azione può riguardare tutte le zone vulnerabili nel territorio di uno Stato membro oppure, se lo Stato membro lo giudica opportuno, si possono fissare programmi diversi per diverse zone vulnerabili o parti di zone.
 
3.      I programmi d’azione tengono conto:
 
a)      dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine;
 
b)      delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi.
 
4.      I programmi d’azione sono attuati entro quattro anni dalla loro fissazione e comprendono le misure vincolanti seguenti:
 
a)      le misure di cui all’allegato III;
 
b)      le misure che gli Stati membri hanno prescritto nel codice o nei codici di buona pratica agricola fissati ai sensi dell’articolo 4, a meno che non siano state sostituite da quelle di cui all’allegato III.
 
5.      Nel quadro dei programmi d’azione gli Stati membri prendono inoltre le misure aggiuntive o azioni rafforzate che essi ritengono necessarie se, dall’inizio o alla luce dell’esperienza tratta dall’attuazione dei programmi d’azione, risulta evidente che le misure di cui al paragrafo 4 non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1. Ai fini della scelta di dette misure o azioni, gli Stati membri tengono conto della loro efficacia e dei loro costi in relazione ad altre misure possibili di prevenzione».
 
 Diritto belga
 
11      L’ordonnance du 1er mars 2012, relative à la conservation de la nature [legge regionale del 1º marzo 2012, relativa alla conservazione della natura (Moniteur belge del 16 marzo 2012, pag. 16017)], costituisce la base giuridica del decreto del 14 aprile 2016.
 
12      Gli articoli da 40 a 56 di tale legge sono raggruppati nell’ambito di un capitolo 4, rubricato «Dei siti Natura 2000». L’articolo 44 della legge dispone, in particolare, quanto segue:
 
«Ogni sito di importanza comunitaria è designato come sito Natura 2000 con decreto del governo entro sei anni dall’istituzione o dalla modifica da parte della Commissione dell’elenco dei siti di importanza comunitaria che riguardano la Regione, tenendo conto delle priorità risultanti dall’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturale di interesse comunitario o di specie di interesse comunitario e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti».
 
13      L’articolo 47 della legge regionale del 1º marzo 2012, dedicato alle «misure di prevenzione», enuncia quanto segue:
 
«§ 1. – Fatta salva l’applicazione dell’articolo 64, in un sito Natura 2000 è vietato deteriorare gli habitat naturali e delle specie e perturbare le popolazioni delle specie oggetto degli obiettivi di conservazione del sito Natura 2000.
 
§ 2. – Il Governo stabilisce i divieti generali e ogni altra misura di prevenzione in favore dei siti Natura 2000, o di taluni di essi, applicabili ai progetti che non sono soggetti né a permesso di lottizzare, permesso urbanistico o permesso ambientale né ad alcuno degli atti di cui all’articolo 62, § 1, salvo esenzione concordata nel piano di gestione adottato in applicazione dell’articolo 50 o deroga concessa in applicazione degli articoli 64 o 85, all’interno o all’esterno del perimetro dei siti Natura 2000 interessati, compresa l’adozione di norme di qualità ecologica per evitare il degrado degli habitat naturali e perturbazioni significative ai danni delle specie per le quali i siti Natura 2000 sono stati designati».
 
14      Il decreto del 14 aprile 2016 enuncia, al suo articolo 2, che per «legge regionale» s’intende la legge regionale del 1º marzo 2012, relativa alla conservazione della natura.
 
15      Gli articoli 3 e 4 di tale decreto designano una parte del territorio della Regione di Bruxelles‑Capitale come «sito Natura 2000»:
 
«Art. 3. È designata come sito Natura 2000 – BE100000001 la “ZSC 1: ‘La Forêt de Soignes avec lisières et domaines boisés avoisinants et la Vallée de la Woluwe – complexe Forêt de Soignes ‑ Vallée de la Woluwe’ [‘La foresta di Soignes con margini e aree boschive limitrofe e la valle della Woluwe – complesso Foresta di Soignes ‑ Valle della Woluwe’]”.
 
Tale sito è suddiviso in 28 stazioni Natura 2000, identificate come segue:
 
(…)
 
5º IA.5 Plateau de la Foresterie;
 
(…)
 
Art. 4. Il sito così designato copre una superficie totale di ha 2 066. Il suo perimetro è geograficamente delimitato sulle mappe riportate nell’allegato 1.1.
 
Esso comprende l’insieme delle particelle catastali e le parti delle particelle catastali indicate nell’allegato 2 del presente decreto e situate sul territorio dei comuni di Uccle, Watermael-Boitsfort, Ville de Bruxelles, Auderghem, Woluwe-Saint-Pierre e Woluwe-Saint-Lambert.
 
Le diverse stazioni di cui all’articolo 3 costituiscono le unità di gestione del sito e sono geograficamente delimitate sulle mappe riportate nell’allegato 1.1».
 
16      L’articolo 15 del decreto del 14 aprile 2016 così dispone:
 
«§ 1. In applicazione dell’articolo 47, § 2, della [legge regionale], il presente articolo stabilisce divieti generali in favore del sito Natura 2000 designato dal presente decreto.
 
§ 2. Fatte salve disposizioni particolari che consentono esenzioni o deroghe, è vietato per i progetti che non sono soggetti né a permesso né ad autorizzazione ai sensi dell’articolo 47, § 2, della [legge regionale]:
 
1)      asportare, sradicare, danneggiare o distruggere specie vegetali locali, compresi briofiti, funghi e licheni, e distruggere, deteriorare o alterare la vegetazione;
 
2)      nei boschi e nelle foreste soggetti al regime vincolistico forestale, abbattere, rimuovere e smaltire alberi morti o cavi in piedi o a terra, salvo nel caso di un rischio reale e urgente per la sicurezza;
 
3)      rimuovere ceppaie di specie locali non infestanti negli habitat forestali di interesse comunitario oggetto degli obiettivi di conservazione;
 
4)      negli habitat naturali di interesse comunitario, piantare alberi o arbusti di specie non locali, salvo nell’ambito di operazioni di ripristino dei beni classificati o iscritti nell’elenco di salvaguardia. Il presente divieto non si applica alle vecchie varietà di alberi da frutto, che possono essere esotici;
 
5)      distruggere i margini naturali e gli allineamenti degli alberi ed estirpare le aiuole;
 
6)      convertire in modo permanente praterie introducendo specie altamente produttive, salvo intervento specifico nell’ambito del ripristino del manto erboso;
 
7)      spargere sementi o alimenti che attirano gli animali randagi o infestanti;
 
8)      avvelenare gli stagni con specie esotiche infestanti o con le specie di pesci scavatori carpa comune (Cyprinus Carpio), pesce castagna (Abramis brama), rutilo (Rutilus rutius) e carassio comune (Carassius carassius) e con più di 50 kg per ettaro di superficie di pesci non scavatori, fatta eccezione per gli stagni destinati esclusivamente alla pesca;
 
9)      modificare il rilievo del suolo negli habitat naturali di interesse comunitario e di interesse regionale;
 
10)      tranne che con veicoli di servizio o di manutenzione, circolare o stazionare con mezzi motorizzati negli habitat naturali di interesse comunitario e di interesse regionale, fatti salvi i parcheggi attrezzati per accogliere il pubblico;
 
11)      arare il suolo e spargere concimi chimici o pesticidi negli habitat naturali di interesse comunitario e di interesse regionale;
 
12)      modificare intenzionalmente il regime idrico delle acque superficiali o sotterranee o modificare in modo permanente la struttura dei fossi e dei corsi d’acqua;
 
13)      rilasciare prodotti chimici e riversare il contenuto di fosse settiche;
 
14)      abbandonare o depositare rifiuti fuori dai luoghi previsti a tal fine;
 
15)      diffondere musica amplificata generando un superamento della soglia di rumore di 65db;
 
16)      arrampicarsi sugli alberi nei boschi e nelle foreste soggetti al regime vincolistico forestale e negli spazi verdi pubblici.
 
§ 3.      Il presente articolo non si applica ai lavori direttamente connessi o necessari alla gestione del sito e alla conservazione del patrimonio».
 
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
 
17      La CFE, gruppo industriale belga, è proprietaria dal 1983 di un terreno (particella F64 L 4) che occupa la maggior parte del Plateau de la Foresterie di Watermael –Boitsfort (Belgio).
 
18      Nell’ambito della costituzione della rete Natura 2000, il governo della Regione di Bruxelles‑Capitale redigeva, nel corso dell’anno 2003, un elenco dei siti proposti come zona speciale di conservazione (ZSC) (Moniteur belge del 27 marzo 2003, pag. 14886).
 
19      Il 29 agosto 2003 la CFE ricorreva per annullamento avverso tale decisione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio). Con sentenza del 14 marzo 2011, che constatava la perdita di interesse della CFE all’annullamento poiché, nel frattempo, la Commissione si era pronunciata sullo stesso oggetto, il ricorso veniva respinto.
 
20      Infatti, il 7 dicembre 2004 la Commissione aveva adottato, successivamente abrogata, la decisione 2004/813/CE, del 7 dicembre 2004, che stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica (GU 2004, L 387, pag. 1). Attualmente, la decisione in vigore che fa del sito di cui trattasi, vale a dire le Forêt de Soignes, un SIC è la decisione di esecuzione (UE) 2016/2335 della Commissione, del 9 dicembre 2016, che adotta il decimo aggiornamento dell’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica (GU 2016, L 353, pag. 533).
 
21      Con atto introduttivo del 21 febbraio 2005, la CFE proponeva un ricorso di annullamento avverso tale decisione dinanzi al Tribunale dell’Unione europea. Con ordinanza del 19 settembre 2006, CFE/Commissione (T-100/05, non pubblicata, EU:T:2006:260), il Tribunale dichiarava il ricorso irricevibile in quanto la CFE non era direttamente interessata dalla decisione impugnata, tenuto conto del margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri riguardo alle misure previste sui siti designati «SIC». Tale ordinanza acquistava forza di giudicato.
 
22      Il giudice del rinvio indica che, dal 27 marzo 2015, il Regno del Belgio è oggetto di una diffida per essere venuto meno all’obbligo di designare i SIC come «ZSC» e di stabilire priorità per la loro conservazione, nonché per non avere adottato le misure di conservazione necessarie.
 
23      Il 9 luglio 2015, il governo della Regione di Bruxelles‑Capitale approvava in prima lettura il progetto preliminare del decreto di designazione del sito Natura 2000 – BE 1000001 «La Forêt de Soignes avec lisières et domaines boisés avoisinants et la Vallée de la Woluwe – complexe Forêt de Soignes – Vallée de la Woluwe». Un’inchiesta pubblica su detto progetto preliminare di decreto veniva condotta dal 24 settembre al 7 novembre 2015. Essa dava origine a 202 reclami, uno dei quali della CFE.
 
24      Il 14 aprile 2016, con l’atto impugnato, il governo della Regione di Bruxelles‑Capitale adottava il decreto di designazione del sito Natura 2000 BE 1000001 «La Forêt de Soignes avec lisières et domaines boisés avoisinants et la Vallée de la Woluwe – complexe Forêt de Soignes– Vallée de la Woluwe», comprendente la particella controversa F64 L 4.
 
25       Il 12 luglio 2016 la CFE ha adito il Conseil d’État (Consiglio di Stato) con un ricorso di annullamento del decreto del 14 aprile 2016.
 
26      La CFE espone che cospicua parte di detta particella è stata utilizzata, dal 1937 al 1987, come discarica abusiva dal comune di Watermael–Boitsfort (Belgio), e di essere venuta a conoscenza di tale circostanza solo il 9 ottobre 2007. In quella data, infatti, l’Institut bruxellois pour la gestion de l’environnement (IBGE) la avvertiva che, secondo uno studio di caratterizzazione realizzato nel corso del 2006 da un ufficio autorizzato, l’inquinamento constatato su quel terreno presentava rischi per la salute umana, per l’ambiente, per gli ecosistemi e i rifiuti riscontrati impattavano sui terreni, sulle acque superficiali, sulle acque sotterranee e sull’aria. Con il medesimo avviso la ricorrente veniva invitata a presentare un progetto di bonifica del sito.
 
27      A sostegno del suo ricorso, quest’ultima deduce, in particolare, la violazione dell’articolo 3 della direttiva VAS, in quanto il governo della Regione di Bruxelles–Capitale avrebbe dovuto eseguire una valutazione ambientale, potendo il decreto del 14 aprile 2016 avere effetti significativi sull’ambiente, o quantomeno determinare se tale atto fosse idoneo a produrre effetti di tal genere, cosa che non è avvenuta.
 
28      In risposta, il governo della Regione di Bruxelles–Capitale considera, in sostanza, che detto atto costituisce una misura direttamente connessa o necessaria alla «gestione del sito», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», dispensato da una valutazione ambientale in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS.
 
29      Il medesimo governo precisa, inoltre, che i divieti previsti all’articolo 15 del decreto del 14 aprile 2016 non sono incompatibili con un eventuale trattamento dell’inquinamento che affligge la particella. Infatti, le operazioni di bonifica dei suoli inquinati sarebbero soggette a permesso ambientale, sicché i divieti specifici sanciti dall’atto impugnato non le riguarderebbero, come conferma lo stesso articolo 15. D’altro lato, sarebbe comunque possibile derogare a tali divieti. Pertanto detto atto non potrebbe avere effetti significativi sull’ambiente.
 
30      In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
 
«1)      Se il decreto mediante il quale un organo di uno Stato membro designa una [ZSC] ai sensi della direttiva “habitat”, decreto che contiene obiettivi di conservazione e misure preventive generali di rango regolamentare, costituisca un piano o programma ai sensi della direttiva VAS.
 
2)      Più specificamente, se un tale decreto sia contemplato dall’articolo 3, paragrafo 4, [della direttiva VAS] come piano o programma che definisce il quadro di riferimento per l’autorizzazione di progetti, di modo che gli Stati membri debbano determinare se possa avere effetti significativi sull’ambiente conformemente a quanto previsto al paragrafo 5 [dello stesso articolo 3].
 
3)      Se l’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS debba essere interpretato nel senso che tale decreto di designazione è escluso dall’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 4».
 
 Sulle questioni pregiudiziali
 
31      Occorre anzitutto sottolineare che le questioni sollevate dal giudice del rinvio riguardano allo stesso tempo i paragrafi 2, 4 e 5 dell’articolo 3 della direttiva VAS.
 
32      Ai termini dell’articolo 3, paragrafo 5, prima frase, della direttiva VAS, gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni.
 
33      Poiché l’articolo 3, paragrafo 5, di tale direttiva rinvia al paragrafo 4 di detto articolo 3, occorre rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio alla luce dell’articolo 3, paragrafi 2 e 4, della direttiva in parola.
 
34      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafi 2 e 4, della direttiva VAS debba essere interpretato nel senso che un decreto, come quello di cui al procedimento principale, mediante il quale uno Stato membro designi una ZSC e fissi obiettivi di conservazione nonché talune misure di prevenzione rientra nel novero dei «piani e programmi» per i quali una valutazione degli effetti sull’ambiente è obbligatoria.
 
35      In via preliminare, occorre ricordare, da un lato, che, come emerge dal considerando 4 della direttiva VAS, la valutazione ambientale costituisce un importante strumento per l’integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell’elaborazione e nell’adozione di taluni piani e programmi. Al riguardo, ai termini del suo articolo 1, detta direttiva ha l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai suoi sensi, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente.
 
36      Dall’altro lato, data la finalità della direttiva VAS di garantire un tale livello elevato di protezione dell’ambiente, le disposizioni che ne precisano l’ambito di applicazione, e in special modo quelle che enunciano le definizioni degli atti ivi previsti, devono essere interpretate in senso ampio (sentenze del 7 giugno 2018, Inter-Environnement Bruxelles e a., C-671/16, EU:C:2018:403, punti da 32 a 34 e giurisprudenza ivi citata, nonché Thybaut e a., C-160/17, EU:C:2018:401, punti da 38 a 40 e giurisprudenza ivi citata).
 
37      È d’uopo, infine, rilevare che il processo di designazione delle ZSC ha luogo in tre fasi elencate all’articolo 4 della direttiva «habitat». In primo luogo, a norma del paragrafo 1 di detto articolo 4, ogni Stato membro propone un elenco di siti indicando quali tipi di habitat naturali e quali specie locali vi si riscontrano e trasmette tale elenco alla Commissione. In secondo luogo, conformemente al paragrafo 2 del medesimo articolo 4, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei SIC, sulla base degli elenchi degli Stati membri e, sulla base di tale progetto di elenco, adotta l’elenco dei siti selezionati. In terzo luogo, in attuazione dell’articolo 4, paragrafo 4, quando un SIC è stato scelto, lo Stato membro interessato designa tale sito come ZSC il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali o specie e per la coerenza di Natura 2000.
 
38      È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre rispondere alle questioni sollevate.
 
39      Innanzitutto si devono respingere gli argomenti secondo cui le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS e dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat» escluderebbero in ogni caso un obbligo di valutazione degli effetti sull’ambiente in una situazione come quella di cui al procedimento principale.
 
40      A tal riguardo, da un lato, nelle loro osservazioni scritte, la Regione di Bruxelles‑Capitale e l’Irlanda considerano che, definendo obiettivi di conservazione, il decreto del 14 aprile 2016 avrebbe solo effetti benefici e, di conseguenza, non richiederebbe una valutazione ambientale dei suoi effetti.
 
41      Occorre tuttavia ricordare che, riferendosi alla direttiva 85/337, la Corte ha già statuito che la circostanza secondo cui un progetto dovrebbe comportare effetti benefici sull’ambiente non è rilevante nell’ambito dell’apprezzamento della necessità di sottoporre tale progetto a una valutazione dell’impatto ambientale (sentenza del 25 luglio 2008, Ecologistas en Acción – CODA, C-142/07, EU:C:2008:445, punto 41).
 
42      Dall’altro lato, secondo il governo della Regione di Bruxelles‑Capitale, il governo ceco e la Commissione, la valutazione strategica degli effetti sull’ambiente condotta in applicazione della direttiva VAS sarebbe circoscritta, per quanto riguarda i siti Natura 2000, alla valutazione dei piani e dei progetti che sono altresì sottoposti a una valutazione dell’incidenza sul sito ai sensi della direttiva «habitat», come discende dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS e dall’eccezione che si applica alle misure di gestione del sito prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». Secondo tale analisi, per le misure di gestione di detti siti non sarebbe mai necessaria una valutazione ambientale.
 
43      Nel caso di specie, il governo della Regione di Bruxelles‑Capitale ha deciso che il decreto del 14 aprile 2016 non sia soggetto né alla valutazione dell’incidenza sul sito prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», né a una valutazione ambientale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS.
 
44      Per quanto riguarda il rinvio agli articoli 6 e 7 della direttiva «habitat» contenuto nell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS, occorre ricordare che, a termini dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva «habitat», le misure di salvaguardia previste all’articolo 6, paragrafi da 2 a 4, di tale direttiva si impongono non appena un sito, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, terzo comma, della stessa, sia iscritto nell’elenco dei siti selezionati come SIC adottato dalla Commissione (sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C-399/14, EU:C:2016:10, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
 
45      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che la particella appartenente alla ricorrente nel procedimento principale era appunto uno di tali siti.
 
46      Ne consegue che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» è applicabile in una situazione come quella di cui al procedimento principale.
 
47      A termini di tale disposizione, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.
 
48      Al riguardo la Corte ha già dichiarato che l’esistenza di un piano o di un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito protetto dipende essenzialmente dalla natura dell’intervento in questione [v., in tal senso, sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieska) (C-441/17, EU:C:2018:255, punto 125)].
 
49      Orbene, l’atto con il quale uno Stato membro designa un sito come zona speciale di conservazione ai sensi della direttiva «habitat» è per sua stessa natura direttamente connesso o necessario alla gestione del sito. Infatti, l’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat» esige una tale designazione ai fini della sua attuazione.
 
50      Pertanto, un atto come il decreto del 14 aprile 2016 può essere dispensato da una «opportuna valutazione», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», e, di conseguenza, da una «valutazione ambientale», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS. Del resto, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» prevede che l’opportuna valutazione tenga conto, ai sensi di tale disposizione, «degli obiettivi di conservazione» del sito. Orbene, l’atto che definisce gli obiettivi non può, logicamente, essere valutato alla luce dei medesimi obiettivi.
 
51      Ciò premesso, la circostanza che un atto, come quello di cui al procedimento principale, non debba essere obbligatoriamente preceduto da una valutazione ambientale in ragione del combinato disposto dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» e dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS non significa che esso sia sottratto a qualsiasi obbligo in materia, dal momento che non è escluso che esso possa stabilire norme che portino ad assimilarlo a un piano o a un programma, ai sensi di quest’ultima direttiva, per il quale una valutazione degli effetti sull’ambiente può essere obbligatoria.
 
52      A tal proposito, come osservato dall’avvocato generale ai paragrafi 64 e 65 delle sue conclusioni, il fatto che, nell’ambito della direttiva «habitat», il legislatore dell’Unione non abbia ritenuto necessario stabilire norme concernenti la valutazione ambientale e la partecipazione del pubblico riguardo alla gestione dei siti Natura 2000 non significa che esso abbia voluto escludere tale gestione dall’ambito di applicazione delle norme generali in materia di valutazione ambientale adottate in seguito. Infatti, le valutazioni effettuate a titolo di altri strumenti di protezione dell’ambiente coesistono e completano utilmente le norme della direttiva «habitat» ai fini della valutazione di eventuali effetti sull’ambiente e della partecipazione del pubblico.
 
53      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’assimilazione del decreto di cui al procedimento principale a un piano o a un programma ai sensi della direttiva VAS, occorre ricordare che dall’articolo 2, lettera a), della direttiva VAS risulta che costituiscono piani o programmi quelli che soddisfano due condizioni cumulative, vale a dire, da un lato, essere stati elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo, e, dall’altro, essere previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.
 
54      La Corte ha interpretato tale disposizione nel senso che devono essere considerati come «previsti» ai sensi e ai fini dell’applicazione della direttiva VAS, e pertanto soggetti a valutazione ambientale degli effetti alle condizioni fissate da detta direttiva, i piani e i programmi la cui adozione sia disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari nazionali, le quali determinino le autorità competenti per adottarli nonché la loro procedura di elaborazione (sentenze del 22 marzo 2012, Inter-Environnement Bruxelles e a., C-567/10, EU:C:2012:159, punto 31, nonché del 7 giugno 2018, Thybaut e a., C 160/17, EU:C:2018:401, punto 43).
 
55      Nel caso di specie, il decreto del 14 aprile 2016 è stato elaborato e adottato da un’autorità regionale, ossia il governo della Regione di Bruxelles‑Capitale, ed è previsto dall’articolo 44 della legge regionale del 1º marzo 2012.
 
56      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se un piano o un programma debba essere preceduto da una valutazione ambientale, occorre ricordare che i piani e i programmi che soddisfano i requisiti di cui all’articolo 2, lettera a), della direttiva VAS possono formare oggetto di una valutazione ambientale solo se fanno parte di quelli indicati all’articolo 3 della direttiva VAS. Ebbene, a termini dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva VAS, sono soggetti a una valutazione ambientale i piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente.
 
57      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VAS, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 2011/92.
 
58      Ora, la Regione di Bruxelles‑Capitale, il governo ceco nonché la Commissione hanno espresso dubbi se un decreto, come quello di cui al procedimento principale, mediante il quale, conformemente all’articolo 4 della direttiva «habitat», uno Stato membro designi una ZSC e fissi obiettivi di conservazione e talune misure di prevenzione possa rientrare in uno di tali settori.
 
59      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, nella misura in cui, conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva VAS, gli Stati membri determinano se possono avere effetti significativi sull’ambiente piani e programmi diversi da quelli di cui al paragrafo 2 di tale articolo 3, che definiscano il quadro di riferimento per l’autorizzazione di altri progetti, occorre stabilire se un atto come quello di cui al procedimento principale definisca un tale quadro.
 
60      Infatti, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, l’obbligo di procedere ad una valutazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva VAS, così come l’obbligo di valutazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva, sorge quando il piano o programma in questione definisce il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti.
 
61      Al riguardo la Corte ha affermato che la nozione di «piani e programmi» si riferisce a qualsiasi atto che fissi, definendo norme e procedure, un insieme significativo di criteri e di modalità per l’autorizzazione e l’attuazione di uno o più progetti idonei ad avere un impatto notevole sull’ambiente [sentenze del 27 ottobre 2016, D’Oultremont e a., C-290/15, EU:C:2016:816, punto 49 e giurisprudenza ivi citata, e dell’8 maggio 2019, «Verdi Ambiente e Società (VAS) – Aps Onlus» e a., C-305/18, EU:C:2019:384, punto 50 e giurisprudenza ivi citata].
 
62      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il decreto del 14 aprile 2016 designa una zona Natura 2000 e prevede, al fine di conseguire gli obiettivi di conservazione e di protezione che esso stesso definisce, misure di prevenzione nonché divieti generali e particolari. Per far ciò esso traduce scelte e s’inserisce in una gerarchia di misure destinate alla tutela dell’ambiente, segnatamente piani di gestione di futura adozione.
 
63      A tal proposito il giudice del rinvio rileva che la designazione di un sito ha effetti giuridici sull’adozione di piani e sull’esame di una domanda di permesso che riguardi tale sito, tanto in materia di procedura quanto di criterio di decisione. Pertanto, secondo tale giudice, siffatta designazione concorre a definire il quadro delle azioni che saranno in linea di principio ammesse, incoraggiate o vietate, e non è quindi estranea alla nozione di «piano o programma».
 
64      Risulta dalle sentenze del 7 giugno 2018, Inter-Environnement Bruxelles e a. (C-671/16, EU:C:2018:403, punto 55), nonché Thybaut e a. (C-160/17, EU:C:2018:401, punto 55) che occorre attribuire un valore qualitativo alla nozione di «insieme significativo di criteri e di modalità».
 
65      È vero che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 91 delle sue conclusioni, il decreto del 14 aprile 2016 contiene, segnatamente al suo articolo 15, un certo numero di divieti. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se tali divieti valgano esclusivamente per progetti che non richiedono un’autorizzazione.
 
66      Qualora detto giudice giungesse alla conclusione che è proprio questa la situazione di specie, le caratteristiche e le proprietà normative di un decreto come quello del 14 aprile 2016 non definirebbero un quadro di riferimento per l’autorizzazione di altri progetti.
 
67      Pertanto, nei limiti in cui un tale atto non adempirebbe le condizioni ricordate ai punti da 61 a 64 della presente sentenza, esso non costituirebbe un piano o un programma che deve formare oggetto di una valutazione ambientale degli effetti, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, e dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva VAS.
 
68      Una considerazione del genere non contravviene agli insegnamenti risultanti dalla sentenza del 17 giugno 2010, Terre wallonne e Inter‑Environnement Wallonie (C-105/09 e C-110/09, EU:C:2010:355), in cui la Corte ha dichiarato che un programma d’azione adottato ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva «nitrati» è, in linea di principio, un piano o un programma che richiede, in forza dell’articolo 3 della direttiva VAS, una valutazione degli effetti sull’ambiente.
 
69      Infatti, nelle circostanze alla base della pronuncia di detta sentenza, emergeva da un’analisi complessiva che siffatti programmi d’azione si contraddistinguono per un approccio globale e coerente, con carattere di pianificazione concreta ed articolata. Inoltre, in merito al loro contenuto, risulta, in particolare dall’articolo 5 della direttiva «nitrati», che essi contengono misure concrete e obbligatorie (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Terre wallonne e Inter‑Environnement Wallonie, C-105/09 e C-110/09, EU:C:2010:355, punti 47 e 48).
 
70      Si deve peraltro sottolineare che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 76 e 77 delle sue conclusioni, un atto, come il decreto del 14 aprile 2016, si inserisce generalmente in una gerarchia di misure che lo precede, cosicché non è escluso che esso costituisca una modifica di un piano o di un programma e che, anche a tal titolo, debba essere necessariamente preceduto da una valutazione ambientale.
 
71      A tal riguardo la Corte ha ripetutamente dichiarato che la nozione di «piani e programmi» include non solo la loro elaborazione, ma anche la loro modifica, mirando a garantire che prescrizioni che possono produrre effetti significativi sull’ambiente siano soggette ad una valutazione ambientale [sentenza dell’8 maggio 2019, «Verdi Ambiente e Società (VAS) – Aps Onlus» e a., C-305/18, EU:C:2019:384, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].
 
72      Tuttavia, occorre evitare che uno stesso piano sia assoggettato a più valutazioni ambientali che coprano tutti i requisiti di detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2015, Dimos Kropias Attikis, C-473/14, EU:C:2015:582, punto 55).
 
73      A tal fine, e a condizione che sia stato prima valutato il loro impatto, è escluso dalla nozione di «piani e programmi» un atto che si inserisce in una gerarchia di atti che sono stati essi stessi oggetto di una valutazione ambientale degli effetti e dei quali si può ragionevolmente ritenere che prendono in sufficiente considerazione gli interessi che la direttiva mira a proteggere (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, Inter‑Environnement Bruxelles e a., C-567/10, EU:C:2012:159, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
 
74      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 3, paragrafi 2 e 4, della direttiva VAS deve essere interpretato nel senso che, con riserva delle verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, un decreto, come quello di cui al procedimento principale, mediante il quale uno Stato membro designi una ZSC e fissi obiettivi di conservazione nonché talune misure di prevenzione non rientra nel novero dei «piani e programmi» per i quali una valutazione degli effetti sull’ambiente è obbligatoria.
 
 Sulle spese
 
75      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
 
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
 
L’articolo 3, paragrafi 2 e 4, della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, deve essere interpretato nel senso che, con riserva delle verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, un decreto, come quello di cui al procedimento principale, mediante il quale uno Stato membro designi una zona speciale di conservazione (ZSC) e fissi obiettivi di conservazione nonché talune misure di prevenzione non rientra nel novero dei «piani e programmi» per i quali una valutazione degli effetti sull’ambiente è obbligatoria.
 
Firme

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