Sentenze
- Sentenze Ente: TAR
La giurisprudenza amministrativa ha, ... che la VAS non deve accompagnare l’adozione del piano, ma precederne immediatamente l’approvazione, ovvero cadere nel momento in cui si ha certezza della esatta portata delle scelte pianificatorie e dell’imminenza della loro efficacia (Cons. Stato, sez. IV, n. 3645 del 201 4; id. n. 4471 del 2017 cit.).
... dovere del giudice a quo nazionale di non applicare la normativa interna incompatibile (paragrafo 61), con vantaggio della parte ricorrente che aveva interesse ad opporsi alla realizzazione di un “ piano di destinazione del suolo”.
... dovere di questo Tribunale di non applicare la normativa della Regione Lazio incompatibile con l’art. 13, comma 3, della direttiva n.2001/42/CE
Sentenza T.A.R. Lazio - Roma, sez. II quater 16 novembre 2021 n.11802
FATTO
Con ricorso (...)
ha impugnato (...) la delibera del Consiglio regionale del Lazio n. 3 del 20 ottobre 2020, con la quale è stato approvato il piano della riserva.
(...)
Il piano è stato adottato dall’ente gestore Roma Natura fin dal 25 novembre del 2002, ed è stato pubblicato il 23 maggio 2003.
Nel 2008 il piano è stato trasmesso alla Regione Lazio, dopo l’acquisizione e la valutazione delle osservazioni previste dall’art. 26 della legge regionale n. 29 del 1997.
Solo il 12 novembre 2019 la Giunta ha inviato al Consiglio regionale il piano ai fini dell’approvazione, che è infine intervenuta con l’atto impugnato e pubblicato il 20 ottobre del 2020.
Motivi di ricorso:
(...)
2) violazione del d.lgs. n. 152 del 2006 e della legge regionale n. 29 del 1997, nonché eccesso di potere, poiché a) sono state introdotte modifiche al piano adottato a molti anni di distanza, quando le osservazioni presentare al piano dovevano ritenersi vetuste; b) il piano non è stato sottoposto a valutazione ambientale strategica (VAS), come previsto dalla normativa nazionale e dalla circolare del 19 febbraio 2010 della Regione Lazio; c) non è stato previsto alcun indennizzo;
(...)
DIRITTO
1.Il secondo motivo di ricorso, relativo alla omessa sottoposizione a VAS del piano della Riserva, va esaminato per primo in ordine logico ed è fondato.
2. Va premesso che, in linea astratta, non vi sono dubbi in ordine alla riconducibilità del piano della riserva all’art. 6, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 152 del 2006, come sostituito dall’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 4 del 2008, per la parte in cui indica i piani e programmi che sono soggetti a VAS, includendovi la “pianificazione territoriale”.
Ai sensi dell’art. 26, comma 6, della legge regionale n. 29 del 19 97 il piano dell’area naturale protetta ha valore di piano urbanistico territoriale, sicché esso ricade ad ogni titolo nella previsione di legge appena rammentata.
Di ciò si trae ulteriore conferma dal testo attualmente vigente dell’art. 12, comma 4, della legge n. 394 del 1991, costituente la legge quadro sulle aree naturali protette, che, con valore ricognitivo di un vincolo già vigente nella trama legislativa, afferma ora espressamente la assoggettabilità a VAS del piano.
Del resto, nel caso di specie è stata anche attivata, per una porzione dell’area, la valutazione di incidenza prevista dall’art.5 del d.P.R. n. 357 del 1997, la quale a sua volta implica, per il piano alla quale si riferisce, la VAS, ai sensi della lett . b) del già citato art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Va da sé, infine, che la finalità di tutela ambientale propria del piano dell’area naturale protetta di per sé non esclude l’obbligo di VAS (Corte di giustizia, C. 142/07 e C. 321718).
3. Nel caso di specie, il piano è stato adottato dall’ente gestore fin dal 2002, ovvero in una data posteriore alla pubblicazione della direttiva 27 giugno 2001 n. 42/2001/CE, ma anteriore al termine di attuazione di essa, fissato dall’art.13 al 21 luglio 2004.
Il legislatore nazionale ha poi attuato la direttiva soltanto con il d.lgs. n.152 del 2006, recante una disciplina in larga parte sostituita dal d.lgs. n. 4 del 2008.
Da tale normativa statale non emerge alcun impedimento all’assoggettamento del piano impugnato a VAS.
Difatti, il d.lgs. n. 4 del 2008 ha abrogato l’art. 52, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, a mente del quale “i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell'interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza”, sicché non residua alcuno spazio per una interpretazione della legge attuativa della direttiva intesa a escludere in ogni caso la VAS per i procedimenti di pianificazione già avviati (interpretazione che sarebbe comunque, come si vedrà subito, in difformità dal diritto UE).
Allo stato, infatti, la disciplina statale del regime transitorio, contenuta nell’art. 35, comma 2 ter, del d.lgs. n. 4 del 2008, presuppone che la procedura di VAS si concluda sulla base della normativa, ad essa relativa, vigente al momento dell’avvio del procedimento: essa, in altri termini, non preclude la VAS per la pianificazione avviata prima che l’istituto fosse introdotto nel nostro ordinamento, ma si limita a stabilire, sulla base del termine di avvio del procedimento appena citato, se debba trovare applicazione il regime giuridico disegnato dal d.lgs. n.152 del 2006, ovvero quello successivamente modificato dal d.lgs. n. 4 del 2008.
4. Tuttavia, il piano della riserva naturale di Decima Malafede si è sottratto a VAS per effetto della legislazione regionale Difatti, l’art. 1, comma 147, della legge regionale n. 12 del 2011 ha recepito (fino all’entrata in vigore del regolamento previsto dall’art.1, comma 22 bis, della legge regionale n.14 del 2008) quanto disposto dalla delibera della Giunta regionale n. 169 del 2010.
Il paragrafo 1.3 di tale delibera, al punto 1.7, lett. o), stabilisce che non sono assoggettati a VAS i “piani/programmi e le loro varianti che siano stati adottati dall’organo deliberante competente prima della data di entrata in vigore del d.lgs. n.4/2008”.
È appunto il caso del piano oggetto di causa, adottato nel 2002, e approvato solo nel 2020.
Il punto da decidere in causa attiene allora alla legittimità, e prima ancora alla compatibilità unionista, di una tale previsione escludente, che parte ricorrente appunto contesta, ed inoltre alla sussistenza del potere di questo Tribunale, in caso di esi to negativo del giudizio, di non applicarla.
5. In ordine al primo profilo, deve ritenersi che la norma escludente non sia compatibile con l’art. 13, comma 3, della direttiva 42/2001/CE, secondo il quale “l'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1 (NDR: l’obbligo di VAS) si applica ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data di cui al paragrafo 1. I piani e i programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data e che sono stati approvati o sottoposti all'iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo la stessa data sono soggetti all'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione”.
In altri termini: una volta scaduto il termine per attuare la direttiva (20 luglio 2004) vige l’obbligo di VAS (per quanto privo di effetto diretto, stante il carattere non self executing dell’atto dell’Unione). Tuttavia, quanto ai piani e ai programmi adottati in precedenza, il diritto dell’Unione ha concesso agli Stati membri un termine dilatorio per concluderne l’approvazione in difetto di VAS, pari a 24 mesi dal 20 luglio 2004. Una volta compiutosi tale ultimo termine, la data di adozione del piano, seppure antecedente al 21 luglio 2004, cessa di avere rilievo, e la approvazione definitiva deve essere preceduta dalla VAS (in termini, Cons. Stato, sez. IV, n. 4471 del 2017).
E si capisce, perché, in caso contrario, l’efficacia del diritto dell’Unione verrebbe paralizzata per la sola circostanza che l’amministrazione sia rimasta inerte nel conferire impulso in termini ragionevoli all’approvazione del piano, e non già per l’opportunità di preservare i procedimenti già avviati, nel vigore di una normativa che non contemplava ancora l’istituto della valutazione ambientale strategica.
Del resto, la preclusione temporale recepita dalla legislazione laziale muove dall’erroneo presupposto (che emerge con nettezza, ad esempio, dalla lettura della lett. p del punto già citato della delibera n. 169 del 2010), per il quale, ai sensi della direttiva europea e dell’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, la VAS sia incompatibile con un procedimento di pianificazione in stato avanzato, atteso che essa andrebbe necessariamente svolta nella fase preparatoria del piano, e, dunque, ben prima della approvazione.
La giurisprudenza amministrativa ha, invece, già chiarito che vale l’opposto, ovvero che la VAS non deve accompagnare l’adozione del piano, ma precederne immediatamente l’approvazione, ovvero cadere nel momento in cui si ha certezza della esatta portata delle scelte pianificatorie e dell’imminenza della loro efficacia (Cons. Stato, sez. IV, n. 3645 del 201 4; id. n. 4471 del 2017 cit.).
È poi vero che l’art.13, comma 3, della direttiva n. 2001/42/CE permette agli Stati membri di sottrarre a VAS i piani adottati prima del 21 luglio 2004, ancorché approvati oltre il termine successivo di 24 mesi, ma solo previa valutazione “caso per caso”, ovvero a seguito di un apprezza mento della fattispecie concreta che rifugge dalla astrattezza e generalità della previsione escludente, ora recepita dall’art. 1, comma 147, della legge regionale n. 12 del 2011.
È, vale a dire, proprio la circostanza di avere introdotto una norma valevole per ogni ipotesi, anziché di avere provveduto a valutare di volta in volta, a segnare la incompatibilità di tale norma con l’art. 13, comma 3, della direttiva.
6. Ciò detto, resta da decidere se tale ultima disposizione recasse un obbligo unionista sufficientemente chiaro, preciso e incondizionato, tale da imporre la non applicazione della normativa nazionale (rectius: regionale) con esso incompatibile.
Anche la risposta a tale quesito è affermativa. Non vi è dubbio che la struttura lessicale dell’art.13, comma 3, citato non lasci agli Stati membri alcun margine di discrezionalità in ordine alle modalità con le quali governare nel tempo l’obbligo di VAS, in relazione ai piani adottati prima del 21 luglio 2004. Il legislatore dell’Unione, in altri termini, ha introdotto non già un principio sul punto suscettibile di plurimi sviluppi, ma una regola cogente e di stretta interpretazione. In particolare, appare chiaro che tale precetto non necessiti di alcun adattamento collaborativo da parte delle autorità nazionali, ai fini della sua immediata intellegibilità e applicazione.
Naturalmente, come si è anticipato, la direttiva n. 2001/42/CE non è di per sé self executing, poiché essa necessita(va) di una fase di attuazione che introducesse e regolamentasse negli ordinamenti nazionali l’istituto della VAS (Cons. Stato, sez. IV, n. 3333 del 2009; id. n. 2097 del 2010).
Tuttavia, una volta che l’attuazione è sopraggiunta con il d.lgs. n.162 del 2006, non vi sono ostacoli nel ravvisare l’efficacia diretta verticale degli obblighi dettagliati e incondizionati che l’atto dell’Unione ha prescritto alle autorità nazionali, tenendo anche conto che lo scrutinio a tale proposito ben può essere positivo soltanto per alcune previsioni della direttiva, e non per altre (Corte di giustizia, in C. riunite 397/01 e 403/01, Pfeizzer).
È questo appunto il caso dell’art. 13, comma 3, già menzionato, con il quale è stato introdotto un effetto diretto oggettivo, che somministra direttamente all’amministrazione e al giudice nazionale la regola da applicare sul piano temporale, in ordine all’assoggettamento alla VAS dei piani adottati prima del 21 luglio 2004, una volta che l’istituto sia stato attuato dallo Stato membro.
Né, sulla base della più recente lettura della giurisprudenza europea, l’invocabilità di tale effetto da parte della persona che ne abbia interesse può essere denegata, per il fatto che la direttiva concernente la VAS non ha tanto la finalità di attribuire al singolo consociato una posizione giuridica attiva, quanto di vincolare lo Stato membro all’osservanza dell’obbligo incondizionato.
Ciò che rileva, infatti, ai fini del dovere dell’autorità nazionale amministrativa o giudicante di non applicare la normativa interna incompatibile, e dunque di garantire il primato del diritto dell’Unione nelle materie di sua competenza, è che al dovere dell’autorità pubblica di dare corso al precetto europeo (prescrittivo o impeditivo che sia) corrisponda un interesse della parte ad impiegare l’effetto verticale della direttiva, per conseguire un’utilità giuridicamente tutelata, ovvero, nel caso di specie, la rimozione dei vincoli conformativi della proprietà (Corte di giustizia in C. 8/81, Becker, paragrafo 25; id. in C. 430/04, paragrafo 28; id. in C. 203/10, paragrafo 64; id. in C. 83/11).
Se ne trae particolare conferma, con riguardo alla fattispecie oggi a giudizio, dal precedente Kraaijeveld in C. 72/95, ove il giudice europeo ha affermato l’effetto diretto di una direttiva concernente i casi di applicazione della valutazione di impatto ambientale, e ha precisato, per quel che qui più conta, il dovere del giudice a quo nazionale di non applicare la normativa interna incompatibile (paragrafo 61), con vantaggio della parte ricorrente che aveva interesse ad opporsi alla realizzazione di un “ piano di destinazione del suolo”.
Infatti, “per quanto riguarda il diritto, per il singolo, di avvalersi di una direttiva e, per il giudice nazionale, di prenderla in considerazione, la Corte ha già affermato che sarebbe incompatibile con l'effetto vincolante che l'art. 189 riconosce alla direttiva l'escludere, in linea di principio, che l'obbligo da essa imposto possa esser fatto valere dalle persone interessate.
Particolarmente nei casi in cui le autorità comunitarie abbiano, mediante direttiva, imposto a gli Stati membri di adottare un determinato comportamento, l'effetto utile dell'atto sarebbe attenuato se ai cittadini comunitari fosse precluso di valersene in giudizio ed ai giudici nazionali di prenderlo in considerazione in quanto elemento del diritto comunitario allo scopo d'accertare se le autorità nazionali competenti, nell'esercizio della facoltà loro riservata quanto alla forma ed ai mezzi per l'attuazione della direttiva, siano rimaste entro i limiti di discrezionalità tracciati dalla direttiva stessa” (...).
In definitiva, sussiste il dovere di questo Tribunale di non applicare la normativa della Regione Lazio incompatibile con l’art. 13, comma 3, della direttiva n.2001/42/CE, con la conseguenza che, rimosso nel caso di specie il divieto di procedere con VAS, si appalesa la illegittimità del procedimento che ha condotto alla approvazione del piano della riserva naturale, come dedotto con il motivo di ricorso ora esaminato.
(...)
8. La fondatezza del secondo motivo di ricorso comporta l’annullamento della delibera del Consiglio regionale del Lazio n.3 del 2020, mentre si sottrae a tale effetto la nota dell’ente gestore, in quanto atto endoprocedimentale, e la delibera di Giunta n.169 del 2010, in quanto superata dall’art.1, comma 147, della legge regionale n. 12 del 2011.
(...)
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto,
Annulla la delibera del Consiglio regionale del Lazio n. 3 del 2020.
(...)
- Sentenze Ente: TAR
Pubblicato il 20/11/2023
N. 17216/2023 REG.PROV.COLL.
N. 08811/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8811 del 2023, proposto dal Comune di Chieti, (...);
contro
il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica e il Ministero della Cultura, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti (...), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio (...);
il Ministero della Transizione Ecologica e la Regione Abruzzo, non costituiti in giudizio;
nei confronti
del Comune di Manoppello, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del decreto del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, n. 174 del 5 aprile 2023, avente ad oggetto il “giudizio positivo sulla compatibilità ambientale del “Progetto di fattibilità tecnico ed economica. Velocizzazione Linea ferroviaria Roma - Pescara. Lotto 1: raddoppio tratta Interporto d'Abruzzo –Manoppello”;
- di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresi: i) il parere della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC n. 48 del 6 settembre 2022; ii) il parere del Ministero della Cultura- Soprintendenza Speciale per il PNRR n. 3487 del 10 marzo 2023; iii) il parere della Regione Abruzzo, di cui alla delibera di Giunta Regionale n. 312 del 22 giugno 2022; iv) la determinazione conclusiva della Conferenza dei Servizi, assunta da R.F.I. s.p.a. e comunicata il 25 maggio 2023;
Visti il ricorso, le memorie e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio e le memorie del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero della Cultura e della Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2023 il (...) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Con l’atto introduttivo del presente giudizio, il Comune di Chieti ha impugnato:
i) il decreto n. 174 del 5 aprile 2023 del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, avente ad oggetto il “giudizio positivo sulla compatibilità ambientale del “Progetto di fattibilità tecnico ed economica. Velocizzazione Linea ferroviaria Roma - Pescara. Lotto 1: raddoppio tratta Interporto d’Abruzzo –Manoppello”;
ii) di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e consequenziali, tra cui in particolare: a) il parere della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC (di seguito anche “Commissione”) n. 48 del 6 settembre 2022 (di seguito anche “parere n. 48/2022” o “parere PNIEC”); b) il parere del Ministero della Cultura-Soprintendenza Speciale per il PNRR del 10 marzo 2023;
c) il parere della Regione Abruzzo recato dalla delibera della Giunta Regionale n. 312 del 22 giugno 2022;
d) la determinazione conclusiva della conferenza di servizi, assunta dalla Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (di seguito anche “RFI”).
2 - In particolare, il progetto di velocizzazione della linea ferroviaria Roma-Pescara è stato inserito, con d.l. n. 77/2021, conv. in l.n. 108/2021, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) di attuazione del Next Generation EU, che ha indicato l’obiettivo dell’aumento del traffico ferroviario e del trasporto intermodale su rotaia quale modalità di realizzazione della mobilità sostenibile.
L’attuazione di tale progetto è stata articolata in lotti, fra i quali prioritari sono stati considerati il lotto 1 (Interoporto d’Abruzzo-Manoppello) e il lotto 2 (Manoppello-Scafa); il relativo progetto di fattibilità tecnica ed economica (anche “PFTE”) è stato approvato da parte della Commissione speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici (anche “CSLP”).
La RFI, proponente dell’intervento, ha, inoltre, presentato al Ministero competente, ex art. 23 del d.lgs n. 152/2006, istanza di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al lotto 1: il procedimento, nel corso del quale sono stati acquisiti diversi pareri da parte di enti e organi competenti e sono stati richiesti e forniti ragguagli e chiarimenti documentali, si è concluso con il decreto gravato.
3 – Il ricorso è stato affidato a cinque motivi di gravame.
Col primo mezzo è stata contestata l’omissione della VAS e della VINCA, nonché la violazione del principio DNSH e del principio di precauzione.
Con il secondo mezzo è stato lamentato l’artificioso frazionamento dell’opera pubblica in più lotti, con conseguente asserita omessa valutazione dell’impatto ambientale complessivo dell’opera pubblica.
Il terzo mezzo ha censurato l’uso improprio da parte dell’Amministrazione delle condizioni ambientali, in violazione dell’art. 25 d.lgs n. 152/2006.
Con il quarto motivo (indicato erroneamente come n.3 del ricorso) è stata denunciata la mancata valutazione delle alternative progettuali.
Con il quinto motivo (indicato erroneamente come n.4 del ricorso) è stata contestata la mancata valutazione degli impatti del progetto sulla salute umana e, in particolare, l’omissione della valutazione di impatto sanitario prevista dall’art. 23 d.lgs n. 152/2006.
4 – I Ministeri dell'Ambiente e della sicurezza energetica e della Cultura, nonché la RFI si sono costituiti in giudizio in resistenza al ricorso, deducendone, con memoria, l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza.
5 – All’udienza del 5 luglio 2023, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare proposta insieme al ricorso, questo T.A.R., con ordinanza n. 3544/2023, ha ritenuto che le esigenze del Comune ricorrente fossero adeguatamente tutelabili mediante la sollecita definizione del giudizio nel merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm. e ha fissato la discussione della causa per l’8 novembre 2023.
6 – In vista dell’udienza pubblica le parti costituite, con memorie e repliche hanno meglio articolato e puntualizzato le rispettive tesi.
7 – All’udienza dell’8 novembre 2023, uditi gli avvocati come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
8 – Introduttivamente, il Collegio ritiene di poter soprassedere -a prescindere dalla non evanescente consistenza di alcuni profili dedotti - rispetto alle eccezioni d’inammissibilità e irricevibilità del ricorso, atteso che la congiunta disamina della normativa specifica applicabile all’iniziativa in questione e della documentazione versata in giudizio offrono evidenza dell’infondatezza nel merito dell’impugnativa.
E’ consolidato in giurisprudenza il principio in ragione del quale “ove sussistono cause che impongono di disattendere il ricorso, il giudice è esentato, in applicazione del “principio della ragione più liquida”, dall'esaminare le questioni processuali” (cfr. ex multis, Cons. St., V, n. 4279/2022).
Ulteriormente, il Collegio osserva che la particolare delicatezza della tematica ambientale coinvolta nella vicenda giustifichi uno scrutinio nel merito della questione, volto a dissipare i dubbi prospettati dal Comune ricorrente.
9 – Con il primo mezzo, articolato in più ordini di censura, il Comune ricorrente ha lamentato la violazione da parte dell’Amministrazione di varie norme sulla valutazione degli effetti negativi dell’opera pubblica sull’ambiente (omissione della VAS e della VINCA) e dei princìpi fondamentali in materia (principio del DNSH e principio di precauzione).
9.1 – Un primo ordine di censure è stato preordinato a lamentare l’omissione della VAS sull’intero progetto di raddoppio della linea Roma-Pescara, che avrebbe consentito di apprezzare l’effetto cumulato delle singole tratte in cui è stata scomposta l’opera pubblica (cioè dei singoli lotti). Al contrario, in modo illegittimo sarebbe stata prevista l’effettuazione della VIA in relazione ai singoli lotti e segnatamente al lotto 1, oggetto di gravame.
La censura non coglie nel segno.
9.1.1 - Sul punto, va adeguatamente considerato che, come evidenziato nel parere PNIEC n. 48/2022, la realizzazione del raddoppio della linea Roma-Pescara è stato inserito nell’Allegato IV al d.l. n. 77/2021 fra le opere pubbliche aventi valore strategico e preordinate alla realizzazione della mobilità sostenibile, obiettivo quest’ultimo fatto proprio dal PNRR.
Ora, l’art. 44 di tale decreto, per gli interventi compresi nel citato allegato ha introdotto un regime sostanziale e procedurale speciale che:
i) ha previsto unicamente la loro sottoposizione a VIA;
ii) ha sancito la loro ricomprensione fra i progetti assoggettati a VIA statale, essendo le opere pubbliche in discorso tutte riconducibili a quelle elencate nell’Allegato II, parte seconda, punto 10 del d. lgs. n. 152/2006, che richiama i “tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza”;
iii) ha introdotto importanti semplificazioni per il procedimento di VIA rispetto alla disciplina ordinaria.
Orbene, in base a tale peculiare regime, tutte le relative valutazioni pianificatorie e programmatiche “a monte” sulla localizzazione degli interventi di cui all’Allegato IV, sul loro carattere strategico nonché sull’analisi costi-benefici, sono state compiute una volta per tutte in sede legislativa, con conseguente non censurabilità della scelta amministrativa di non aver prescelto la c.d. opzione zero, in quanto quest'ultima avrebbe richiesto la disapplicazione del dato legislativo (cfr. in tal senso su fattispecie non dissimili T.A.R. Lazio, Roma, I, n. 15163/2023; id., II-bis, n. 12656/2015).
In questa prospettiva, risulta del tutto giustificato che la valutazione dei valori ambientali sia stata concentrata in sede di VIA relativa al singolo progetto (o alle sue varie fasi), cioè al momento di realizzazione del singolo intervento di cui all’Allegato IV, fase in cui la tutela di tali valori si pone con maggiore evidenza e concretezza e può esplicarsi sia in forma più capillare sia in modo più efficace, conformando tutte le singole scelte implementative.
Ne consegue che il particolare regime normativo sancito dall’art. 44 del d.l. n. 77/2021, applicabile in virtù del principio di specialità, ha attribuito rilievo pregnante alla fase progettuale – peraltro in piena coerenza con la Parte Seconda, Allegato II, punto 10 del d. lgs n. 152/2006 – e coerentemente ha fatto espresso richiamo alla procedura di VIA quale unico strumento di analisi e di valutazione per interventi e progetti puntuali, come quelli in considerazione, scevri da ogni componente pianificatoria o programmatoria, già compiuta a monte ope legis (cfr. ex multis T.A.R. Lombardia, Milano, II, n.2500/2019; T.A.R. Puglia, Lecce, III, n. 879/2018; T.A.R. Lazio, Roma, II, 6 aprile n. 4295/2017; T.A.R. Veneto, III, n. 52/2016, ove si afferma con chiarezza che la VIA riguarda i singoli progetti e la VAS i piani).
9.1.2 - In ogni caso, anche a voler prescindere dal chiaro dettato dell’art. 44 del d.l. n. 77/2021, all’applicazione della sola VIA nella specie si perviene anche sulla base della previsione dell’art. 6, comma 12 del d.lgs n. 152/2006.
Secondo tale norma, “per le modifiche dei piani e dei programmi….. conseguenti……a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere”.
A tale stregua, è dirimente osservare che nella specie si è fatta questione esclusiva della localizzazione delle singole opere relative al progetto preliminare di velocizzazione della (già) esistente linea Roma-Pescara, che si innesta su un’opera pubblica già esistente e operativa, allo scopo di accrescerne la funzionalità.
E non guasta neppure ricordare che – come evidenziato nel parere PNIEC n. 48/2022 - le soluzioni progettuali per il potenziamento della linea Roma-Pescara erano state approvate dalla delibera CIPE n. 91/2004 (e i relativi progetti preliminari erano stati presentati nel 2008) e che la tratta iniziale della linea Pescara - Roma, ossia la Pescara-Chieti era stata inserita nell’insieme degli interventi previsti dal “Patto per l’Abruzzo”.
Pertanto, in relazione a simili fattispecie l’effettuazione della VAS è stata esclusa in via espressa dall’art. 6, comma 12 citato, trovando applicazione unicamente la VIA.
9.2 – Neppure convince il profilo di censura con cui il Comune ricorrente ha lamentato l’inadeguatezza della valutazione d’incidenza ambientale (VINCA), in quanto sarebbero stati aprioristicamente esclusi possibili effetti nocivi su alcune zone di particolare rilevanza ambientale sulla base del solo dato della loro distanza spaziale dall’opera pubblica.
Sul punto, va immediatamente evidenziato che l’aspetto in discorso è stato oggetto di adeguata ponderazione da parte della RFI, come si evince dalla numerosa e concludente documentazione trasmessa all’Amministrazione nell’ambito del procedimento di VIA.
In tale sede, infatti, la RFI ha presentato uno screening di valutazione di incidenza ambientale, costituito dai format conformi alle “linee guida nazionali per la Valutazione d’Incidenza (Vinca)” e da una relazione descrittiva, finalizzata a valutare le possibili incidenze con la zona speciale di conservazione (ZSC) IT7130105 “Rupe di Turrivalignani e Fiume Pescara”.
Tale valutazione, compiuta per lotti 1 e 2, ha messo in luce che:
i) per il lotto 1, l’unico nella specie gravato, non si è registrata interferenza con alcuna area protetta;
ii) per il lotto 2, estraneo all’oggetto del giudizio, è stata evidenziata una minima interferenza con la citata ZSC IT7130105, che però è stata ritenuta non significativa.
La documentazione prodotta dalla RFI è stata, in particolare, sottoposta all’attento vaglio della Commissione PNIEC, che ha confermato l’attendibilità delle valutazioni compiute dalla RFI. In particolare, mentre effettivamente per il lotto 1 non è emerso alcun profilo di interferenza, le incidenze rilevate per il lotto 2, peraltro limitate alla sola fase di cantiere, sono risultate reversibili e mitigabili dalle misure di contenimento previste.
Ma soprattutto, preso atto della distanza (di diversi chilometri) di tutti gli altri siti della rete natura 2000 dal punto più prossimo del progetto, tale elemento, a dispetto della sua obiettiva significatività, non è stato l’unico ad essere stato valorizzato per escludere incidenze negative, come erroneamente affermato nel ricorso: allo stesso fine ha, infatti, influito anche la considerazione congiunta di altri fattori, quali la tipologia di lavorazioni previste e la conformazione geomorfologica del territorio.
Alla stregua di quanto precede, emerge che l’attività di analisi della RFI non solo non è mancata ma è stata compiuta secondo le procedure previste ed è stata corredata da congrue motivazioni sulla mancanza di incidenza negativa per i siti natura 2000 presenti nel territorio circostante.
Le approfondite valutazioni della RFI, compiute oltre tutto in modo cumulativo per i lotti 1 e 2, sono state oggetto di scrupoloso vaglio in sede di VIA (cfr. in particolare pagg. 45 e 46 del parere PNIEC n. 48/2022).
E le puntuali e circostanziate conclusioni della Commissione PNIEC, poi poste a base degli atti impugnati, non sono state oggetto di alcuna censura da parte del Comune ricorrente, che si è limitato ad articolare doglianze generiche e non adeguatamente supportate.
9.3 – Altrettanto privo di pregio risulta il profilo di censura concernente la pretesa violazione del Regolamento UE n. 241/2021, secondo cui tutte le misure attuative del “PNRR” “non devono arrecare danno significativo agli obiettivi ambientali” (art. 2).
Sul punto, è decisivo osservare che, nel procedimento in esame, la valutazione DNSH è stata compiuta in rigorosa aderenza alle sue fonti di disciplina (art. 17 del Reg. UE n. 852/2020; Reg. UE n. 241/2021; Comunicazione della Commissione contenente “Orientamenti tecnici sull’applicazione del principio «non arrecare un danno significativo» a norma del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza (2021/C 58/01); Circ. RGS n. 32 del 30 dicembre 2021) ed è stata affidata a documenti articolati, recanti un insieme di elementi e di specifiche misure di monitoraggio e di protezione (cfr. in particolare parte 7), sottoposti al vaglio dell’Amministrazione e integrati da specifiche prescrizioni annesse al parere n. 48/2022.
In particolare, nella relazione prodotta dalla RFI è stata compiuta una disamina puntuale dei vincoli riportati in ognuno dei predetti provvedimenti normativi in tema di DNSH ed è verificato il relativo soddisfacimento in modo compatibile col livello progettuale di fattibilità tecnico-economica.
La RFI ha, inoltre, fornito, nel rispetto dei principi del Regolamento (UE) 2020/852, puntuale evidenza degli aspetti progettuali presenti nelle diverse sezioni del PFTE, dimostrando che il progetto non arreca alcun danno significativo ai sei obiettivi ambientali oggetto della valutazione DNSH.
Risulta, poi, altrettanto infondata la censura relativa all’assenza delle valutazioni sulle emissioni inquinanti e climalteranti in fase di esercizio. Dette valutazioni sono, infatti, state compite all’interno: i) del documento di valutazione DNSH (cfr. in particolare la parte 7); ii) dello studio di impatto ambientale (cfr. par. A); iii) della relazione di sostenibilità (cfr. p. 22 e ss.). Ivi sono state riportate anche le valutazioni connesse con la gestione delle rocce di scavo e dei materiali di risulta, nonché le valutazioni in materia di salvaguardia della biodiversità.
Orbene, a fronte di tali puntuali risultanze, compiutamente valutate dall’Amministrazione, il ricorrente si è limitato a dedurre in modo generico e apodittico la violazione del predetto principio: con ciò ha quindi sovrapposto la propria visione, basata su premesse opinabili, alle determinazioni amministrative frutto di un’adeguata istruttoria e assunte in modo non irragionevole né illogico.
E non guasta ricordare che la valutazione DNSH, ai sensi della surrichiamata normativa e segnatamente della Circolare n.33/2022, si compone dell’insieme delle valutazioni che i soggetti attuatori sono chiamati a svolgere non solo ex ante, cioè prima di iniziare i lavori ma anche in itinere ed ex post, cioè durante e dopo il loro svolgimento e che sono sottoposte al vaglio e alla supervisione dell’Amministrazione.
In tal senso, assumono rilievo, ai fini del rispetto del principio DNSH, anche tutte le successive attività implementative prospettate dalla RFI o alla stessa imposte con le prescrizioni del parere n. 48/2022 sia quelle di monitoraggio ivi contemplate.
9.4 – Del tutto generica e apodittica, infine, risulta la dedotta violazione del principio di precauzione.
Al proposito, il Collegio deve fare applicazione nella specie dell’orientamento secondo cui “la corretta applicazione del principio di precauzione applicazione non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute delle persone e per l'ambiente, in assenza di un riscontro oggettivo e verificabile” (cfr. da ultimo Cons. St., IV, n. 8098/2023).
E ciò vale a maggior ragione nella fattispecie in cui il parere n. 48/2022, in cui sono confluite le univoche e concordanti valutazioni tecniche di tutti gli interlocutori (pubblici e privati) competenti, ha concluso per l’assenza di un danno significativo alle varie componenti ambientali in conseguenza della realizzazione dell’opera pubblica.
A tale stregua, le censure formulate dal ricorrente in relazione all’applicazione del principio di precauzione risultano volte a sindacare l’opportunità delle scelte, tecniche e amministrative, rimesse all’Autorità preposta alla cura degli interessi pubblici coinvolti, mirando, in ultima analisi, a sostituire alle contestate valutazioni, che non superano mai la soglia dell’abnormità o della manifesta illogicità, le proprie soluzioni.
Il Collegio reputa, infine, infondata la lettura assolutizzante e bloccante del principio di precauzione fatta propria dal Comune ricorrente, dovendo quest’ultimo trovare un’applicazione coordinata col principio di integrazione delle tutele ‒ riconosciuto, a livello sia europeo (art. 11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del d.lgs. n. 152/2006, sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) ‒ in virtù del quale le esigenze di tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile (cfr. in tal senso Cons. St., VI, n. 8167/2022).
E si consideri, in questo senso, che il progetto in questione, infatti, afferisce – come già anticipato - ad un’opera pubblica di elevata valenza strategica, è assoggettato al regime procedurale accelerato di cui al d.l. n.77/2021 e risulta armonizzarsi con i valori ambientali anche in ragione della sua funzionalità rispetto all’implementazione della mobilità sostenibile e della sua inclusione nelle politiche del PNRR.
10 – Del pari non persuasivo risulta il secondo motivo di ricorso, con cui il Comune ricorrente ha lamentato che l’artificioso frazionamento dell’opera pubblica in più lotti avrebbe comportato l’omessa valutazione del suo impatto ambientale complessivo.
Più specificamente, il ricorrente afferma che l’aver condotto la VIA separata sul lotto 1 non avrebbe consentito di valutarne l’effetto cumulativo con i futuri tratti e con gli sviluppi del medesimo progetto e, in particolare, avrebbe eluso la valutazione dell’impatto della stazione elettrica Terna prevista nei pressi del centro abitato.
10.1 - Al proposito, il Collegio non può non riportarsi a quanto già osservato da questa Sezione in alcune vicende analoghe (cfr. TAR Lazio, III, n. 7424/2020 e n. 7774/2019): non sono ammesse operazioni di tipo elusivo solo se, attraverso l’artificiosa ripartizione dell'opera in più porzioni, i soggetti interessati mirino effettivamente a sottrarre l’opera stessa alla VIA, mediante la sua suddivisione in più parti preordinata a far apparire l'impatto ambientale complessivo causato dall’opera stessa molto meno rilevante e diffusivo di quanto non lo sia in realtà.
Ma tale elusione non emerge nella specie.
E’, innanzitutto, il caso di evidenziare che, diversamente da quanto asserito dal Comune ricorrente, l’opera di raddoppio della linea Roma-Pescara non è stata artificiosamente frazionata ma è stata sin dal principio concepita e poi progettata, per ragioni strutturali e funzionali, secondo un’articolazione in tratte autonome.
Ciascuna tratta, pur cospirando tutte alla realizzazione complessiva dell’opera, conserva tuttavia una sua autonomia in quanto la valutazione di una non condiziona lo sviluppo dell’altra e soggiace ad una diversa tempistica di realizzazione.
E ciò è tanto più vero per il lotto 1, oggetto di impugnativa, il quale si riferisce ad un’opera lineare che nel suo complesso si estende per numerosi chilometri e si presta ad essere valutata in modo scisso rispetto agli altri lotti, senza pregiudicare l’apprezzamento degli impatti complessivi.
Ma soprattutto è dirimente osservare che è prevista la sottoposizione a VIA di tutti i lotti e che tutti i lotti per cui finora è stato redato il PFTE (i primi due) sono stati ritualmente sottoposti a VIA.
Né guasta rilevare che in relazione a questi ultimi è stata compiuta - come si illustrerà più diffusamente in appresso – anche una valutazione degli impatti cumulati.
10.2 - In ogni caso, il ricorrente sostenendo la criticità della parcellizzazione del progetto complessivo, non ha neanche allegato, in concreto, ragioni e circostanze specifiche che renderebbero l'esame separato di singole tratte, in sede di VIA, meno probante ed attendibile.
In altri termini avrebbe dovuto essere provato che la valutazione di compatibilità delle singole opere non sia stata in grado di cogliere un impatto ambientale più intenso di quello derivante dalla loro sommatoria (Cons. St., IV, n. 1392/2017).
Non conducente, a questo proposito risulta il riferimento alla realizzazione di una stazione elettrica proposta da Terna al Comune di Chieti, che, in tesi, avrebbe aggravato l’impatto ambientale del progetto.
Difatti, il ricorrente non è stato in alcun modo in grado di chiarire, nemmeno tramite un principio di prova, in quali termini l’ambiente o le popolazioni interessate sarebbero pregiudicate dalla realizzazione di tale cabina.
In ogni caso, la questione è stata comunque trattata e valutata all’interno della determinazione motivata del CSLP n. 4/2023 (cfr. da pag. 45 a 49), in esito alla quale, dopo un’attività di analisi e di valutazione della RFI, è stata individuata una nuova soluzione per la viabilità NV02, con la previsione di una collocazione della cabina tale da neutralizzare o ridurre ogni possibile impatto negativo.
10.3 – Infine, l’attento esame della documentazione agli atti smentisce in radice finanche l’architrave logico posto a base della censura in esame, cioè il rilievo per cui la VIA effettuata per il lotto 1 abbia impedito ogni visione integrata di quest’ultimo con gli altri lotti (segnatamente con il lotto 2).
Al proposito, da tale documentazione emerge che la RFI, nella documentazione sottoposta al vaglio della Commissione PNIEC per i lotti 1 e 2, non ha rinunciato ad analizzare, sia a ritroso che in una prospettiva futura, vari aspetti del cumulo e della coesistenza degli stessi in relazione alle più rilevanti componenti ambientali.
In particolare, per ogni singolo lotto sono stati valutati, nello studio di impatto ambientale (di seguito anche “SIA”), i possibili impatti cumulati con i lotti adiacenti (cfr., fra l’altro, doc. e, par. E.13 e doc. f, par. E.13 depositati dalla RFI il 3 luglio 2023). E ciò in aderenza a quanto previsto dall’Allegato VII alla parte II del d.lgs. n. 152/2006 che, nel definire i contenuti del SIA, puntualizza che quest’ultimo debba contenere una descrizione dei probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l’altro “al cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti esistenti e/o approvati, tenendo conto di eventuali criticità ambientali esistenti, relative all’uso delle risorse naturali e/o ad aree di particolare sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal progetto” (punto 5, lett. e).
Analoghe valutazioni sull’impatto cumulato sono contenute nella relazione di sostenibilità (cfr. doc. m depositato dalla RFI il 3 luglio 2023) e nello screening VINCA (cfr. doc. x e x-bis depositati dalla RFI il 3 luglio 2023).
E tale apprezzamento globale ha trovato corrispondenza nell’attività valutativa della Commissione PNIEC (cfr. pagg. da 19 a 37 del parere n. 48/2022 con riferimento all’analisi ambientale, all’aria e al clima, agli effetti delle rispettive aree di cantiere): detta Commissione ha esaminato con scrupolo gli elementi prospettati dalla RFI e ha introdotto alcune condizioni nel parere n. 48/2022, volte ad imporre alla società proponente di verificare gli impatti complessivi e quelli correlati tra i vari lotti nell’ambito delle successive progettazioni di tutte le tratte dell’opera pubblica.
Sempre al fine di garantire una valutazione adeguata degli impatti ambientali cumulativi globali, la Commissione ha anche inserito una specifica condizione ambientale, da ottemperare nelle successive fasi progettuali, che impone: i) un’integrazione gli studi di impatto già realizzati con quelli relativi alle ulteriori tratte, che verranno via via predisposti; ii) l’implementazione, ove necessario, di opportune misure di mitigazione.
Inoltre, in vista della pianificazione adeguata delle attività, è stata prevista anche la realizzazione di un sistema di monitoraggio continuo, per valutare gli impatti ambientali effettivi rispetto alle previsioni compiute, in modo da identificare tempestivamente eventuali impatti non previsti e da adottare le opportune misure correttive.
Alla luce di ciò, emerge con evidenza che l’effettuazione della VIA per ciascun singolo lotto non ha impedito una considerazione complessiva e integrata dei vari aspetti del cumulo e della coesistenza del lotto 1 con il lotto 2 nonché di questi ultimi con gli altri lotti ancora da realizzare.
11 – Altrettanto non persuasivo risulta il terzo motivo di ricorso, con cui il Comune ricorrente ha censurato la numerosità delle prescrizioni apposte negli atti con cui è stata ritenuta la compatibilità ambientale del progetto (primo fra tutti il parere PNIEC n. 48/2022): dette prescrizioni avrebbero avuto l’effetto di trasferire al di fuori del procedimento di VIA valutazioni da compiersi indeclinabilmente in tale sede e per questo motivo avrebbero concretizzato la violazione dell’art. 25 del d.lgs n. 152/2006.
11.1 - Al proposito, il Collegio non può che richiamare il condivisibile e costante orientamento giurisprudenziale secondo cui:
- “è la stessa articolazione dell'attività di progettazione delle opere pubbliche in progressive fasi di approfondimento tecnico a rendere fisiologica la successiva integrazione dei diversi elaborati progettuali con elementi di maggiore specificità e dettaglio, non avendo altrimenti significato la previsione di distinti momenti e livelli progettuali, ove fosse fin da subito prevista tutta la conformazione possibile dell'opera”; pertanto, con riferimento all'iter progettuale delle infrastrutture strategiche, in sede di progettazione preliminare la possibilità di inserire prescrizioni da assolvere in via successiva non solo non è anomala ma a volte si rende addirittura necessaria: diversamente argomentando, occorrerebbe predisporre un nuovo iter di approvazione per ogni difformità, ancorché secondaria, fra il progetto preliminare e le successive fasi di progettazione (cfr. ex multis Cons. St., IV, n. 1555/2023; id., n. 721/2016): e tale esigenza risulta vieppiù evidente nel caso di specie, in considerazione della perentorietà dei tempi del PNRR e del rilievo per cui il livello di progettazione delle opere PNRR sottoposte alla VIA è la fattibilità tecnico-economica e, dunque, un livello che non definisce in modo esaustivo la fisionomia dell’opera pubblica; a tale stregua, la perentorietà dei tempi non consente di aggravare il procedimento di VIA e di rallentarne la conclusione al solo fine di anticipare valutazioni che, senza pregiudizio per i valori ambientali, possono essere rinviate, sempre sotto il costante e vigile controllo dell’Amministrazione, a successive fasi progettuali, consentendo l’ulteriore corso dei procedimenti di definizione e approvazione dell’opera;
- “atteso che la compatibilità ambientale non è un "concetto naturalistico", ma una condizione di equilibrio tra l'idoneità dei luoghi a ospitare un'attività impattante e le prescrizioni limitative poste alla medesima attività, la graduazione e la previsione di limitazioni postume tramite prescrizioni da verificare in sede esecutiva rendono possibile migliorare l'equilibrio e confermare nel tempo il giudizio di compatibilità: la compatibilità ambientale condizionata costituisce, in quest’ottica, un giudizio allo stato degli atti, integrato dall'indicazione preventiva degli elementi idonei a risolvere possibili dissensi” (cfr. in tal senso T.A.R. Lazio, Roma, III, n.11/2022);
- il numero delle prescrizioni di per sé solo non costituisce indice dello scorretto uso delle prescrizioni, risultando a ciò coessenziali l’esame del loro contenuto, idoneo a denotare gravi carenze progettuali, nonché la considerazione della complessità dell’intervento (cfr. Cons. St., IV, n. 1164/2020);
- l’apposizione di prescrizioni costituisce il riflesso in chiave effettuale della natura discrezionale delle valutazioni condotte dalle varie Amministrazioni intervenute nel procedimento, nonché dell’accuratezza e del grado di approfondimento dell’istruttoria condotta (cfr. ex multis Cons. St., n. 1392/2017).
11.2 – Sulla base di tali coordinate ricostruttive, il Collegio rileva che le condizioni individuate dall’Amministrazione risultano: i) coerenti con il livello progettuale dell’opera pubblica; ii) di contenuto tale da non disvelare lacune nella progettazione, in quanto preordinate ora ad indirizzare le successive fasi progettuali, ora ad integrare documenti già prodotti e valutati positivamente in sede di VIA sulla base delle sopravvenienze (cfr. condizione 2), ora ad analizzare e valutare eventuali sopravvenienze (cfr. condizione 11); iii) non eccessive in numero a fronte della complessità dell’opera stessa e dell’articolata pluralità degli aspetti considerati in sede di VIA.
Sul punto la giurisprudenza, con riferimento a casi analoghi a quello in scrutinio, ha rilevato che la numerosità delle prescrizioni poste a tutela di tutti i beni che possono essere incisi dalla realizzazione di un’opera pubblica non è sintomatica dell’inidoneità del progetto, “dovendo essere tenuta in considerazione anche la particolare complessità dell’opera”, nella specie indiscussa (Cons. St., IV n. 7884/2020 e in senso analogo id. n. 2062/2022; id., n. 1392/2017).
In definitiva, le prescrizioni introdotte risultano, al contrario di quanto asserito dal Comune ricorrente:
i) sufficientemente puntuali;
ii) calibrate in relazione agli ambiti cui si riferiscono;
iii) preordinate, in coerenza col dettato dell’art. 25, comma 4 del d.lgs n. 152/2006, a disciplinare alcune condizioni per la realizzazione del progetto nonché a scongiurare, a mitigare e a monitorare possibili impatti ambientali negativi conseguenti ai successivi sviluppi progettuali o all’insorgenza di fattori sopravvenuti (cfr. lett. a, b e c dell’art. 25 stesso).
Sotto questo aspetto il Collegio può estendere alla fattispecie all’esame quanto affermato in relazione ad un precedente analogo: “la puntuale analisi di tutte le interferenze del progetto con le tematiche ambientali e anche le osservazioni critiche riguardanti taluni snodi, lungi dall'evidenziare un modus procedendi incoerente, si palesa agli occhi del Collegio come sintomatico di una particolare attenzione prestata a tutte le implicazioni recate dal progetto in questione e del rilievo primario accordato all'adozione di tutte le necessarie cautele che devono accompagnare lo sviluppo di iter progettuali cui è connaturata una spiccata complessità” (cfr. sul punto ancora TAR Lazio, Roma, III, n. 8219/2023).
12 – Neppure coglie nel segno il quarto motivo di ricorso, con cui la ricorrente ha lamentato che il progetto di RFI sarebbe illegittimo, perché non sarebbe stato corredato della valutazione di impatto sanitario (“VIS”).
Innanzitutto, la valutazione d’impatto sanitario non è prevista per la realizzazione delle infrastrutture ferroviarie, come quella in questione.
Ai sensi dell’art. 23 del d.lgs n. 152/2006, infatti, all’istanza di VIA il soggetto proponente deve allegare la VIS solo nel caso in cui il progetto riguardi uno dei progetti riportati ai punti 1 e 2 dell’Allegato II, parte seconda del d.lgs. n. 152/2006.
Ma vi è che in detti punti non si fa menzione alcuna delle infrastrutture ferroviarie ma soltanto di diverse tipologie di impianti, come quelli energetici e quelli per il trattamento dell’amianto.
In ogni caso, sebbene nella specie non vigesse alcun obbligo di redigere la VIS, la documentazione sottoposta dalla RFI all’Amministrazione in sede di VIA ha riguardato anche i principali aspetti della salute pubblica (acustico, atmosferico ed elettromagnetico).
Tali aspetti sono stati trattati nel par. E.11 del SIA tanto in relazione alla fase di costruzione che a quella di entrata in esercizio dell’opera e l’analisi compiuta reca evidenza delle metodologie di analisi, dei dati esaminati e delle conclusioni raggiunte (cfr. doc. j e doc. j-bis depositati dalla RFI il 3 luglio 2023). Ne emerge che i profili di natura sanitaria sono stati adeguatamente considerati nell’analisi progettuale.
Su tali basi, la Commissione, nel parere PNIEC n. 48/2022, ha valutato i possibili impatti di natura sanitaria del progetto, sottoponendo a vaglio le stime compiute dalla RFI; ove necessario, ha richiesto integrazioni a detta società e ha concluso per l’insussistenza di criticità neppure per questo aspetto.
Così, quanto all’inquinamento acustico e vibrazionale, la Commissione ha impartito specifiche condizioni ambientali (cfr. in particolare le condizioni 5 e 6) sia per la fase di esercizio sia per quella di cantiere, coinvolgendo nelle verifiche anche l’ARTA Abruzzo; e ciò al fine di assicurare il rispetto dei limiti previsti dalla normativa in materia a tutela della salute pubblica.
Gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico, poi, sono stati esaminati con riferimento alla realizzazione di nuove sottostazioni AT/MT o di cabine di trazione elettrica. La Commissione, esaminata la documentazione prodotta dalla RFI e compiute le necessarie verifiche, ha escluso il relativo rischio per le abitazioni in adiacenza alla ferrovia.
E’ stato riscontrato che: i) l’unica sorgente elettrica è costituita dall’alimentazione dei locomotori a 3 KV in corrente continua, mediante catenaria; ii) il passaggio della corrente continua non è permanente (avviene soltanto al transito dei convogli ferroviari) e i valori di campo elettromagnetico generati da tale corrente risultano inferiori al campo magnetico terrestre.
Quanto, infine, agli effetti dovuti all’inquinamento atmosferico, la Commissione, muovendo dai dati riportati dalla RFI riferiti agli indicatori elaborati a livello regionale dall’ARTA Abruzzo, ha effettuato alcune simulazioni sulla base di un modello gaussiano per il calcolo della diffusione di inquinanti in atmosfera e ha chiesto alla società proponente un approfondimento sulla concomitanza dei lavori relativi ai due lotti.
La conclusione raggiunta in esito alle predette verifiche è stata nel senso dell’assenza di criticità quanto ai limiti di emissione e di concentrazione nell’aria delle principali componenti inquinanti (PM10, PM2,5, NO2, O3, C6H6, CO, SO2).
Ora a fronte di tali attività di analisi, di verifica e di valutazione, compiutamente documentate nel parere PNIEC n. 48/2022 (cfr. in particolare pagg. 37 e ss.), il Comune ricorrente non ha dedotto alcuna puntuale censura, facendo riferimento ora ad un dato formale ed estrinseco, come quello relativo alla mancata effettuazione della VIS, che nella specie non era obbligatoria, ora all’apodittica censura di genericità delle valutazioni compiute in sede di VIA, censura smentita dall’esame della documentazione in atti.
13 – Del pari privo di pregio, infine, risulta il quinto e ultimo motivo, con cui il Comune ricorrente ha lamentato la mancata considerazione delle alternative progettuali rispetto a quella selezionata.
Sul punto, va immediatamente evidenziato che – come già anticipato - tenuto conto delle valutazioni compiute “a monte” dal d. lgs n. 77/2021 sul carattere strategico dell’opera pubblica in discorso e sulla sua localizzazione, non risulta censurabile la scelta amministrativa di non aver prescelto la c.d. opzione zero, in quanto quest'ultima avrebbe richiesto una disapplicazione del dato legislativo (cfr. in tal senso su fattispecie non dissimili T.A.R. Lazio, Roma, I, n. 15163/2023; id., II-bis, n. 12656/2015).
Quanto alla mancata considerazione delle alternative progettuali, è decisivo osservare che:
- alla loro analisi la RFI ha dedicato un apposito documento del PFTE (“analisi delle alternative progettuali e analisi multicriteria” – cfr. doc. r depositato dalla RFI il 3 luglio 2023);
- alla loro valutazione la Commissione PNIEC ha dedicato un paragrafo del parere n. 48/2022 (cfr. pagg. 9 e ss.);
- le ulteriori alternative non esaminate in modo articolato nel parere, sono comunque state adeguatamente considerate nell’ambito della fase del dibattito pubblico: in tale sede sono state evidenziate le ragioni per cui esse non erano realizzabili; ora, tali elementi hanno comunque fatto ingresso nel procedimento di VIA, in quanto la Commissione PNIEC ha dato espresso conto di essere stata messa corrente degli stessi e di averne tenuto conto nelle proprie valutazioni (cfr. pag. 11 del parere n. 48/2022).
Quanto all’alternativa proposta dal Comune ricorrente, in sede di dibattito pubblico è stata riscontrata l’interferenza tra il tracciato prospettato con la ZSC e con le aree di esondazione del fiume Pescara, criticità che ne hanno precluso l’inclusione rispetto alle ragionevoli alternative di progetto realizzabili, analizzate, invece, nell’ambito della procedura di VIA (cfr. in particolare pagg. 9 e ss. del parere PNIEC n. 48/2022).
In particolare, lo studio idrologico-idraulico prodotto dalla RFI a corredo del PFTE ha evidenziato che: i) il tracciato selezionato è l’unico che risponde a requisiti di sicurezza, anche a fini idraulici; ii) ipotetici tracciati alternativi con sviluppo parallelo all’autostrada A25 (lato Fiume Pescara) avrebbero interferito con le casse di espansione previste, e già parzialmente realizzate, nell’ambito del progetto esecutivo “Opere di Laminazione delle Piene del Fiume Pescara” (Regione Abruzzo, 2017), in particolare in corrispondenza della diramazione per l’Interporto d’Abruzzo. Detti tracciati alternativi si sarebbero sviluppati, inoltre, per la maggior parte della loro estensione in un’area di esondazione e di pericolosità idraulica.
A fronte di tali rilevanti criticità connesse al rischio idro-geologico (e quindi alla sicurezza dell’opera pubblica), su cui nessuna adeguata controdeduzione ha formulato il ricorrente, ogni ulteriore valutazione in termini di costi-benefici non poteva che risultare ultronea e recessiva.
In chiave connessa, va anche osservato che nel dibattito pubblico è stata evidenziata tecnicamente l’impossibilità di realizzare un’opera in un’area a rischio di pericolosità idraulica e di attraversare il fiume Pescara con soluzioni tecniche, quali quelle ipotizzate nei progetti dell’opera precedenti: dette soluzioni, infatti, non risultavano più in linea con le nuove norme tecniche di costruzione in vigore (decreto del Ministero delle Infrastrutture del 17 gennaio 2018 e circolare ministeriale del 21 gennaio 2019, n. 7) (cfr. pagg. 40 e 41 del doc. s-ter depositato dalla RFI il 3 luglio 2023).
In definitiva, l’esame della documentazione agli atti mette in luce che nel caso di specie la RFI e tutte le Amministrazioni coinvolte hanno svolto un’articolata istruttoria, vagliando ogni profilo attinente alla sostenibilità del progetto, ivi incluso quello relativo alla perseguibilità di altre alternative progettuali che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, è stata oggetto di disamina in più tempi e in differenti sedi (cfr. doc. s-ter relazione conclusiva del dibattito pubblico, doc. r analisi delle alternative progettuali e analisi multicriteria, depositati dalla RFI il 3 luglio 2023; docc. 70 e 83, recanti le istruttorie per la pubblicizzazione delle aree da espropriare, rispettivamente per il Lotto 1 e il Lotto 2 depositati dalla RFI il 16 ottobre 2023).
Né guasta ricordare che in relazione alla censura in esame risulta comunque applicabile il consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, secondo cui “l’individuazione del tracciato di un'opera pubblica, tanto più se strategica, rientra in una discrezionalità assai ampia dell'Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo per macroscopica illogicità” (cfr. in tal senso Cons. St., IV, n. 3781/2021; id. n. 3601/2022)
E nella specie detta scelta non risulta inficiata da alcun aspetto illogicità o irragionevolezza, considerato che: 1) le soluzioni progettuali prescelte hanno dovuto recepire le decisioni adottate dal gruppo di lavoro istituito a seguito della sottoscrizione di un protocollo di intesa, a marzo 2020, tra MIT, Regioni Abruzzo e Lazio ed RFI; 2) le stesse soluzioni hanno dovuto tener conto di sopravvenienze fattuali, tecniche e normative nel frattempo intervenute, che hanno condizionato le scelte di tracciato (cfr. passaggio dalla sede a binario singolo a quella a doppio binario; nuove norme tecniche di costruzioni; necessità di realizzare l’opera in conformità alla fascia di rispetto dall’autostrada A25); iii) le scelte relative al lotto 1 sono risultate vincolate dallo status quo, atteso che il raddoppio è destinato a innestarsi sul tracciato della linea ferroviaria già esistente, anche in un’ottica di minore invasività (cfr. doc. r depositato dalla RFI il 3 luglio 2023); iv) per quanto attiene al lotto 2, la RFI ha studiato la fattibilità di tre ipotesi di tracciati alternativi ritenute non praticabili per ragioni di carattere ambientale e funzionale (cfr. in tal senso sempre doc. r depositato dalla RFI il 3 luglio 2023); v) i tracciati prescelti, come già anticipato, risultano i più idonei a scongiurare rischi di natura idro-geologica, tenuto conto nessuno di essi ricade in aree di pericolosità idraulica o di esondazione delle piene del Fiume Pescara.
Di qui l’infondatezza della censura formulata.
È del tutto irrilevante, infine, il richiamo alle disposizioni del Piano Stralcio di Difesa Alluvioni (“PSDA”), che in tesi sarebbe stato violato da RFI.
Infatti, l’esame della documentazione agli atti evidenzia che lo studio idrologico-idraulico redatto a corredo del PFTE, in ragione del nuovo attraversamento sul Fiume Pescara, previsto “a monte” dell’attuale ponte ferroviario nell’ambito del lotto 2, è stato sviluppato in aderenza alle Norme di Attuazione del PSDA (cfr. doc. i depositato dalla RFI il 3 luglio 2023), secondo cui “tutti i nuovi interventi, opere ed attività ammissibili nelle aree di pericolosità idraulica molto elevata, elevata e media sono realizzati o iniziati subordinatamente alla presentazione dello studio di compatibilità idraulica” (art. 7).
E sul punto è il caso di rilevare che lo studio redatto dalla società proponente è stato fondato su dati cartografici e topografici recenti e più aggiornati, differenti da quelli posti alla base delle mappe di pericolosità idraulica definite nell’ambito del PSDA, derivanti da analisi risalenti al 2007.
In tal senso, nella nota trasmessa al Genio Civile Regionale di Pescara nell’ambito della conferenza di servizi del Lotto 2, la RFI ha chiarito che “le apprezzabili differenze riscontrabili tra le aree di pericolosità idraulica del P.G.R.A. / P.S.D.A. e le aree potenzialmente inondabili derivanti dallo studio idraulico alla base della progettazione possono essere imputate principalmente alla diversa base cartografica utilizzata per l’implementazione del modello numerico 2D, più aggiornata/recente e dettagliata nello studio sviluppato da RFI rispetto alle analisi nell’ambito della pianificazione di bacino risalenti alla redazione del P.S.D.A. (2007)” (cfr. nota del 16 maggio 2023, citata nella relativa determinazione conclusiva, doc. t, p. 12).
14 – Il rigetto dei cinque motivi di ricorso, a motivo della loro infondatezza, determina la reiezione delle censure di illegittimità derivata dedotte avverso la determinazione conclusiva della conferenza di servizi adottata dalla RFI in relazione al lotto 1.
15 - In definitiva, il ricorso va respinto, in quanto è infondato sulla base di quanto in precedenza illustrato.
Le tematiche vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al T.A.R., essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 del cod.proc.civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. Civ., II, n. 3260/1995; per quelle più recenti, Cass. Civ., V, n. 7663/2012; Cons. St., VI, n. 3176/2016).
Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione, e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Chieti al pagamento delle spese legali che si liquidano: i) in favore della Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in 10.000 (diecimila/00), oltre ad accessori come per legge; ii) in favore delle Amministrazioni statali rappresentate dalla difesa erariale, in complessivi euro 2.000 (duemila/00), oltre ad accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Sapone, Presidente
Luca Biffaro, Referendario
Massimiliano Scalise, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Massimiliano Scalise | Giuseppe Sapone | |
IL SEGRETARIO
- Sentenze Ente: TAR
Modifiche introdotte all’art.16 della L.n.1140/42 dall’art.5, c.8 d.l. n.70/2011
In forza dell’art. 5, c. 8 del d.l. 13.5.2011, n. 70, che ha modificato l’art. 16 della L. n. 1140/42, contenuto nella Legge nazionale in tema di disciplina urbanistica (la quale pone i principi fondamentali nella materia, ai quali ex art.. 117, c. 3 Cost. le regioni devono conformare la loro legislazione di dettaglio), la VAS non deve più necessariamente precedere la fase di adozione del programma o piano urbanistico, ma può ora svilupparsi all’interno del medesimo procedimento con l’unico vincolo che essa si concluda prima del provvedimento finale di approvazione del piano.
Read more: TAR Lombardia, Brescia, Sezione I, n.2017 del 27 dicembre 2012
- Sentenze Ente: TAR
...L’adozione di atti amministrativi prima dell’entrata in vigore di una legge che produce effetti solo per il futuro rientra infatti nelle facoltà legittime del titolare del potere, in quanto il principio tempus regit actum trova eccezione nei soli casi previsti dalla legge.
... la scelta in merito all’urgenza della trattazione di una materia così come la dichiarazione di immediata eseguibilità di una deliberazione costituiscono scelte politiche che rientrano nel merito della decisione amministrative e quindi sono insindacabili dal giudice amministrativo
La giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 01.09.2021 n. 6152) ha riconosciuto che la valutazione ambientale o VAS ha l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente ispirata al rispetto del principio di precauzione in una prospettiva di sviluppo sostenibile dell’uso del suolo. Non ha interesse all’impugnazione della procedura di Vas che il soggetto che intenda ottenere lo sfruttamento edilizio dell’area, in quanto la previsione di non trasformabilità dell’area mediante una destinazione agricola tutela al massimo grado i valori ambientali dell’area.
...le censure inerenti al procedimento di valutazione ambientale strategica (V.A.S.) sono ammissibili nei limiti in cui la parte istante specifichi quale concreta lesione alla sua proprietà sia derivata dall’inosservanza delle norme sul procedimento
VAS endoprocedimentale implica cheil relativo provvedimento non è immedtiatamente e autonomamente impugnabile prima della della definizione del procedimento pianificatorio
Read more: TAR Lombardia, Milano, Sezione II, n.1064 del 9 maggio 2022
- Sentenze Ente: TAR
In ambito VAS
... In base all’art. 4, secondo comma, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 << La valutazione ambientale di cui al presente articolo è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura di approvazione >>.
- la disposizione non prevede che la procedura VAS sia attivata o portata a termine prima di quella urbanistica ma prevede la contestualità affermando che la valutazione ambientale debba svolgersi anteriormente all’adozione del piano o, comunque, prima della sua approvazione.
- Allo stesso modo dispone la norma generale contenuta nell’art. 11, terzo comma, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in base al quale <<La fase di valutazione è effettuata anteriormente all'approvazione del piano o del programma, ovvero all'avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso>>.
- la procedura VAS non deve svolgersi prima dell’attivazione della procedura amministrativa di approvazione del piano, ma deve essere svolta (e, quindi, portata a compimento) prima dell’approvazione stessa.
- in linea con le finalità sottese alla VAS, stabilite dal citato art. 4, terzo comma, del d.lgs. n. 152 del 2006 e cioè che la procedura della VAS sia concomitante a quella che ha per oggetto l’approvazione dei piani e dei programmi sì da favorire sin da subito l'emersione e l'evidenziazione dell'interesse ambientale
Per quanto attiene le osservazioni ai piani urbanistici
... le osservazioni presentate nei procedimenti di approvazione dei piani urbanistici hanno natura di mero apporto collaborativo; pertanto, le Amministrazioni hanno sì l’obbligo di prenderle in considerazione e valutarle, ma non anche quello di fornire una adeguata motivazione in ordine alle decisioni che si intendono assumere riguardo ad esse
Per quanto attiene il Pianodi zonizzazione acustica
... nessuna norma impone che l’adeguamento del piano di zonizzazione acustica al nuovo strumento urbanistico debba avvenire contestualmente all’approvazione di quest’ultimo
Per quanto attiene le scelte urbanistiche
... per costante orientamento giurisprudenziale, le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte all’approvazione degli atti di pianificazione hanno natura altamente discrezionale e, per questa ragione, sono sindacabili da parte del giudice amministrativo solo nel caso in cui vi siano evidenti indici di irrazionalità o emerga chiaramente la sussistenza di errori nella valutazione dei presupposti ad esse sottesi.
... Per quanto riguarda poi il profilo motivazionale, si afferma altresì che l’amministrazione non è tenuta a motivare specificamente le scelte riguardanti le singole zone, essendo a tal fine sufficiente il richiamo ai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano
... Uniche eccezioni a questa regola si hanno quando il soggetto interessato dall’atto di pianificazione versi in situazione di particolare affidamento...
... Altra eccezione si ha nel caso in cui l’autorità intenda imprimere destinazione agricola ad un lotto intercluso da fondi legittimamente edificati...
... Non giustifica, invece, l’eccezione alla regola generale la sussistenza di affidamento generico, quale quello relativo alla non "reformatio in peius" di precedenti previsioni urbanistiche che consentono una più proficua utilizzazione dell'area
Read more: TAR Lombardia, Milano, Sezione II, n.1214 del 16 giugno 2016