• Sentenze Ente: TAR

Pubblicato il 12/10/2023

N. 15163/2023 REG.PROV.COLL.

N. 06377/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6377 del 2018, (...)

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Programmazione e Coordinamento Politica Economica, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
(...)

nei confronti

Regione Veneto, Regione Lombardia, non costituite in giudizio;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24/03/2018, con la quale il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (C.I.P.E.) ha approvato il progetto definitivo relativo alla realizzazione della Linea Ferroviaria AV/AC Milano – Verona, Tratta Brescia– Verona: lotto funzionale Brescia Est – Verona (escluso nodo di Verona) (atto all. n. 1);

e per quanto necessario di tutti gli atti presupposti e/o connessi tra cui:

- il parere n. 1767 del 17 aprile 2015 con il quale la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale – VIA e VAS ha espresso le valutazioni in ordine all’Impatto Ambientale dell’opera AV/AC lotto funzionale Brescia – Verona (atto all. n. 2);

- il parere n. 1795 del 29 maggio 2015 con il quale della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale – VIA e VAS ha integrato il parere n. 1767 del 17/04/2015 (atto all. n. 3);

- l’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza (DEF) - Novembre 2015 nella parte in cui inserisce l’opera già in fase di approvazione del progetto definitivo senza l’attuazione della Valutazione Ambientale Strategica e consente l’avvio del procedimento della consultazione per la procedura di Valutazione Ambientale Strategica del piano ai sensi degli articoli 13 comma 5 e 14 del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. (atto all. n. 4);

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 28\1\2020 :

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia

- dei medesimi atti impugnati con il ricorso principale, ed in particolare della Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (C.I.P.E.) nella parte in cui, a causa di carenza di istruttoria, non ha individuato i ricorrenti come soggetti sottoposti a procedura espropriativa, omettendo la comunicazione di avvio del procedimento.

Quanto ai secondi motivi aggiunti:

- dei medesimi atti impugnati con il ricorso principale ed in particolare del progetto definitivo approvato con la Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica nella parte in cui:

- il suddetto progetto definitivo è stato integrato con le modifiche progettuali in adempimento alle 309 prescrizioni imposte dal C.I.P.E., ed è stato consegnato ai ricorrenti in data 21 novembre 2018 in esito all'Ordinanza n. 10189/2018 del TAR per il Lazio (atto all. n. 1 – II motivi aggiunti – tavole del progetto definitivo);

- delle tavole del progetto esecutivo predisposte in seguito al progetto definitivo approvato con la Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, limitatamente per le parti depositate in giudizio dal Consorzio Cepav il giorno 11 dicembre 2018 mediante dvd e con riserva di ulteriori motivi aggiunti che possono derivare dal deposito dell'intero progetto esecutivo consegnato in data 14 gennaio 2019 (atto all. n. 2 – II motivi aggiunti – tavole del progetto esecutivo).

Quanto ai terzi motivi aggiunti:

dei medesimi atti impugnati con il ricorso principale, ed i primi e secondi motivi aggiunti ed in particolare del progetto definitivo approvato con la Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica nella parte in cui ha inserito i ricorrenti nel piano particellare di esproprio e nel piano particellare delle occupazioni.

Quanto ai quarti motivi aggiunti:

dei medesimi atti impugnati con il ricorso principale, con i primi, i secondi ed i terzi motivi aggiunti ed in particolare:

- delle tavole del progetto esecutivo predisposte in seguito al progetto definitivo approvato con la Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, ed in particolare di quelle costituenti il sesto pacchetto del progetto esecutivo, riguardanti la Galleria G11 del Frassino e le opere interconnesse che interessano l'area in cui si trova la ricorrente, consegnato mediante chiavetta USB il giorno 19/12/2019 e depositate presso il sito del Ministero dell'Ambiente al fine di ottenere il giudizio di congruità del progetto esecutivo al progetto definitivo (doc. all. n. da 1 a 8 e da 12 a 23);

- delle relazioni depositate in giudizio da Cepav in data 20/11/2019 ed in specie del Piano delle demolizioni dell'Hotel Olioso (doc. all. n. 86) e della verifica di sicurezza strutturale demolizione Hotel Olioso (doc. all. n. 87).

Per quanto riguarda i (quinti) motivi aggiunti presentati 20\2\2020:

dei medesimi atti impugnati con il ricorso principale, con i primi, i secondi i terzi ed i quarti motivi aggiunti nonché:

- dell’allegato 24 al Secondo Atto Integrativo sottoscritto in data fra il Consorzio Cepav due e la società R.F.I. S.p.A.” (doc. all. n. 6 depositato dai ricorrenti il 20/09/2018) nella parte in cui ha omesso di indicare il coefficiente K indispensabile per determinare l’oggettiva incompatibilità degli immobili con la linea ferroviaria in costruzione;

- della tavola del sesto pacchetto del progetto esecutivo denominata “Aggiornamento Viabilità provvisoria di cantiere in località Frassino” depositata da Cepav Due presso il Ministero dell’Ambiente in data 31/01/2020 (doc. all. n. 1)

- dell’allegato 24 al Secondo Atto Integrativo sottoscritto in data fra il Consorzio Cepav due e la società R.F.I. S.p.A.” (doc. all. n. 6 depositato dai ricorrenti il 20/09/2018) nella parte in cui ha omesso di indicare il coefficiente K indispensabile per determinare l’oggettiva incompatibilità degli immobili con la linea ferroviaria in costruzione;

- della tavola del sesto pacchetto del progetto esecutivo denominata “Aggiornamento Viabilità provvisoria di cantiere in località Frassino” depositata da Cepav Due presso il Ministero dell’Ambiente in data 31/01/2020 (doc. all. n. 1)

Per quanto riguarda i sesti motivi aggiunti presentati il 1\10\2020 :

per l'annullamento

- del decreto n. 177 del 24 giugno 2020 con il quale il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territori e del Mare, nell’ambito della verifica di Attuazione, ex articolo 185, commi 6 e 7, del decreto legislativo 163/2006 - Fase II - ha approvato i pacchetti 4 – 5 – 6 del lotto costruttivo 1 del progetto esecutivo della linea Brescia – Verona AV/AC (doc. all. n. 1 – sesti motivi aggiunti);

- dell’allegato parere della Commissione tecnica di valutazione di impatto ambientale n. 3351 del 23 aprile 2020 (doc. all. n. 2 – sesti motivi aggiunti);

- del verbale di immissione in possesso del 15/07/2020, non conosciuto, delle aree di proprietà dell’Hotel Olioso, sulle quali i ricorrenti vantano un diritto di servitù (doc. all. n. 3 – richiesta di accesso agli atti - sesti motivi aggiunti);

- del decreto di esproprio, non conosciuto, delle aree di proprietà dell’Hotel Olioso, sulle quali i ricorrenti vantano un diritto di servitù (doc. all. n. 3 e 4 – richiesta di accesso agli atti - sesti motivi aggiunti).

 

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Programmazione e Coordinamento Politica Economi e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Consorzio Cepav Due (Consorzio Eni per L'Alta Velocità);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2023 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con ricorso spedito a notifica in data 14.5.2018 e depositato il giorno 25 successivo i signori Francesco Olioso e Federica Olioso, quest’ultima in proprio e quale titolare del Ristorante “Al Frassino” di Olioso Federica, impugnavano la deliberazione del C.I.P.E. (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) n. 42/2017 del 10 luglio 2017 - che aveva approvato il progetto definitivo relativo alla realizzazione della Linea Ferroviaria AV/AC Milano – Verona, tratta Brescia – Verona, lotto funzionale Brescia Est – Verona (escluso nodo di Verona) (doc. 1 ric.) e gli ulteriori atti connessi in epigrafe indicati.

I ricorrenti esponevano una complessa vicenda amministrativa e una articolata situazione di fatto afferenti alla struttura e all’area di pertinenza del suddetto ristorante sito nel Comune di Peschiera del Garda (VR), nelle immediate vicinanze delle aree interessate dai lavori per la realizzazione delle gallerie artificiali “Frassino Est e Ovest”, nell’ambito della suddetta Linea dell’Alta Velocità (opera strategica ai sensi della legge obbiettivo n. 443 del 2001).

In estrema sintesi (stante la lunghezza del ricorso di 60 pagine circa), la difesa di parte ricorrente riferiva che la signora Federica Olioso era proprietaria delle aree in cui sorge la struttura denominata “Ristorante Al Frassino”, nonché titolare dell’omonima azienda ivi gestita, mentre il signor Francesco Olioso ne è l’usufruttuario.

L’area di proprietà è ubicata nel Comune di Peschiera del Garda (VR) ed è identificata nel catasto terreni e fabbricati al foglio 14, mappali n. 138 (mq. 6069), n. 677 (mq. 2341), n. 663 (mq. 994), n. 675 (mq. 1968), n. 57 sub 4, n. 57 sub 5, n. 57 sub 9, n. 57 sub 10, n. 677 sub 1.

I beni sono pervenuti alla signora Olioso per donazione da parte del padre, con atto sottoscritto in data 12/07/2006, numero di repertorio 9076/2823 (doc. n. 13 ric.).

Il compendio immobiliare della sig.ra Olioso vene così descritto in ricorso:

- al piano interrato una struttura di oltre 1163 mq. destinata ad accessori del ristorante;

- al piano terra una struttura destinata a ristorante per grandi eventi dotato di tutta una serie di accessori; la superficie occupata dal ristorante è di circa 2800 mq. oltre 600 mq. di porticati;

- al primo piano una struttura di tipo alberghiero di circa 150 mq.;

- al secondo piano una seconda struttura di tipo alberghiero di circa 150 mq.;

- un’area destinata a parcheggio di circa 2700 mq.;

- un’area destinata a giardino di circa 5800 mq.

La descrizione del complesso immobiliare è più dettagliatamente contenuta nella perizia dell’ing. Naso, allegata da parte ricorrente (doc. n. 16).

La realizzazione della linea ferroviaria, anche senza la formale espropriazione dei beni di parte ricorrente, è destinata ad impattare fortemente sulla proprietà e sull’attività di ristorazione esercitata dai signori Olioso (con particolare riguardo alla organizzazione di banchetti, cerimonie e ricevimenti).

La fase realizzativa dell’opera strategica è stata preceduta da un lunghissimo iter amministrativo le cui fasi salienti possono così riassumersi:

- approvazione del progetto preliminare con delibera C.I.P.E. n. 120 del 5/12/2003;

- affidamento a contraente generale, individuato nel consorzio CEPAV DUE sulla base della convenzione stipulata dalla società TAV s.p.a. fin dal 1991;

- in data 26/09/2014 e 29/09/2014 venivano rispettivamente avviate le procedure di Verifica dell’Ottemperanza e di Valutazione di Impatto Ambientale relative alla Linea AV/AC Torino Venezia – Tratta Milano Verona Lotto Funzionale Brescia – Verona, anche al fine della partecipazione delle PP.AA. e dei soggetti privati interessati. Con parere n. 1767 del 17/04/2015, la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS, ai sensi dell’art. 165 del D.lgs. n. 163/2006, esprimeva parere positivo con prescrizioni;

- in data 05/02/2016, la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale, ai fini della verifica di ottemperanza alle prescrizioni di cui alla Delibera CIPE n. 120/2003, ha espresso parere positivo condizionato a determinate prescrizioni. Conseguentemente, con provvedimento n. DVA-DEC-2016-0000050 del 22/02/2016, il Ministero dell’Ambiente ha determinato la positiva conclusione dell’istruttoria di verifica di ottemperanza;

- i provvedimenti da ultimo citati venivano impugnati dalla parte odierna ricorrente e da numerosi altri soggetti, con ricorso collettivo dinnanzi al TAR Lazio (R.G. n. 5526/2016).

Con la sentenza n. 4295/2017, depositata in data 06/04/2017, questo TAR respingeva integralmente sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti successivamente proposti (rileva il Collegio che successivamente, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5719 del 5.10.2018, la quale fa stato anche nei confronti del Ristorante Al Frassino, ha definito l’appello dichiarando inammissibile il ricorso di I grado ed il ricorso per motivi aggiunti).

Si rammentano, in quanto rilevanti, i seguenti ulteriori passaggi:

- con D.P.R. del 14/03/2001 era stato a suo tempo approvato il Piano Generale dei Trasporti - sul quale il C.I.P.E. si era espresso con parere favorevole (delibera n. 1/2001) - nel quale veniva inserito il tracciato dell’AV/AC (lamentano i ricorrenti la mancata sottoposizione del Piano a VAS);

- il C.I.P.E., con la deliberazione n. 22/2016, disponeva la reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio per ulteriori 7 anni;

- dopo l’espressione dei pareri di legge il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con il decreto n. 0000251 del 23/09/2016 ha espresso il parere favorevole sulla compatibilità ambientale dell’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza del 13/11/2015, e quindi anche sul programma delle infrastrutture strategiche nel quale è compreso il progetto Alta Velocità per la tratta Brescia – Verona.

- in data 15/12/2016 l’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha espresso il proprio parere evidenziando talune criticità richiedenti integrazioni e/o modifiche sul progetto preliminare, ai sensi dell’art. 163, comma 2, del D. Lgs. n. 163/2006, applicabile “ratione temporis”;

- quindi il C.I.P.E. con la delibera n. 42 del 10.7.2017 qui impugnata, ha provveduto ad approvare il progetto definitivo della Linea Ferroviaria AV/AC Milano – Verona, Tratta Brescia Verona, Lotto funzionale Brescia Est – Verona, dichiarandone contestualmente la pubblica utilità.

2. Avverso l’approvazione del progetto definitivo sono insorti con il presente gravame i ricorrenti in epigrafe che, con il ricorso principale, hanno proposto i seguenti motivi di impugnazione:

1) Violazione degli artt. 3 e 6 della Legge n. 241/1990. Carenza di istruttoria e di motivazione. Contraddittorietà: i ricorrenti deducono che il progetto definitivo approvato con la delibera CIPE n. 42/2017 sarebbe illegittimo perché non avrebbe dato conto delle effettive occupazioni e demolizioni necessarie per la realizzazione dell’opera, né avrebbe valutato adeguatamente le conseguenze sul ristorante derivanti dalla cantierizzazione, dalla demolizione parziale dell’adiacente Hotel Olioso e dallo scavo della galleria GA11. La carenza di istruttoria, che avrebbe portato il General Contractor (CEPAV DUE) a sottovalutare gli effetti sui beni dei ricorrenti, inciderebbe pesantemente su tutta una serie di istituti previsti dalla legge, in primo luogo il diritto ad un equo indennizzo: non si può neppure discutere di indennizzo se il progetto non prevede alcuni beni dei ricorrenti tra quelli interessati dall’opera pubblica (lamentano in particolare i ricorrenti che nulla è previsto per il mappale n. 38, né per la demolizione parziale del ristorante);

2) Violazione dell’art. 93, 166, 167 e 169 del d. lgs. n. 163/2006. Illegittimità degli atti impugnati per manifesta illogicità e per travisamento dei fatti. Mancata valutazione delle insufficienze del progetto definitivo: il C.I.P.E. non poteva approvare il progetto definitivo con un grado di definizione e di incertezza chiaramente insufficiente rispetto ai parametri normativi richiesti dalle disposizioni citate, né poteva sopperire alle lacune progettuali, rinviando i contenuti del progetto definitivo al progetto esecutivo mediante la previsione di ben 309 prescrizioni che cambiano il progetto talvolta anche in modo radicale; le prescrizioni sarebbero, per quantità e qualità, la conferma delle lacune progettuali rimesse alla successiva fase della progettazione esecutiva, momento nel quale non saranno più espletabili le verifiche e i controlli (compresa la partecipazione pubblica) propri della fase anteriore;

3) Violazione dell’art. 20 d.P.R. n. 327/2001: con la censura in esame, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 20 T.U. Esproprizione affermando che la dedotta carenza di istruttoria del progetto definitivo (di cui al I motivo) “determinerà la fissazione di un’indennità provvisoria limitata”, con conseguente violazione del diritto degli interessati a concordare la eventuale cessione volontaria;

4) Violazione degli art. 6, commi 6 e 7 del d. lgs. n. 152/2006 e degli artt. 167 e 185 del d. lgs. n. 163/2006. mancato aggiornamento della valutazione di impatto ambientale e della verifica di assoggettabilità delle modifiche progettuali: la quantità e soprattutto la qualità delle prescrizioni imposte dal CIPE con la deliberazione n. 42/2017 avrebbero imposto l’aggiornamento della Valutazione di Impatto Ambientale. Solamente la volontà del Governo di approvare il progetto definitivo a tutti i costi ha consentito di sorvolare su tale “mastodontico vizio”. Lo stesso CIPE, per alcune prescrizioni, ha imposto la revisione della VIA. L’art. 6, comma 6 del D. Lgs. n. 152/2006 sottopone a verifica di assoggettabilità a VIA le modifiche o le estensioni dei progetti elencati nell'allegato II, II-bis, III e IV alla parte seconda del decreto, la cui realizzazione potenzialmente possa produrre impatti ambientali significativi e negativi. L’art. 6 comma 7 del D. Lgs. n. 152/2006 stabilisce i casi in cui la VIA deve essere effettuata e ricomprendere i progetti di cui agli allegati II e II-bis del decreto e le relative modifiche o estensioni qualora, all'esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi e negativi. Sia l’allegato II (punto 18) che l’allegato II-bis (punto h) impone la necessità di VIA per ogni modifica o estensione dei progetti elencati nell’allegato, anche se già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi. L’art. 167 comma 7 del D. Lgs. n. 163/2006 stabilisce: “Ove il CIPE disponga una variazione di localizzazione dell'opera in ordine alla quale non siano state acquisite le valutazioni della competente commissione VIA o della regione competente in materia di VIA, e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio o il Presidente della regione competente in materia di VIA ritenga la variante stessa di rilevante impatto ambientale, il CIPE […] dispone l'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e la rinnovazione della procedura di VIA sulla parte di opera la cui localizzazione sia variata e per le implicazioni progettuali conseguenti anche relative all'intera opera. La procedura di VIA è compiuta in sede di approvazione del progetto definitivo……”. Il CIPE, ad avvio dei ricorrenti, avrebbe “ben pensato di superare le disposizioni imposte dal D. Lgs n. 163/2006 con il meccanismo delle prescrizioni facendo venir meno qualsiasi disposizione che imporrebbe una valutazione complessiva dell’intera opera già predeterminata nei suoi contenuti”;

5) Violazione dell’art. 3-sexies, 6, 10, 14, 19, 23 e 24 del d. lgs. n. 152/2006: le 309 prescrizioni imposte dal CIPE modificano, talvolta in modo radicale, il progetto definitivo. Esse dovranno essere ottemperate con il progetto esecutivo che, tuttavia, non è soggetto ad alcuna procedura di partecipazione prevista dalla disciplina comunitaria e nazionale in materia di informazioni al pubblico;

6) Violazione dell’art. 184 del d. lgs. n. 163/2006 per mancata valutazione dell’opzione zero e delle opzioni alternative. Carenza di motivazione e grave travisamento dei fatti e dell’istruttoria: manca ogni previsione, nel progetto, della valutazione dell’opzione zero e delle opzioni alternative. Ritiene il ricorrente che il vizio possa essere fatto valere anche nei confronti del progetto definitivo. La localizzazione dell’opera non rappresenta e non esaurisce la cosiddetta opzione zero e neppure le opzioni alternative;

7) Violazione della Direttiva 2001/4 CE del 27 giugno 2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio, degli artt. 3-ter, 4, 6 e 11 del d. lgs. n. 152/2006, dell’art. 161 comma 1-quater del d.lgs. n. 163/2006: si contesta l’assenza della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) in quanto il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001 non è mai stato sottoposto a VAS e l’Allegato Infrastrutture al DEF – Novembre 2015 “ha ottenuto una VAS sostanzialmente negativa”;

8) con l’ottavo motivo si censura la modalità di realizzazione dell’opera, il suo frazionamento in più lotti funzionali e, successivamente, in più lotti costruttivi non funzionali, in assenza di un progetto definitivo complessivo;

9) con il nono motivo si contesta la carenza di istruttoria e motivazione in quanto il CIPE non avrebbe ottemperato al parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 16.12.2016: il C.I.P.E. avrebbe dovuto quantomeno motivare in ordine alle osservazioni espresse dal CSLP e consentire di comprendere perché tali motivazioni non meritavano di essere considerate;

10) Violazione dell’art. 185 comma 4 e 5 del d. lgs. n. 163/2006. Violazione dell’art. 5 del d. lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità ed irragionevolezza della motivazione della procedura di verifica di ottemperanza: si contesta la non conformità del progetto definitivo al progetto preliminare approvato con delibera CIPE n. 12/2003. L’illegittimità, che viziava il progetto preliminare, sarebbe rimasto non emendato e ciò sarebbe ulteriormente avvalorato e dimostrato dal parere del 16/12/2016 del Consiglio Superiore dei lavori Pubblici, che ha individuato contenuti tali da richiedere integrazioni o modifiche;

11) Violazione dell’art. 93 del d. lgs. n. 163/2006 e del D.M. 14 gennaio 2008 del Ministero delle Infrastrutture: l’art. 93 del D. Lgs. n. 163/2006 stabilisce: “Il progetto definitivo individua compiutamente […] gli studi e le indagini occorrenti, quali quelli di tipo geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico”. Il D.M. 14/01/2008 definisce le nuove norme tecniche per le costruzioni. Anche in relazione a norme tecniche determinanti, tutto è rinviato al progetto esecutivo al punto che con il provvedimento impugnato il C.I.P.E. stanzia 63 milioni di euro per l’adeguamento alle norme tecniche costruzioni 2008;

12) si contesta la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento in quanto la variante al progetto definitivo approvata con la deliberazione n. 42/2017 rischia di sottoporre i beni dei ricorrenti ad ulteriori impatti.

3. Si costituiva per resistere al ricorso il Consorzio CEPAV DUE in data 28.5.2018 e successivamente, in data 5.6.2018, unitariamente difese dall’Avvocatura Generale dello Stato, si sono costituiti: la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento programmazione e coordinamento politica economica, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

5. Con ordinanza n. 10189 del 2018 la Sezione accoglieva parzialmente l’istanza di accesso agli atti formulata da parte ricorrente ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a. e ordinava a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e CEPAV Due l’ostensione della documentazione richiesta e, in particolare, degli elaborati espressamente indicati nell’allegato 2 al Secondo atto integrativo sottoscritto tra Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e CEPAV Due nel giugno 2018.

4. Con i primi motivi aggiunti (dep. il 7.8.2018) i ricorrenti hanno proposto nuove censure contro la delibera CIPE 42/2017 (oggetto del ricorso principale) che ha approvato il progetto definitivo dell’opera, “nella parte in cui, a causa della carenza di istruttoria, non ha individuato i ricorrenti come soggetti sottoposti a procedura espropriativa” (primo motivo aggiunto) e, inoltre, non avrebbe considerato la presenza di “alcune servitù esercitate anche dal Ristorante al Frassino” che sono destinate ad essere compromesse “in modo irreversibile” dalla realizzazione del tracciato per l’alta velocità senza che sia chiaro se potranno essere ripristinate successivamente (secondo motivo aggiunto).

5. Con ordinanza n. 10189 del 2018 la Sezione accoglieva parzialmente l’ulteriore istanza di accesso agli atti formulata da parte ricorrente ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a. e ordinava a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e CEPAV Due l’ostensione della documentazione richiesta e, in particolare, degli elaborati espressamente indicati nell’allegato 2 al Secondo atto integrativo (AI) sottoscritto tra Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e CEPAV Due nel giugno 2018.

6. Con i secondi motivi aggiunti (dep. 30.1.2019) i ricorrenti hanno contestato il “progetto definitivo adeguato alle prescrizioni del CIPE” (Allegato 2 al Secondo Atto Integrativo tra RFI e Consorzio CEPAV DUE) oltre che alcune tavole del progetto esecutivo.

In particolare sono stati impugnati i medesimi atti già impugnati con il ricorso principale ivi compreso il progetto definitivo approvato con la Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 dal CIPE nella parte in cui: - il suddetto progetto definitivo è stato integrato con le modifiche progettuali in adempimento alle 309 prescrizioni imposte dal C.I.P.E. ed è stato consegnato ai ricorrenti in data 21 novembre 2018 in esito all’Ordinanza n. 10189/2018 del TAR per il Lazio (doc. n. 1 II mot. agg. - tavole del progetto definitivo); - delle tavole del progetto esecutivo predisposte in seguito al progetto definitivo approvato con la Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, limitatamente per le parti depositate in giudizio dal Consorzio Cepav il giorno 11 dicembre 2019 mediante dvd e con riserva di ulteriori motivi aggiunti che possono derivare dal deposito dell’intero progetto esecutivo consegnato in data 14 gennaio 2019 (doc. n. 2 – II motivi aggiunti – tavole del progetto esecutivo).

I ricorrenti denunciano la violazione delle prescrizioni 222, 226 e 250 della delibera CIPE 42/17 ad opera degli atti impugnati, affermando che “alla luce delle tavole del progetto esecutivo depositate dal CIPE gli obbiettivi posti dal CIPE non solo non sono stati rispettati ma la situazione è stata ulteriormente aggravata ed anche in modo rilevantissimo … di questo si è già detto nella descrizione delle modifiche apportate” (pp. 39-40).

I numerosi motivi di gravame proposti vengono di seguito riassunti nel rispetto del principio di sinteticità.

1) Violazione delle prescrizioni n. 222 e n. 226 contenute nella deliberazione n. 42/2017 del CIPE.

Tutte queste prescrizioni sono state imposte dal CIPE per dare maggiore tutela all’area del Santuario e per cercare di ridurre l’impatto dei cantieri e dei lavori. Alla luce delle tavole del progetto esecutivo depositate dal CIPE, ad avviso di parte ricorrente gli obbiettivi posti dallo stesso Comitato Interministeriale, non solo non sono stati rispettati, ma la situazione è stata anche ulteriormente aggravata in modo rilevantissimo. Parte ricorrente rinvia per l’esplicitazione delle censure alla descrizione delle modifiche apportate al progetto definitivo contenuta nella premessa in fatto del ricorso per motivi aggiunti.

2) Violazione della prescrizione contenuta nella relazione del progettista approvata con il progetto definitivo (punto 11.2.9). Violazione degli artt. 12, 13, 17, 20, 21 del d.P.R. n. 237/2001.

Deduce parte ricorrente che è stato previsto espressamente che, per gli immobili che pur non essendo espropriati subiscano una diminuzione di valore, perché posti in zone limitrofe alla linea ferroviaria, è stimata un’indennità pari al 100 % del valore di mercato dei fabbricati posti in una fascia compresa tra 0 a 30 metri dal confine dell’espropriazione. Analoga previsione è stata prevista nel progetto definitivo adeguato alle prescrizioni del CIPE. I ricorrenti, deducendo di trovarsi nella condizione descritta, lamentano il mancato inserimento della loro proprietà nel piano particellare di esproprio che di fatto li priverebbe dei diritti tipici dei soggetti espropriati, quali ad esempio la possibilità di un accordo bonario che consenta loro di decidere con tempi ragionevoli come riconvertire la propria attività.

3) Violazione degli artt. 3 e 6 della Legge n. 241/1990. Carenza di istruttoria e di motivazione. Contraddittorietà, irragionevolezza, travisamento dei fatti ed illogicità.

Con il terzo motivo dei secondi motivi aggiunti i ricorrenti lamentano una “macroscopica carenza di istruttoria” e l’asserita “contraddittorietà” degli elaborati progettuali che vorrebbe “confondere i ricorrenti”, deducendo in particolare che: a) “alcune tavole del progetto esecutivo” prevedrebbero l’occupazione dell’area di ingresso del Ristorante, confermando l’elaborato del Progetto definitivo approvato dal CIPE (figura a p. 42 non numerata, si tratta del doc. 6.6 del ricorso introduttivo) che indica tale occupazione; b) il progetto esecutivo avrebbe stravolto la viabilità nell’area, trasformando Via dei Frati in una pista di cantiere con la conseguenza che la stessa dovrebbe essere ampliata come indicato nell’elenco ditte (erroneamente definito “piano particellare” a p. 43) approvato dal CIPE, “investendo l’area a giardino del Ristorante” (p. 45); c) il Ristorante avrebbe dovuto essere inserito nel piano particellare di esproprio anche a causa della prevista demolizione dell’adiacente Hotel Olioso e dei dubbi che risulterebbero dalla relazione del prof. Mola circa tale intervento (p. 44); d) il “progetto definitivo adeguato alle prescrizioni del CIPE” avrebbe dovuto inserire i ricorrenti tra gli espropriati per tenere conto della “importante servitù” da loro vantata nell’area (p. 46); e) il mancato inserimento del “danno che riceve il Ristorante” nel piano particellare di esproprio violerebbe il diritto a “un equo indennizzo”.

4) Violazione dell’art. 93, 166, 167 e 169 del D.Lgs. n. 163/2006. Illegittimità degli atti impugnati per manifesta illogicità e per travisamento dei fatti. Mancata valutazione delle insufficienze del progetto definitivo.

Con il quarto motivo i ricorrenti ripropongono la censura già formulata al § 5.2 del ricorso introduttivo, con cui viene contestata la completezza del Progetto definitivo e il rinvio alla fase esecutiva (anche per il piano di cantierizzazione).

Deduce infine parte ricorrente che i vizi già denunciati nel ricorso principale avverso la delibera del CIPE approvativa del progetto definitivo debbano essere dedotti anche avverso gli atti impugnati con i motivi aggiunti qui esaminati.

7. Immediatamente dopo la notifica dei secondi, i ricorrenti hanno provveduto alla notificazione dei terzi motivi aggiunti, depositati anch’essi in data 30.1.2019, ove si impugnano ancora una volta i medesimi atti impugnati con il ricorso principale (e con i primi e secondi motivi aggiunti) e, in particolare, il progetto definitivo approvato con la Deliberazione n. 42/2017 del 10 luglio 2017 dal CIPE.

I motivi di gravame sono i seguenti:

1) il progetto definitivo adeguato alle prescrizioni del CIPE ed il progetto esecutivo sono illegittimi, per la parte in cui, senza che sia stato apposto il vincolo urbanistico, ha previsto nuove aree dei ricorrenti da sottoporre ad espropriazione e ad occupazione ed ha aggravato l’impatto ambientale;

2) esaminando le figure riportate nell’atto si può evincere che parte delle aree da occupare ed espropriare non hanno mai subito la dichiarazione di pubblica utilità. Pertanto i provvedimenti impugnati sono illegittimi;

3) i ricorrenti lamentano, di conseguenza, la mancata comunicazione di avvio del procedimento per “la maggiore area espropriata” (pag. 15);

4) con il quarto motivo dei terzi motivi aggiunti, i ricorrenti contestano il mancato ricevimento della comunicazione ex art. 17 TUE;

5) con il quinto motivo i ricorrenti propongono censura analoga a quella svolta nel secondo motivo dei primi motivi aggiunti criticando il difetto di istruttoria del progetto definitivo laddove non terrebbe conto della sussistenza di alcune servitù, né dei presunti danni che deriverebbero dalla loro compromissione, che non sarebbero stati in alcun modo considerati nel corso del procedimento nonostante la censura precedentemente svolta.

8. Con ordinanza dell’8.3.2019 n. 1592 il Collegio ha respinto la domanda cautelare riproposta dai ricorrenti anche con i motivi aggiunti, con la seguente motivazione: “Tenuto conto che dalla prospettazione della parte ricorrente in ordine alle esigenze cautelari si rileva allo stato un interesse di tipo prevalentemente patrimoniale, in termini di pregiudizio ventilato, seppure collegato a importanti esigenze inerenti alla possibilità dello svolgimento dell’attività aziendale e a una sua corretta programmazione;

Ritenuto che, nella comparazione tra l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera strategica e le ragioni di parte ricorrente, debba darsi, al momento, prevalenza al primo;

Ritenuto che, comunque, l’interesse privato sacrificato, ancorché recessivo, appare meritevole di massima considerazione, tenuto appunto conto dell’indicata incidenza delle modalità di realizzazione delle opere sull’attività aziendale e della gravità dei pregiudizi prospettati, e a tal fine si ravvisa l’opportunità che il Consorzio avvii una interlocuzione con il ricorrente al fine di verificare possibili soluzioni che minimizzino i pregiudizi per l’attività economica incisa dalla realizzazione delle opere”.

9. Con i quarti motivi aggiunti (depositati il 28.1.2020) i ricorrenti impugnano alcune “tavole” del “sesto pacchetto del progetto esecutivo” riguardanti la GA11 “che interessano l’area in cui si trova la ricorrente”, consegnate in sede di accesso il 19/12/19 e comunque “depositate presso il sito del Ministero dell’Ambiente” nonché le “relazioni depositate in giudizio da Cepav due in data 20/11/2019 ed in specie il Piano delle demolizioni dell’Hotel Olioso (doc. all. n. 86) e della verifica di sicurezza strutturale demolizione Hotel Olioso (doc. all. n. 87)” (pp. 5-6 quarti motivi aggiunti).

I motivi di impugnazione sono riassumibili come segue:

1) violazione ed errata interpretazione degli artt. 20 e 33 del d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 44 del d.p.r. n. 327/2001. Violazione del punto 11.2.9 della relazione del progettista: il progetto definitivo approvato dal CIPE prevedrebbe l’esproprio di alcune particelle per l’allargamento di Via dei Frati, l’occupazione delle aree poste all’ingresso del Ristorante, con previsione della demolizione di parte dell’immobile. Pertanto, “allo stato degli atti ufficiali”, il Ristorante dovrebbe essere considerato “per la fattispecie prevista dall’art. 33 del D.P.R. n. 327/2001 e cioè per l’esproprio parziale di un bene unitario” (pag. 45 ric.). Il Ristorante sarebbe inoltre da considerare comunque “soggetto ad esproprio” in base al punto 11.2.9 della “relazione del progettista” (“rectius” Relazione Generale di Tratta) e a quanto previsto nell’Allegato n. 24 al Secondo Atto Integrativo (II AI) tra RFI e il Consorzio (pp. 45-46 ric.);

2) violazione ed errata interpretazione dell’art. 8.4 del D.M. 17/01/2018 (norme tecniche per le costruzioni). Travisamento dei fatti e falsità dei presupposti: si contestano le relazioni depositate in giudizio dalla CEPAV DUE il 20/11/19, relative alla demolizione dell’Hotel Olioso (ns. docc. 86 e 87), le quali sarebbero viziate per carenza di istruttoria e violazione delle NTC 2018 in quanto non prevedrebbero l’adeguamento sismico dell’intero Ristorante Al Frassino in seguito alla demolizione del contiguo Hotel;

3) violazione degli artt. 3, 4, 5 e 6 della legge n. 241/1990 Travisamento dei fatti e falsità dei presupposti. Grave carenza e contraddittorietà dell’istruttoria: la relazione dell’ing. Beltrami (doc. 87) non avrebbe considerato gli effetti ai quali potrebbe essere sottoposto il troncone dell’Hotel Olioso non sottoposto a demolizione, né quelli che “l’instabilità di tale “moncone” potrebbe provocare sul Ristorante a causa del taglio di “tutti i solai, il tetto, i muri portanti ed i pilastri”;

4) violazione e falsa applicazione delle prescrizioni n. 7, 48, 49, 52,53, 60, 64 contenute nella deliberazione n. 42/2017 approvata dal CIPE. Violazione e falsa applicazione del piano di monitoraggio ambientale concordato con Arpa Veneto e Lombardia: parte ricorrente censura gli esiti del monitoraggio ambientale in quanto non sarebbero state eseguite misurazioni presso il Ristorante al Frassino che il Consorzio avrebbe sostituito individuando altri punti non significativi;

5) mancata ottemperanza alle prescrizioni n. 222 e n. 303 imposte dal CIPE con delibera n. 42/2017. Eccesso di potere per sviamento: dette prescrizioni, in sintesi, non sarebbero state rispettate in quanto: a) la modifica della modalità costruttiva lungo tutto il fronte del Santuario imposta dalla prescrizione 222 non sarebbe rispettata in quanto sarebbe stato previsto un tratto di pali trivellati di soli 43 metri non di fronte al Santuario (pp. 54-55); b) non sarebbe stata eliminata la commissione fra traffico privato e di cantiere (p. 55); c) non sarebbe stata ridotta la larghezza della pista di cantiere di fronte al Santuario (p. 55); d) non sarebbe stato eseguito il monitoraggio AO (p. 55); e) l’approfondimento e la verifica dei livelli di deformabilità delle strutture di sostegno agli scavi, imposto dalla prescrizione 303, “sono stati trattati” ma “i risultati cui è pervenuta Cepav e gli accorgimenti approntati per garantire la sicurezza del Ristorante non possono essere considerati come ottemperanza alla prescrizione imposta dal CIPE” per le ragioni indicate al § 3.4 della premessa di fatto (p. 55);

6) mancata ottemperanza alle osservazioni presentate dai ricorrenti nell’ambito della procedura di valutazione dell’impatto ambientale ed accolte dalla Commissione VIA: la verifica sismica sarebbe avvenuta solo a livello “teorico e con presupposti gravemente sbagliati” (p. 56) mentre la viabilità di cantiere nell’area sarebbe “addirittura aggravata e l’istituzione del senso unico su Via dei Frati renderà impossibile l’accesso e/o il recesso al Ristorante” (p. 57); l’indennizzo sarebbe stato previsto limitatamente al “corso dei lavori” (p. 57);

7) violazione dell’art. 93, 166, 167 e 169 del d. lgs. n. 163/2006. Illegittimità degli atti impugnati per manifesta illogicità e per travisamento dei fatti. Mancata valutazione delle insufficienze del progetto definitivo: censura già formulata nel secondo motivo del ricorso introduttivo e nel quarto dei II m.a., con cui viene contestata la completezza del progetto definitivo e l’impossibilità di rinviare alla fase esecutiva che sarebbe dimostrata dal contenuto del progetto esecutivo censurato;

8) violazione del principio di buona fede e correttezza previsti dall’art. 1337 del Codice Civile e dagli artt. 1 della legge n. 241/1990 e 97 della Costituzione: il Consorzio non avrebbe realmente partecipato alle trattative, non avendo considerato le “articolate proposte economiche” formulate dal Ristorante il Frassino ma utilizzando “escamotage” tecnici per evitare l’adeguamento sismico del Ristorante;

9) violazione dell’art. 26 del d. lgs. n. 495/1992, degli artt. 8, 9, 10, 11, 12, 16 e 17 del d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 7 della legge n. 241/1990: il motivo ha ad oggetto la pista di cantiere posta sul lato est della proprietà dei ricorrenti, posta a ridosso della ditta ARDA che non rispetterebbe le distanze previste dal Regolamento di esecuzione del codice della strada e creerebbe quindi una servitù sul Ristorante in mancanza di qualsiasi procedimento espropriativo.

10. Un ulteriore ricorso (il quinto) per motivi aggiunti è stato depositato dai ricorrenti in data 20.2.2020 allo scopo di impugnare: l’Allegato 24 al Secondo Atto Integrativo (di seguito anche “II AI”) sottoscritto fra il Consorzio Cepav due e la società R.F.I. S.p.A. (doc. 6 ric. dep. il 20/09/2018) nella parte in cui ha omesso di indicare il coefficiente K indispensabile per determinare l’oggettiva incompatibilità degli immobili con la linea ferroviaria in costruzione; la tavola del sesto pacchetto del progetto esecutivo denominata “Aggiornamento Viabilità provvisoria di cantiere in località Frassino” depositata da Cepav Due presso il Ministero dell’Ambiente in data 31.1.2020.

I tre nuovi motivi di gravame, in estrema sintesi, sono così riassumibili:

1) la mancata indicazione del coefficiente K nell’Allegato n. 24 al secondo Atto Integrativo CEPAV DUE e RFI non consentirebbe di predeterminare l’indennizzo forfettario spettante al Ristorante che ritiene di essere stato illegittimamente pretermesso da Cepav che non lo ha inserito neppure nel piano particellare di esproprio. In particolare, controparte richiama il punto 11.2.9 della Relazione generale di tratta che prevedrebbe l’indennizzo del 100% per gli immobili “posti in zone limitrofe alla linea ferroviaria” entro la fascia di 30 metri. L’impossibilità di determinare “gli oggettivi criteri espropriativi rende evidente il pericolo che applicando criteri di indennizzo scelti unilateralmente da Cepav, parte delle somme destinate dallo Stato agli espropri vengano introitati illegittimamente da Cepav” a causa della “mancata applicazione dei criteri espropriativi concordati tra le parti (cioè tra lo Stato, R.F.I. ed il General Contractor)”; sarebbero poi violati gli artt. 12, 13, 17, 20 e 21 del T.U. Espropriazioni in quanto “il comportamento di Cepav priva i ricorrenti dei diritti tipici dei soggetti espropriati”;

2) vengono impugnate le modalità adottate dal Consorzio Cepav Due per trasmettere il progetto esecutivo; ciò è avvenuto in modo frazionato senza una visione unitaria e con continue modifiche; l’Amministrazione avrebbe avviato i lavori di realizzazione del cantiere e della viabilità senza la “preventiva approvazione dell’intero progetto esecutivo”;

3) con il terzo e ultimo motivo i ricorrenti contestano la nota di aggiornamento della viabilità nell’area del Frassino inviata dal Consorzio al Ministero dell’Ambiente e alla CTVA il 27/1/20, affermando che la stessa si porrebbe in contraddizione con altri elaborati precedenti.

11. Con ordinanza n. 4016 del 25.5.2020 è stata nuovamente respinta dalla Sezione l’istanza cautelare reiterata da parte ricorrente sia con i quarti che con i quinti motivi aggiunti, in quanto il Collegio ha sottolineato che “l’opera interessata dall’istanza cautelare è una infrastruttura strategica” e considerato che “l’esito del bilanciamento della valutazione dei contrapposti interessi pubblici e privati il Collegio ritiene di non poter accogliere l’istanza cautelare, anche alla luce di quanto disposto dall’art. 125 c.p.a. in ordine alla preminenza dell’interesse nazionale alla realizzazione dell’opera e a fronte dell’interesse allegato da parte ricorrente di carattere prevalentemente economico”.

12. Con i sesti (ed ultimi) motivi aggiunti depositati in data 1.10.2020 i ricorrenti hanno impugnato i seguenti atti sopravvenuti:

- il decreto n. 177 del 24 giugno 2020 con il quale il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territori e del Mare, nell’ambito della verifica di attuazione, ex articolo 185, commi 6 e 7, del decreto legislativo 163/2006 - Fase II – ha approvato i pacchetti 4 – 5 – 6 del lotto costruttivo 1 del progetto esecutivo della linea Brescia – Verona AV/AC (doc. 1 sesti motivi aggiunti); il parere della Commissione tecnica di valutazione di impatto ambientale n. 3351 del 23 aprile 2020 (doc. 2 sesti motivi aggiunti); - il verbale di immissione in possesso del 15/07/2020, non conosciuto, delle aree di proprietà dell’Hotel Olioso, sulle quali i ricorrenti vantano un diritto di servitù; il decreto di esproprio, non conosciuto, delle aree di proprietà dell’Hotel Olioso, sulle quali i ricorrenti vantano un diritto di servitù.

I numerosi motivi di gravame sono sintetizzabili nei termini che seguono:

1) violazione delle prescrizioni n. 222 e 226 contenute nella deliberazione n. 42/2017 del CIPE: secondo i ricorrenti, il progetto esecutivo non avrebbe ottemperato alle prescrizioni 222 e 226 della delibera CIPE 42/17 sotto vari profili;

2) violazione della prescrizione contenuta nella relazione del progettista approvata con il progetto definitivo (punto 11.2.9). Violazione degli artt. 12, 13, 17, 20, 21 del d.p.r. n. 237/2001: i ricorrenti lamentano la violazione della “prescrizione contenuta nella relazione del progettista” che prevede un’indennità pari al 100% del valore di mercato dei fabbricati posti in una fascia compresa fra 0 e 30 m dalla nuova linea ferroviaria e (nuovamente) il mancato inserimento del proprio immobile tra quelli da espropriare in mancanza del quale i ricorrenti resterebbero privi “dei diritti tipici degli espropriati”, nonostante sia previsto un asservimento sull’ingresso ovest del Ristorante (area dell’Hotel Olioso sulla quale i ricorrenti vantano una servitù);

3) violazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 241/1990. Carenza di istruttoria e di motivazione. Contraddittorietà, irragionevolezza, travisamento dei fatti ed illogicità: lamentano carenza di istruttoria nel progetto esecutivo laddove esso conferma il progetto definitivo senza avere considerato il danno “gravissimo” subito dal Ristorante;

4) violazione dell’art. 93, 166, 167 e 169 del d. lgs. n. 163/2006. Illegittimità degli atti impugnati per manifesta illogicità e per travisamento dei fatti. Mancata valutazione delle insufficienze del progetto definitivo: il C.I.P.E. non poteva approvare il progetto definitivo con la previsione di ben 309 prescrizioni (si tratta della medesima censura già articolata nei secondi motivi aggiunti, 3^ motivo);

5) violazione ed errata interpretazione degli artt. 20 e 33 del d.p.r. n. 327/2001. Violazione ed errata interpretazione dell’art. 44 del d.p.r. n. 327/2001. Grave contraddittorietà dell’azione amministrativa. Violazione del punto 11.2.9 della relazione del progettista: si deduce che ai ricorrenti dovrebbe essere riconosciuto “lo status di soggetti espropriati o comunque soggetti da indennizzare ex art. 44” T.U. Espr. (la censura ripropone quanto già dedotto da parte ricorrente con il IV motivo dei secondi motivi aggiunti e, ancor prima, con il motivo n. 3 del ricorso introduttivo);

6) violazione ed errata interpretazione dell’art. 8.4 del D.M. 17/01/2018 (norme tecniche per le costruzioni). Travisamento dei fatti e falsità dei presupposti. Grave carenza e contraddittorietà dell’istruttoria: vengono nuovamente criticate le relazioni depositate in giudizio dal Consorzio il 20/11/19, relative alla demolizione dell’Hotel Olioso (docc. CEPAV DUE nn. 86 e 87), le quali sarebbero viziate per carenza di istruttoria e per violazione delle NTC 2018 in quanto non prevedrebbero l’adeguamento sismico dell’intero Ristorante al Frassino in seguito alla demolizione predetta;

7) violazione degli artt. 3, 4, 5 e 6 della legge n. 241/1990. Travisamento dei fatti e falsità dei presupposti. Grave carenza e contraddittorietà dell’istruttoria: i due edifici (il Ristorante e l’Hotel Olioso limitatamente al “moncone” rimasto in piedi) sono stati trattati separatamente e, laddove è stata fatta una valutazione degli effetti degli scavi, i tecnici di Cepav hanno assunto come riferimento il Ristorante Al Frassino (rappresentandolo ad una distanza di circa 20 metri) anziché assumere come riferimento la parte rimanente dell’Hotel Olioso che, invece, si trova nel pieno della fascia di pericolosità a causa dei movimenti del terreno e per le vibrazioni indotte dai lavori;

8) mancata considerazione delle osservazioni presentate dai ricorrenti nell’ambito della procedura di valutazione dell’impatto ambientale: si lamenta, in particolare, l’omessa verifica sismica in concreto, l’aggravamento della viabilità di cantiere nell’area perché “le tanto annunciate ottimizzazioni … sono solo fittizie e non servono” e la previsione dell’indennizzo solo “nel corso dei lavori”

9) violazione del principio di buona fede e correttezza previsti dall’art. 1337 del codice civile e dagli artt. 1 della legge n. 241/1990 e 97 della Costituzione: si propone nuovamente il motivo sub 8) dei IV m.a. (v. supra);

10) violazione dell’art. 26 del d. lgs. n. 495/1992, degli artt. 8, 9, 10, 11, 12, 16 e 17 del d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 7 della legge n. 242/1990: la pista di cantiere posta sul lato est della proprietà dei ricorrenti e posta a ridosso della ditta ARDA non rispetterebbe le distanze previste dal Regolamento di esecuzione del codice della strada e darebbe vita ad una servitù gravante sul Ristorante in mancanza di qualsiasi procedimento espropriativo (si tratta, in sostanza della riproposizione del nono motivo dei quarti motivi aggiunti);

11) violazione della prescrizione contenuta nella relazione generale di tratta approvata con il progetto definitivo (punto 11.2.9). Omessa indicazione del coefficiente K menzionato nell’allegato 24 al secondo atto integrativo sottoscritto fra il consorzio CEPAV DUE e la società R.F.I. S.p.a. nel giugno del 2018. Violazione degli artt. 12, 13, 17, 20, 21 del d.P.R. n. 327/2001: v. primo motivo dei quinti motivi aggiunti;

12) contraddittorietà della relazione depositata il 31/01/2020 con le altre tavole del progetto esecutivo depositate presso il Ministero dell’Ambiente. Travisamento dei fatti e dei presupposti (cfr. terzo motivo dei V motivi aggiunti): si impugna la nota di aggiornamento della viabilità nell’area del Frassino sostenendo che sarebbe contraddittoria rispetto agli elaborati precedenti;

13) violazione degli artt. 3, 6, 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241/1990 e degli artt. 11 e 16 del d.p.r. n. 327/2001. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione (censure avverso il verbale di immissione in possesso e dell’eventuale decreto di esproprio): i ricorrenti ripropongono espressamente i due motivi dei I motivi aggiunti (lamentando l’omessa comunicazione di avvio del procedimento per il mappale 138 del Fg. 14 e la compromissione di asserite servitù esercitate sul mappale 313 dello stesso Fg. 14 di proprietà del sig. Pierino Olioso);

14) violazione degli artt. 11, 15, 16, 20, 21, 23, 24, 25, 34, 49 del d.P.R. n. 327/2001. Illegittimità dell’immissione in possesso e dell’eventuale decreto di esproprio delle aree di proprietà dell’Hotel Olioso, sulle quali i ricorrenti vantano un importante diritto di servitù nonché dell’immissione in possesso delle aree di proprietà dei ricorrenti: si lamenta che vi sarebbe stata “l’immissione in possesso delle aree di proprietà dei ricorrenti” in contrasto con quanto sarebbe stato dichiarato finora dal Consorzio e in violazione degli artt. 20, 21, 23, 24 e 49 TUE; anche l’immissione in possesso per le aree del sig. Pierino Olioso sarebbe illegittima perché avvenuta senza preavviso ai ricorrenti.

13. Con ordinanza n. 2646 del 2021, all’esito della camera di consiglio del 26.2.2021, la Sezione si pronunciava sulla istanza di accesso agli atti ai sensi degli artt. 116, commi 1 e 2 e 63, comma 2, c.p.a., presentata da parte ricorrente unitamente ai sesti motivi aggiunti e, preso atto di quanto nel frattempo consegnato dal Consorzio Cepav Due e di quanto ammesso al riguardo dalla difesa dei ricorrenti (con memoria depositata il 19.2.2021), ha dichiarato cessata la materia del contendere per quanto riguarda l’azione ex art. 116, comma 2, c.p.a.

14. Successivamente, all’esito della pubblica udienza del 2 luglio 2021, la Sezione ha emesso l’ordinanza n. 9367/2021 con la quale - avendo rilevato che tra i motivi di ricorso era stata dedotta la carenza di istruttoria rispetto agli effetti dei lavori così come progettati sulla struttura del Ristorante dell sig.ra Olioso Federica nonché il mancato rispetto dei prescrizioni n. 222 e n. 226 inserite in sede di approvazione del progetto definitivo - ha ritenuto di disporre una verificazione in ordine all’adeguatezza del progetto e alle modalità realizzative per quanto riguarda “l’aspetto strutturale, sismico e ambientale del Ristorante, in considerazione peraltro della previsione della demolizione dell’Hotel Olioso, della realizzazione della galleria e degli altri interventi previsti per la realizzazione del progetto, nonché sul rispetto delle indicate prescrizioni, nominando verificatore il Responsabile dell’Agenzia Regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile dell’Abruzzo, con possibilità di delega a un dirigente, funzionario o tecnico dell’Agenzia dotato di idonee competenze”.

A seguito dell’indisponibilità manifestata dalla predetta Agenzia Regionale, la Sezione ha reiterato nei confronti di altri enti pubblici la richiesta di verificazione tecnica sulle problematiche dedotte (in primis con riferimento alla stabilità della struttura edilizia del ristorante nella parte non demolita). Tuttavia anche le successive ordinanze volte a tale scopo (n. 1850/2022 e n. 7836/2022) sono rimaste senza esito in quanto gli Uffici pubblici all’uopo interpellati hanno rappresentato a questo Tribunale, a vario titolo, ostacoli organizzativi e carenze di personale professionalmente idoneo ad espletare l’incarico (cfr. nota del 4.11.2021 della Regione Abruzzo - Agenzia Regionale di Protezione Civile; successiva nota del 30 marzo 2022 del Genio Civile di Messina).

Non ha poi avuto miglior esito la successiva nomina di un Dipartimento universitario, tentata dalla Sezione con l’ordinanza n. 7836/2022, stante l’indisponibilità manifestata dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano, con nota del 12 luglio 2022.

Da ultimo, preso atto di quanto precede, con l’ordinanza n. 12894 dell’11.10.2022 la Sezione ha ritenuto di raccogliere gli elementi istruttori e di valenza tecnica ritenuti utili alla decisione addossando il relativo onere ai tecnici che ciascuna parte avrebbe avuto l’onere di nominare autonomamente e le cui relazioni tecniche sarebbero state depositate nel rispetto dei termini assegnati.

Le informazioni e le valutazioni richieste alle parti (mediante i rispettivi consulenti) hanno rispettivamente riguardato i seguenti punti:

A) adeguatezza “in parte qua” del progetto definitivo relativo alla realizzazione della Linea Ferroviaria AV/AC Milano – Verona, Tratta Brescia– Verona: lotto funzionale Brescia Est – Verona (escluso nodo di Verona) e delle modalità realizzative, per quanto riguarda l’aspetto strutturale, sismico e ambientale del Ristorante “Al Frassino” con sede in Via dei Frati 3, Peschiera del Garda (VR), in considerazione della demolizione (ormai avvenuta) dell’adiacente Hotel “Olioso”, della realizzazione della sottostante galleria e degli altri interventi previsti per la realizzazione del progetto nelle strette vicinanze della struttura, nonché sul rispetto delle indicate prescrizioni;

B) effetti della realizzazione della tratta AV/AC, secondo le modalità progettate, sui beni dei ricorrenti, con particolare riferimento alle esigenze di sicurezza, stabilità e adeguatezza alla normativa antisismica dell’immobile utilizzato come Ristorante, in cui i ricorrenti svolgono l’attività, anche indicando nello specifico se tale realizzazione, così come prevista, comporti oggettivi problemi di statica per l’edificio e/o la necessità di adeguamento antisismico della struttura;

C) prospettiva concreta che l’attività di ristorazione possa essere proseguita senza pericolo per l’incolumità dei soggetti che vi stazionano e che vi si recano;

D) ragionevoli effetti, dipendenti dalla vicinanza del cantiere, della produzione di polveri, rumori, vibrazioni e altre immissioni, sulla salubrità dei luoghi e la compatibilità con la prosecuzione dell’attività del ristorante;

E) eventuali misure concrete ulteriori, rispetto a quelle già adottate o comunque programmate, che il General Contractor o R.F.I. potrebbero/dovrebbero adottare per evitare eventuali problemi di staticità dell’immobile o le precauzioni nel caso di prosecuzione dell’attività del Ristorante;

F) recepimento nel progetto esecutivo delle prescrizioni n. 222 e n. 226 inserite in sede di approvazione del progetto definitivo;

I ricorrenti, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile e il Consorzio CEPAV DUE hanno nominato i propri rispettivi consulenti tecnici i quali hanno eseguito un sopralluogo congiunto, al quale è seguito lo scambio e il deposito delle relazioni tecniche e delle repliche, oltre che di copiosa documentazione da parte dei rispettivi tecnici di parte, nel rispetto dei termini assegnati da questo Collegio.

Dei diversi elementi di fatto raccolti e delle relazioni dei tecnici il Collegio terrà motivatamente conto nella disamina delle censure ricorsuali.

15. In vista della pubblica udienza, nel termine di cui all’art. 73, comma 1, c.p.a., replica parte ricorrente e Consorzio CEPAV DUE hanno prodotto articolate memorie conclusionali e successive note di replica.

16. Alla pubblica udienza del 10 maggio 2023, uditi per la parte ricorrente l’Avv. R.F. Scappini, per la parte controinteressata Consorzio CEPAV Due l’Avv. J. Sanalitro e per l'Amministrazione resistente l’Avvocato dello Stato Maria Letizia Guida, la causa è stata assunta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. Perviene alla decisione di questo Collegio il ricorso in epigrafe, integrato da n. 6 motivi aggiunti, proposto dai ricorrenti avverso una eterogenea sequenza di provvedimenti, atti e “documenti tecnici” e, in primo luogo, avverso la delibera CIPE n. 42/17 di approvazione del progetto definitivo della nuova Linea ferroviaria AV/AC (Alta Velocità) Milano-Verona, con riguardo alla Tratta Brescia-Verona

Con i sesti (e ultimi) motivi aggiunti i ricorrenti hanno impugnato, infine, il decreto del Ministero della Transizione Ecologica (già Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – MATTM) n. 177 del 24/6/20 che ha concluso positivamente, previo parere n. 3351 del 23/4/20 della Commissione tecnica di valutazione dell’impatto ambientale VIA e VAS (nel prosieguo CTVA), la verifica di attuazione ex art. 185, commi 6 e 7, d.lgs. 163/06 su parte del Progetto Esecutivo dell’opera.

Secondo l’assunto di fondo di parte ricorrente la realizzazione dell’opera e, in particolare, della galleria artificiale GA11 “Madonna del Frassino” nelle immediate vicinanze degli immobili di proprietà, pertinenti al Ristorante Al Frassino di proprietà della Sig.ra Olioso Federica, anche se non ha determinato formale espropriazione dei beni, è destinata ad impattare (e, anzi, ha ormai impattato) fortemente sulla fruizione della proprietà e sull’attività di ristorazione esercitata dai signori Olioso (con particolare riguardo alla organizzazione di banchetti, cerimonie e ricevimenti, oltre che all’attività alberghiera svolta presso la medesima struttura).

Detto Ristorante, pur non essendo formalmente soggetto ad espropriazione, né ad occupazione, secondo l’assunto ricorsuale “vedrà distrutta la propria attività aziendale e compromessa definitivamente la propria struttura che perderà qualsiasi valore di mercato” (vedi ricorso principale, pag. 8).

Al di là e a prescindere dai profili indennitari rientranti nella giurisdizione del G.O., secondo i ricorrenti è la stessa legittimità della deliberazione CIPE di approvazione del progetto definitivo ad essere in gioco, in quanto essa ha determinato la dichiarazione di pubblica utilità.

Inoltre la demolizione dell’Hotel Olioso, posto lungo la progettata linea ferroviaria AV e adiacente al Ristorante (la demolizione è stata in effetti eseguita in corso di causa, stante il rigetto delle istanze di sospensiva avanzate dai ricorrenti), ha avuto, ad avviso di parte ricorrente, inevitabili ripercussioni sulla struttura della porzione (“troncone”) dell’edificio non demolita e sullo stesso immobile del Ristorante e sulla resistenza di essi ad eventuali sismi.

2. L’elevato numero di motivi proposti e il carattere ripetitivo di alcuni di essi impongono al Collegio una disamina analitica del ricorso introduttivo e dei sei motivi aggiunti proposti al fine di vagliarne l’ammissibilità e, quindi, se del caso, la fondatezza, anche alla luce delle eccezioni in rito e di merito opposte dalle parti resistenti.

3. Secondo quanto asserito nel primo motivo di ricorso dai signori Olioso (v. supra) il progetto definitivo approvato sarebbe illegittimo per carenza di istruttoria in quanto avrebbe previsto soltanto una limitata occupazione delle aree di loro proprietà, senza dare conto delle effettive occupazioni e demolizioni necessarie che invece avrebbero dovuto essere definite già a livello di progetto preliminare come avrebbe confermato il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (d’ora in avanti CSLP). In particolare: il piano particellare di esproprio prevedrebbe soltanto una parte dei mappali 406 e 410 “che fanno parte della Strada dei Frati” mentre “nulla è previsto per il mappale 38, né per la demolizione parziale del ristorante”; la demolizione dell’Hotel Olioso danneggerebbe (indebolendolo sul piano strutturale e della resistenza ad eventuali terremoti) anche il Ristorante in quanto adiacente al primo e ad esso collegato da un unico solaio (pag. 7 e 9). L’istruttoria inadeguata ha del tutto omesso o, comunque, sottostimato la valutazione dell’impatto delle lavorazioni e dell’opera finita sull’immobile e sull’attività imprenditoriale ivi svolta (nel ricorso, in premessa, si puntualizzano i numerosi difetti della progettazione definitiva che andrebbero ad incidere negativamente sulla proprietà, sulla fruizione della stessa e sull’attività di ristorazione ivi esercitata).

Il tema, alquanto complesso in punto di fatto, ha indotto il Collegio ad adottare l’ordinanza istruttoria n. 12894/2022 sopra menzionata (contenente invito alle parti al deposito di deduzioni e allegati tecnici) la quale, con il quesito A, ha richiesto deduzioni tecniche in merito alla “A) adeguatezza “in parte qua” del progetto definitivo relativo alla realizzazione della Linea Ferroviaria AV/AC Milano – Verona, Tratta Brescia– Verona: lotto funzionale Brescia Est – Verona (escluso nodo di Verona) e delle modalità realizzative, per quanto riguarda l’aspetto strutturale, sismico e ambientale del Ristorante “Al Frassino” con sede in Via dei Frati 3, Peschiera del Garda (VR), in considerazione della demolizione (ormai avvenuta) dell’adiacente Hotel “Olioso”, della realizzazione della sottostante galleria e degli altri interventi previsti per la realizzazione del progetto nelle strette vicinanze della struttura, nonché sul rispetto delle indicate prescrizioni”.

3.1. Il Collegio, alla luce dell’istruttoria svolta, non ritiene il primo motivo infondato.

3.2. Va preliminarmente affermato, con indicazione da ritenere estesa a tutte le censure proposte avverso i contenuti e le lacune del progetto, che tali aspetti vanno esaminati nell’ambito di un giudizio, come il presente, che è di carattere impugnatorio e concerne, perciò, soltanto la legittimità dei provvedimenti con i quali è stato approvato il progetto della nuova Linea AV/AC, senza che la cognizione di questo Giudice possa estendersi (per il necessario rispetto dovuto ai limiti della propria giurisdizione) a lesioni dei diritti della parte privata, discendenti dalle concrete modalità esecutive dell’opera oppure dall’esercizio della Linea ferroviaria AV/AC una volta realizzata.

3.3. Ciò premesso e venendo ora all’esame delle censure contenute nel primo motivo di ricorso, si osserva in primo luogo che il CTP del Consorzio ha dimostrato in modo convincente e documentato (pagg. 2 e ss. relazione 15/03/2023; parr. 3.6 e 3.8, pagg. 11 e ss. note di replica 10/04/2023; pag. 2.1 e 2.2, pagg. 2 e ss. controdeduzioni, doc. 149) che il progetto definitivo approvato dal CIPE conteneva anche la relazione generale relativa alla galleria artificiale GA11 nella quale si analizzavano gli aspetti geologici e idrogeologici, geotecnici e idraulici dell’opera e si esaminavano gli effetti della sua realizzazione sugli immobili e sulle costruzioni posti lungo il tracciato da costruire; si prevedeva, infatti, la realizzazione di diverse tipologie di opere provvisionali di sostegno agli scavi (palancole, diaframmi tirantati e berlinesi di micropali), in base alle differenti caratteristiche delle zone attraversate (cfr. doc. 2, doc. 2 all.ti 1 e 5, doc. 95, doc. 95 all. 2).

In particolare in corrispondenza dell’area ove è situato il Ristorante Al Frassino sono state previste opere provvisionali dirette a limitare il più possibile le vibrazioni in fase di esecuzione.

Ulteriori raccomandazioni da seguire nella successiva fase del progetto esecutivo sono state dettate poi dalla relazione geotecnica per approfondire lo studio delle fasi costruttive.

A ciò si aggiungono, per quanto di interesse della ricorrente, le prescrizioni 18, 222, 224, 250 e 303 specificamente dettate dal CIPE in sede di approvazione del progetto definitivo e successivamente recepite nel progetto esecutivo ai sensi dell’art. 169 d.lgs. 163/2006.

Infondata si è poi rivelata la descrizione della cantierizzazione e delle modalità esecutive dei lavori riportata nel ricorso in quanto, come evidenziato nella prima relazione tecnica del Consorzio CEPAV DUE (doc. 2), nessuna area di pertinenza del Ristorante (né l’ingresso, né il porticato) sarebbe stata occupata.

L’ottemperanza alla prescrizione n. 222 della delibera CIPE 42/17 – che recepisce le richieste del Ministero dell’Ambiente, della Regione Veneto e del Comune di Peschiera del Garda (cfr. l’accordo del 24.10.16, doc. 20 CEPAV) – ha determinato un “forte ridimensionamento delle aree interessate dai lavori” (cfr. pp. 3 e ss. della relazione tecnica Cepav Due, doc. 2), mediante : – “inserimento di elementi protettivi e di schermatura visiva a specchio, con funzione fonoassorbente e di contenimento dell’impatto per le polveri”; – forte “riduzione della rotatoria di cantiere di incrocio tra pista e strada di accesso al cantiere L.5.L.1, con riduzione del numero dei cipressi rimossi”; rotatoria del tutto eliminata e sostituita da un innesto a T sulla Strada dei Frati, come risulta dal confronto fra le tavole 1 e 2 alle pp. 3-4 della relazione tecnica citata.

Come convenuto, poi, nell’accordo con il Comune di Peschiera del Garda allegato alla delibera della Giunta della Regione Veneto n. 655/2017 (riportata a p. 26 dello stesso ricorso), l’accesso principale al cantiere L.5.L.1 è stato assicurato mediante una nuova bretella stradale in località Dolci nei pressi di colle Baccotto (v. prescrizione n. 226) e quindi non ha più riguardato l’immobile dei ricorrenti.

La nuova viabilità, in via previsionale, è stata dunque spostata a nord dell’abitato di Dolci, “riducendo fortemente il traffico dei mezzi di cantiere sulla Strada dei Frati su cui insistono i due accessi al ristorante” che “manterrà, senza alcuna interruzione, entrambi gli accessi attuali” (cfr. pp. 1-2 relazione tecnica Cepav Due, doc. 2).

Infondato si è rivelato altresì il timore dei ricorrenti per il lamentato “enorme scavo di sbancamento” (p. 9 ricorso), in quanto, come emerso in corso di causa, il progetto definitivo già prevedeva la realizzazione di adeguate opere provvisionali per il sostegno degli scavi nel tratto in prossimità del Ristorante. Quanto, invece, alla notevole “quantità di mezzi d’opera che avrebbero impegnato la minuscola via dei Frati” (p. 9 ricorso) si è poco sopra osservato che, in ottemperanza alle prescrizioni della delibera CIPE n. 42/17, la Strada dei Frati sarebbe stata interessata da pochi mezzi di cantiere (destinati a circolare solo a senso unico), dirottati verso la pista in fregio al sedime ferroviario e sulla nuova strada che di collegamento tra il cantiere L.5.L.1 e via Mantova e sulle piste ad est del fiume Mincio.

Può dunque dirsi che i timori sollevati da parte ricorrente sui punti sopra passati in rassegna si sono rivelati infondati, anche in considerazione delle ottimizzazioni successivamente intervenute e delle attività poste in essere dalla CEPAV DUE in ottemperanza alle prescrizioni che hanno interessato l’area de qua.

In particolare assumono rilevanza le “ottimizzazioni progettuali” introdotte dal Consorzio Cepav Due, in seguito alle interlocuzioni avviate con i ricorrenti su invito della Sezione (ordinanza n. 1592 dell’8 marzo 2019), che hanno recepito le osservazioni dagli stessi inviate a suo tempo (docc. 35 e 111 Cepav due) e sono state sottoposte con nota del 27 gennaio 2020 (doc. 95, all. 1 Cepav due) al Ministero dell’Ambiente che si è pronunciato favorevolmente con provvedimento prot. n. 177/2020, previo parere positivo della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale – VIA e VAS n. 3351/2020 (docc. 107 e 108 Cepav due).

Si deve prendere atto, altresì, della variante M16 (“Sistemazione viabilità nell’area del santuario Madonna del Frassino nel comune di Peschiera del Garda, originata dal 4 recepimento delle prescrizioni CIPE n. 222 e 224”) – che contempla la realizzazione della nuova rotatoria su Via Gonzaga come da prescrizione n. 222 e la risistemazione dell’area a verde sul sedime della galleria artificiale con fruizione pubblica come da prescrizione n. 224 – sulla quale il Ministero dell’Ambiente si è pronunciato positivamente con provvedimento n. 93/2021, previo parere favorevole n. 67/2021 della Commissione (docc. 122 e 123 Cepav due), che i ricorrenti non hanno impugnato.

Giova menzionare, infine, quanto di recente accertato in sede civile, con la sentenza n. 225/2023 dalla Corte d’Appello di Venezia - adita dagli stessi ricorrenti (contro RFI e il CIPE) per ottenere l’indennizzo da reitera del vincolo - secondo la quale “in conseguenza della vicinanza della rete ferroviaria, … non vi sarà una perdita di valore dell’immobile a lavori ultimati, posto che “la linea ferroviaria nel tratto di interesse sarà totalmente in galleria, per cui, al termine dei lavori, l’ambito in esame dovrà risultare, secondo le indicazioni di progetto, integralmente ripristinato nella situazione attuale, quindi con soluzioni non peggiorative, in quanto l’ambito ora occupato dall’Albergo Olioso sarà recuperato a verde, vi sarà anche il ripristino della piazzola di sosta a margine dell'autostrada A4, con collegamento al Santuario del Frassino ed al ristorante di parte attrice; … la realizzazione dell’opera in galleria interrata non comporterà … una limitazione alla visuale, e nemmeno un eventuale danno da inquinamento ambientale (atmosferico o per rumore), salvo che ovviamente l’opera non venga realizzata a regola d’arte e con rispetto dei criteri tecnici previsti per l’abbattimento e/o contenimento di vibrazioni e rumori. In tale caso si produrranno comunque danni conseguenti ad una diversa fattispecie da quelli in esame”.

3.4. In merito alla demolizione parziale dell’Hotel Olioso, completamente ultimata in corso di causa, va detto in primo luogo che la censure in disamina (proposte ben prima dell’esecuzione della demolizione, avvenuta nel 2021) attengono alla approvazione del progetto definitivo rispetto al quale non sembra potersi pretendere dal soggetto esecutore qualcosa di più, nella previsione progettuale, dell’assunzione dell’impegno ad eseguire l’operazione con modalità tali da consentire al corpo di fabbrica rimanente di conservare lo stesso sistema strutturale e da ridurre al minimo la necessità di eventuali opere di adeguamento strutturale.

Le modalità esecutive sono da definire in una fase successiva, anteriore all’avvio dei lavori di demolizione (il che è ciò che è in effetti avvenuto nella specie).

Ci si deve quindi porre idealmente in una dimensione temporale “ex ante” rispetto all’opera, perimetrata dal solo progetto definitivo (in una fase in cui non si ha ancora quello esecutivo) ed esaminare, soltanto in questa prospettiva, quanto avvenuto “ex post” con l’esecuzione della demolizione di parte dell’Hotel (non di proprietà, si rammenta, delle persone fisiche qui ricorrenti).

Discende da ciò che ipotetici errori in fase di definizione delle modalità attuative e, quindi, di esecuzione dell’intervento demolitorio, non possano riflettersi “retroattivamente” sul progetto definitivo che, nella specie, aveva rimesso alla fase successiva la determinazione di tali modalità.

Ciò precisato il Collegio, dall’esame e dal raffronto delle rispettive relazioni dei CTP depositate il 10.4.2023, ritiene di assumere quanto segue:

i) la relazione del CTP dei ricorrenti contesta e, in ogni caso, ritiene non provata la presenza del giunto tecnico fra il corpo di fabbrica del 1967 e gli ampliamenti successivi: il giunto è l’elemento che, nella tesi delle resistenti, serviva a rendere indipendenti i due corpi di fabbrica (Ristorante e Hotel) escludendo, di conseguenza, la necessità di procedere all’adeguamento sismico del Ristorante;

ii) va detto però che la presenza del giunto è indicata espressamente negli elaborati depositati dalla proprietà al Genio civile e che la sua eventuale eliminazione in fase costruttiva avrebbe dovuto essere riportata negli elaborati perché avrebbe comportato l’alterazione del progetto originario;

iii) che l’ampiezza del giunto, coerente con quanto riportato negli elaborati, non sarebbe adeguata ad evitare il fenomeno del “martellamento” è affermazione rimasta indimostrata in quanto non sorretta da calcoli né da “informazioni tali da descrivere compiutamente il comportamento strutturale del complesso di fabbricati di cui trattasi” (relazione CTP CEPAV);

iv) in ogni caso deve ritenersi che la conseguenza di tale assunto (ove fosse stato provato) non sarebbe l’adeguamento sismico dell’intero Ristorante ma soltanto l’adeguamento della larghezza del giunto stesso;

v) le conclusioni a cui perviene il CTP dei ricorrenti in merito al rischio sismico non appare corredata da evidenze documentali (la presunta inesistenza del giunto si fonda su una serie di immagini, riportate a pag. 23 della relazione del CTP dei ricorrenti che non sembrano sufficienti a dimostrare l’assenza del giunto);

vi) la mera realizzazione di due fabbricati in aderenza non significa necessariamente che gli stessi siano fisicamente collegati fra loro.

Può quindi dirsi che: a) il vizio dedotto in ordine alle modalità della demolizione dell’Hotel Olioso (con particolare riguardo alla necessità di opere di consolidamento sismico coinvolgenti l’intero fabbricato del Ristorante) non può riferirsi al progetto definitivo ma al solo progetto esecutivo redatto e approvato in corso di causa; ne consegue che tale vizio non può logicamente determinare l’annullamento della deliberazione del CIPE in questa sede impugnata; b) in ogni caso è rimasto indimostrato anche “ex post”, dopo l’esecuzione della demolizione, il rischio paventato dai ricorrenti e la connessa necessità di opere ulteriori di consolidamento statico.

Il motivo è dunque da respingere anche sotto questo specifico (ma rilevante) profilo.

3.5. Con il secondo motivo del ricorso, come visto, si deduce che il C.I.P.E. non avrebbe potuto approvare il progetto definitivo con un grado di definizione e di incertezza del tutto insufficienti rispetto ai parametri normativi richiesti dalle disposizioni in materia, né avrebbe potuto sopperire alle lacune progettuali, rinviando i contenuti del progetto definitivo al progetto esecutivo mediante la previsione di ben 309 prescrizioni che cambierebbero il progetto, in certi punti, anche in modo radicale; in altri termini le prescrizioni confermerebbero le lacune progettuali la cui soluzione è rimessa alla successiva fase della progettazione esecutiva.

Questo Collegio muove dal principio che le scelte progettuali dell’Amministrazione in ordine alla realizzazione di opere pubbliche, e, conseguentemente, anche di infrastrutture strategiche, risultano connotate da un alto grado di discrezionalità tecnica e dalla considerazione di un elevato numero di fattori. La vigente normativa, inoltre, prevede l’introduzione di prescrizioni da parte del CIPE in sede di approvazione del progetto definitivo, così come una successiva fase di verifica del rispetto delle prescrizioni introdotte.

Censure di analogo tenore sono state, invero, già esaminate da questa Sezione con le sentenze n. 14018 del 6.12.2019, n. 13217 del 18.11.2019, n. 2141 del 18.2.2019, le quali hanno respinto altri ricorsi a suo tempo proposti contro la stessa delibera CIPE n. 42 del 10 luglio 2017.

La Sezione, in tali occasioni, ha ritenuto che “la vigente normativa … prevede l’introduzione di prescrizioni da parte del CIPE in sede di approvazione del progetto definitivo, così come una successiva fase di verifica del rispetto delle prescrizioni introdotte. Anche a livello giurisprudenziale è stata affermata la possibilità di inserire prescrizioni nel progetto definitivo … il solo numero delle prescrizioni non è indicativo del superamento dei limiti della possibilità di apporre prescrizioni” (Sez. I-bis, 06/12/2019, n. 14018).

Più recentemente la Sezione ha anche affermato che “…dal tenore letterale dell’art. 169, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, la possibilità di inserire prescrizioni in sede di approvazione del progetto definitivo, non solo è ammissibile, ma a volte si rende necessaria” (TAR Lazio-Roma, Sez. I-bis, 27/07/2022, n. 10673; Sez. I-bis, 08/08/2022, n. 11112).

Sulla stessa linea si colloca il Consiglio di Stato secondo il quale “è la stessa articolazione dell’attività di progettazione delle opere pubbliche in progressive fasi di approfondimento tecnico a rendere fisiologica la successiva integrazione dei diversi elaborati progettuali con elementi di maggiore specificità e dettaglio, non avendo altrimenti significato la previsione di distinti momenti e livelli progettuali, ove fosse fin da subito prevista tutta la conformazione possibile dell’opera. Per quanto specificamente riguarda le infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, secondo la normativa “ratione temporis” applicabile alla fattispecie, la possibilità di inserire prescrizioni in sede di approvazione del progetto definitivo è del tutto fisiologica e, comunque, espressamente disciplinata”.

Ove si volesse ragionare in termini divergenti si arriverebbe alla conclusione (non condivisibile) secondo cui in presenza di differenze anche marginali tra progetto preliminare e definitivo ovvero tra progetto definitivo ed esecutivo l’Amministrazione dovrebbe dare corso ad un nuovo iter di approvazione compromettendo il rispetto dei principi di efficienza, economicità e celerità dell’azione amministrativa, quando, viceversa, le raccomandazioni e le prescrizioni in sede di adozione del progetto definitivo mirano proprio allo scopo di evitare il rinnovo fasi anteriori del medesimo procedimento, già completate (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 08/02/2023, n. 1555).

Il secondo motivo va dunque respinto.

3.6. Il terzo motivo di ricorso è, viceversa, inammissibile.

L’asserita violazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 327 del 2001, declinata dai ricorrenti nel senso che la carenza di istruttoria nella redazione del progetto definitivo avrebbe avuto delle ripercussioni per essi negative nella determinazione della indennità (e impedito, altresì, di avvalersi dell’istituto della cessione volontaria), costituisce invero contestazione sulla determinazione dell’ammontare della indennità (vero oggetto del “petitum” sotteso a questo motivo).

Siffatta contestazione è dunque inammissibile per difetto di giurisdizione del G.A. in quanto pone una questione indennitaria riservata alla giurisdizione del G.O.

3.7. Sul quarto motivo (secondo cui le prescrizioni dettate dal CIPE avrebbero imposto l’aggiornamento della VIA sull’intera opera a causa delle modifiche sostanziali che ne sarebbero derivate) il Collegio ritiene di ribadire “mutatis mutandis” quanto affermato da questo stesso TAR, su analoga censura, con la sentenza 14018/19 (v. par. 3.2) secondo cui “la documentazione prodotta agli atti prova che la Valutazione di Impatto Ambientale è stata svolta sul progetto preliminare approvato con la delibera CIPE 120/03 e sulle varianti introdotte nel progetto definitivo rispetto a quello preliminare … Per quanto riguarda le singole modifiche necessarie a seguito delle indicate prescrizioni, il Collegio ritiene che non sia necessaria una nuova valutazione di impatto riguardante l’intera opera e che l’approvazione del progetto definitivo non sia la sede di definizione dell’aggiornamento della VIA per queste opere, potendo tale valutazione essere effettuata anche sede di progetto esecutivo”. L’art. 185, comma 5, del D.Lgs. n. 163/06 prevede la possibilità dell’aggiornamento dello studio di impatto ambientale per le sole modifiche di progetto e specifica che “l’aggiornamento dello studio di impatto ambientale può riguardare la sola parte di progetto interessato alla variazione”. Tale principio può applicarsi anche al progetto esecutivo in forza dell’art. 169, comma 1, D.Lgs. n.163/06.

La valutazione di impatto ambientale per le modifiche che si rendono necessarie in esito alle prescrizioni non condiziona, quindi, la legittima approvazione del progetto definitivo, potendo la stessa intervenire, ove necessaria in relazione alla natura dell’opera, anche successivamente.

Per queste ragioni il motivo va respinto.

3.8. Il quinto motivo è infondato in quanto l’illegittimità dedotta investe, in verità, il progetto esecutivo e, comunque, una fase successiva ed eventuale rispetto a quella concernente l’approvazione del progetto definitivo e, quindi, un profilo di illegittimità che è sostanzialmente estraneo alla materia del contendere sottesa al ricorso introduttivo.

Quanto alla asserita elusione dell’informazione al pubblico, si rammenta che la partecipazione del pubblico è espressamente garantita dall’art. 185, comma 5, d.lgs. n. 163/06 nel caso in cui dovesse rendersi necessario il rinnovo parziale della valutazione di impatto ambientale in relazione alle prescrizioni imposte, sicché nessuna violazione delle regole poste a presidio della partecipazione risulta configurabile.

3.9. E’ infondato anche il sesto motivo, con il quale parte ricorrente si duole della mancata valutazione della c.d. “opzione zero.”.

Tale profilo è stato già oggetto di disamina, tra le altre, da parte dalle sentenze di questo T.A.R. n. 10080/2017 e n. 13217/2019 con motivazione che ben si attaglia al caso di specie, secondo cui “la mancata considerazione dell’“opzione zero” e l’omessa valutazione del rapporto costi-benefici avrebbero dovuto essere dedotti (semmai) contro la delibera CIPE che ha stabilito la necessità della realizzazione dell’opera ed individuato la sua ubicazione, cosicché risultano ormai inammissibili e tardive le contestazioni relative alla localizzazione dell’opera o ai suoi costi, esposte, peraltro, con considerazioni del tutto generiche, che vanno ad impingere, per di più, nelle valutazioni di merito comunque riservate alla P.A.” (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 28.02.2014 n. 2371; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 6.05.2015 n. 2503). In sintesi, come già evidenziato da questa Sezione (TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 10.11.2015 n. 12656) “effettuata l’individuazione dei luoghi e svolta la valutazione di impatto ambientale – sia pur con le prescrizioni – non può più venire in contestazione in via di principio nei confronti dell’Amministrazione di avere omesso di ponderare l’utilità dell’opera stessa, e cioè la c.d. ‘opzione zero, in quanto quest’ultima richiederebbe una disapplicazione del dato legislativo, che per converso già accerta e comporta la rispondenza dell’infrastruttura agli interessi della collettività, vincola tanto l’Amministrazione quanto il Giudice, ed esige, finché vige, di essere rispettato ed attuato al pari di ogni altra manifestazione di volontà legislativa (v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio 2005, n. 3917).

La valutazione dell’opzione zero e delle opzioni alternative rientra nell’ambito di approvazione del progetto preliminare (nel caso di specie la delibera CIPE n. 120/03) e, comunque, attiene a valutazioni di merito dell’Amministrazione connotata da scelte ampiamente discrezionali e, come tali, insindacabili dal giudice amministrativo, se non in caso di manifesta illogicità o infondatezza.

Come indicato nella sentenza T.A.R. n. 10080/2017 “la mancata considerazione dell’“opzione zero” e l’omessa valutazione del rapporto costi-benefici avrebbero, invece, dovuto essere dedotti eventualmente contro la delibera CIPE n. 120/2003, con la quale l’Amministrazione, esercitando il suo potere discrezionale e tecnico-discrezionale ha stabilito la necessità della realizzazione dell’opera ed individuato la sua ubicazione, cosicchè risultano ormai inammissibili e tardive le contestazioni relative alla localizzazione dell’opera o ai suoi costi, esposte, peraltro, con considerazioni del tutto generiche, che vanno ad impingere, per di più, nelle valutazioni di merito comunque riservate alla P.A. (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 28.02.2014 n. 2371; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 6.05.2015 n. 2503)” (così anche TAR Lazio Roma, Sez. II Bis, 6.4.2017 n. 4285)”.

3.10. Sul settimo motivo il Collegio osserva che analoga censura era stata sollevata e respinta nel giudizio dinnanzi a questo TAR svoltosi tra le stesse parti e definito con la sentenza della Sezione n. 4295/2017.

La successiva sentenza n. 14018/19 ha quindi ribadito le medesime ragioni esposte nel precedente che conducono al rigetto del motivo, evidenziando in particolare che “per le infrastrutture strategiche, la valutazione VAS e quella VIA sono concentrate per ragioni di semplificazione in una speciale disciplina della VIA ai sensi degli artt. art.182 e seguenti del D.Lgs. n. 163 del 2006 (Cons. Stato Sez. IV, 11-10-2016, n. 4179)”.

3.11. Sul motivo sub 8) il Collegio ritiene che la modalità di realizzazione dell’opera per lotti costruttivi non funzionali è oggetto di una censura che, oltre a non essere specificamente circostanziata sulle disposizioni normative che si assumono violate, si palesa comunque infondata, in quanto non si è evidenziata nel motivo alcuna violazione delle norme ivi indicate, che consentono la realizzazione del progetto definitivo per lotti costruttivi.

La norma non richiede che non siano intervenute modifiche di progetto rispetto a versioni precedenti, né ha rilevanza l’entità di eventuali modifiche, peraltro quasi “fisiologiche”, in quanto dovute alle necessità di adeguamento del progetto alle diverse esigenze emerse nel corso del tempo” (cfr. sentenza 13217/19 cit. par. 12).

3.12. Il nono motivo riproduce una censura già esaminata dal Collegio con la sentenza n. 14018/19 cit., ove si legge che “la censura è generica, limitandosi a dedurre la mancanza di motivazione in ordine al discostarsi dell’atto gravato rispetto a quanto affermato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, senza indicare gli aspetti specifici sui quali il suddetto atto di approvazione gravato si sarebbe discostato dal parere. In particolare, il provvedimento del CIPE successivo al suddetto parere ha dettato numerose prescrizioni da recepire nel progetto definitivo al fine di adeguare l’opera in questione alle risultanze emerse dall’istruttoria. Tali prescrizioni ben possono essere state assunte in considerazione del suindicato parere, come peraltro affermano sia l’Amministrazione resistente che il controinteressato … In ogni caso, quindi, la parte ricorrente non può affermare che il parere sia stato del tutto disatteso e avrebbe dovuto specificare per quali aspetti il CIPE non avrebbe tenuto conto, nell’imporre le prescrizioni adeguatrici, di quanto indicato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici” (v. anche punto 13 della sentenza 13217/19 cit.). In ogni caso, come eccepito dal Consorzio CEAPV DUE (memoria del 16/6/2021, pag. 13), la censura è improcedibile, in quanto nella successiva verifica di attuazione sui Pacchetti nn. 1, 2 e 3 il MATTM e la CTVA hanno accertato l’intervenuto adeguamento alle NTC 2008 del progetto esecutivo delle singole opere oggetto di esame, attestate dal Consorzio nella relazione di ottemperanza (doc. 76 e pp. 26, 27 e 132 del doc. 75 produzione CEPAV) e i ricorrenti non hanno impugnato tali provvedimenti.

3.13. Quanto al motivo sub 10) il Collegio rileva che, sulla presunta mancata ottemperanza al progetto preliminare, questo T.A.R. si è già espresso con la sentenza n. 4295 del 2017, la quale ha definito il giudizio n. 5526/2016 nel quale il Ristorante Al Frassino era tra i ricorrenti.

In ogni caso si rileva che sono state documentate da CEPAV DUE, mediante raffronto tra le prescrizioni della delibera CIPE n. 120/03 che i ricorrenti assumono violate e le corrispondenti prescrizioni della delibera CIPE 42/17, le verifiche di attuazione (docc. 74, 75, 107 e 108 CEPAV DUE) che attestano l’ottemperanza delle prime, la quale, peraltro, non è contestata dai ricorrenti.

Sussiste quindi anche un palese profilo di improcedibilità del motivo.

3.14. Sul motivo sub 11) la Sezione ha già avuto modo di osservare che “le modifiche inerenti all’adeguamento della progettazione alle Norme Tecniche per le Costruzioni approvate con decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 ben possono essere contenute nella progettazione esecutiva e, a tale riguardo, l’atto di approvazione impugnato ha evidentemente recepito in sede di progettazione definitiva il nominato parere del 15/12/2016 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici … inserendo le relative prescrizioni. Peraltro, il rispetto delle nuove norme tecniche per le costruzioni disposte dal decreto ministeriale 14 gennaio 2008 è stato garantito dal CIPE attraverso la previsione specifica di un finanziamento e nella previsione finanziaria del progetto, alla voce “prescrizione adeguamento progetto alle norme tecniche costruzioni 2008” …” (punto 3.9 della sentenza 14018/19 par. 3.9; sentenza 13217/19 par. 15).

Il motivo è quindi da respingere.

3.15. Anche il dodicesimo e ultimo motivo del ricorso introduttivo (nel quale si deduce che, per effetto delle prescrizioni imposte, il CIPE avrebbe approvato “una variante” senza le prescritte comunicazioni e/o pubblicazioni il che non consentirebbe di comprendere l’impatto sulle singole proprietà) è da respingere in quanto formulato in modo perplesso. Ad ogni buon conto, qualora l’ottemperanza alle prescrizioni contenute nella delibera CIPE 42/2017 avesse comportato variazioni al piano particellare di esproprio, sarebbero state avviate, in quel momento futuro e eventuale, le apposite procedure partecipative ai sensi dell’art. 169 d.lgs. 163/06 (come già osservato dalla più volte citate sentenze nn. 14018/19 13217/19 cit.).

4. Venendo ora all’esame dei (primi) motivi aggiunti (dep. 7.8.2018) ad avviso di questo Collegio è fondata l’eccezione del Consorzio CEPAV DUE secondo cui il gravame è inammissibile per tardività (vedi “note di udienza” dell’8.10.2018) trattandosi di censure che, avendo ad oggetto sempre la deliberazione CIPE n. 42/2017, avrebbero dovuto essere sollevate, nel rispetto del termine di rito, con il ricorso introduttivo in quanto volte a denunciare vizi che erano, in realtà, potenzialmente desumibili dai documenti già a disposizione di parte ricorrente e, in ogni caso, alla stessa accessibili ben prima della proposizione del ricorso introduttivo, a cominciare dal piano particellare, dal quale si evinceva la limitata occupazione del mappale 138 del Foglio 14 di pertinenza del Ristorante, che era espressamente compreso nel piano particellare di esproprio.

Si rammenta che i due motivi aggiunti attengono alla carenza di istruttoria e alla mancata comunicazione di avvio del procedimento con riferimento al mappale 138 del Fg. 14 (I motivo aggiunto) e all’illegittimità del progetto definitivo per la mancata considerazione “di alcune servitù esercitate anche dal ristorante al Frassino” (II motivo aggiunto).

Entrambe le censure avrebbero potuto essere agevolmente proposte dai ricorrenti con il ricorso introduttivo, discendendo esse direttamente dall’esame del piano particellare di esproprio e dall’elenco ditte relativi al Comune di Peschiera del Garda da tempo noti agli stessi come risulta dal fatto di avere essi partecipato al procedimento presentando le proprie osservazioni (doc. 35 CEPAV DUE).

Peraltro il Collegio scorge un ulteriore profilo di inammissibilità per carenza di interesse nella circostanza che la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di esproprio (in dipendenza della mancata indicazione dei ricorrenti-proprietari tra i soggetti sottoposti alla procedura espropriativa con riferimento alla particella sopracitata) può assumere rilievo invalidante, come noto, soltanto laddove abbia impedito agli interessati di poter apportare al procedimento argomenti e/o elementi documentali potenzialmente idonei a condurre ad esito diverso e meno invasivo la procedura espropriativa in corso (arg. ex art. 21-octies della legge n. 241 del 1990).

Ciò implica, come noto, che, ai fini dell’ammissibilità del motivo, la parte che denunci la violazione dell’art. 7, comma 1, della legge n. 241 del 1990 debba anche allegare i profili fattuali e giuridici che l’omessa partecipazione al procedimento abbia impedito di considerare, elemento che nella specie:

- non è stato specificato dai ricorrenti;

- è smentito dalla circostanza, dimostrata dai documenti prodotti da CEPAV DUE (docc. 35, 98, 111), che i ricorrenti hanno comunque partecipato al procedimento presentando osservazioni che, almeno in parte, sono state accolte dall’Autorità procedente.

Di qui, per tutte le ragioni esposte, l’inammissibilità “in toto” dei (primi) motivi aggiunti.

5. Con riferimento ai secondi motivi aggiunti il Collegio osserva che essi hanno ad oggetto i seguenti atti: (i) “progetto definitivo adeguato alle prescrizioni contenute nella delibera n. 42/2017 del CIPE”; (ii) alcune “tavole del progetto esecutivo” prodotte in giudizio dal Consorzio esecutore dei lavori.

Parte resistente (CEPAV), con riguardo al primo dei documenti citati, ha chiarito (vedi memoria del 4.3.2019) che si tratta, in realtà, degli elaborati allegati al Secondo Atto Integrativo (II^ A.I.) stipulato tra RFI e il Cepav Due, ottenuti dai ricorrenti in sede di accesso.

Essi, tuttavia, non costituiscono un provvedimento amministrativo a rilevanza esterna, trattandosi dell’adeguamento del progetto definitivo a fini esclusivamente contrattuali, nei termini concordati cioè all’interno del rapporto RFI / Consorzio, il cui contenuto è destinato a sfociare solo in seguito nel Progetto esecutivo, unico provvedimento ad effetti esterni, da sottoporre alla verifica di attuazione ai sensi dell’art. 185 d.lgs. 163/06 e, ove necessario, al procedimento di variante ex art. 169 d.lgs. 163/06 con le relative garanzie partecipative.

Gli elaborati impugnati sono pertanto privi di efficacia verso i terzi.

I ricorrenti non possono evincere da tali documenti tecnici endo-procedimentali se vi sia stata o meno l’attuazione delle prescrizioni contenute nel Progetto definitivo approvato con la delibera CIPE 42/17, in quanto non è con detti “atti” che il soggetto aggiudicatore ottempera alle stesse.

Si ribadisce, infatti, che l’unico atto giuridicamente rilevante ed efficace ai fini dell’attuazione alle numerose prescrizioni contenute nel progetto definitivo approvato dal CIPE è il progetto esecutivo (cfr. art. 169, commi 1 e 2, d.lgs. 163/06: “il soggetto aggiudicatore verifica che nello sviluppo del progetto esecutivo sia assicurato il rispetto delle prescrizioni impartite dal CIPE in sede di approvazione del progetto definitivo e preliminare”; lo stesso “soggetto aggiudicatore è tenuto ad apportare le modifiche e integrazioni occorrenti, nello sviluppo del progetto esecutivo, in conseguenza della verifica di cui al comma 1”). Pertanto l’interesse del privato a “far valere l’illegittimità rispetto alle risultanze dell’istruttoria si può dedurre immediatamente per il contrasto con le prescrizioni imposte nel progetto definitivo, sollevando la questione di legittimità di quest’ultimo, soltanto nel caso in cui le medesime prescrizioni si presentino direttamente in contrasto con le risultanze istruttorie – tra cui le valutazioni dei vari enti emersi in sede procedimentale – mentre, in caso contrario, detto interesse verrà traslato al momento dell’approvazione del progetto esecutivo”; infatti una volta accertato che la prescrizione contenuta nel progetto definitivo “ha correttamente recepito le indicazioni emerse in sede istruttoria” (e questo attiene all’impugnazione della delibera CIPE di approvazione del Progetto definitivo), “l’interesse del ricorrente si sposta … sulla verifica di come verrà attuata tale prescrizione in sede di progetto esecutivo” (TAR Lazio, I-bis, 18 febbraio 2019, n. 2141).

In altri termini non sono ravvisabili a livello normativo, stadi di progettazione “intermedi” tra quello preliminare e quello definitivo né tra quest’ultimo e il progetto esecutivo, ciascuno dei quali si conclude con la verifica dell’attuazione delle prescrizioni adottate al livello precedente. Del pari, l’unico piano particellare che rileva per i ricorrenti è quello approvato dalla delibera CIPE 42/17 con efficacia di pubblica utilità, salve eventuali variazioni da apportare nel progetto esecutivo con tutte le garanzie partecipative previste dall’art. 169, co. 6, d.lgs. 163/06.

Anche sotto tale profilo non può che ribadirsi la carenza di interesse a contestare gli elaborati relativi Allegato 2 al II^ A.I., che non possono ritenersi lesivi degli interessi dei ricorrenti.

Al momento della proposizione dei motivi aggiunti in discorso, peraltro, il progetto esecutivo non era stato ancora completato ed era ben lungi dall’esserlo, sicché le censure proposte con i secondi motivi aggiunti appaiono del tutto premature riferendosi ad atto endo-procedimentale di un procedimento (all’epoca) non ancora concluso.

Si rammenta altresì che ai sensi dell’art. 185, co. 6 e 7, d.lgs. 163/06, il progetto esecutivo è sottoposto alla verifica di attuazione da parte del Ministero dell’Ambiente che, in tale sede, controlla proprio il recepimento delle prescrizioni dettate dalla delibera CIPE di approvazione del Progetto definitivo.

I ricorrenti avrebbero quindi dovuto attendere il progetto esecutivo e l’esito della verifica di attuazione per formulare le loro censure che, per come proposte, sono da ritenere, oltre che premature (con inammissibilità del gravame per difetto di interesse), anche ipotetiche.

Identica argomentazione è da estendere all’ulteriore atto impugnato vale a dire le cc.dd. tavole del progetto esecutivo.

Il secondo ricorso per motivi aggiunti è pertanto, nel suo complesso, inammissibile.

6. Sui terzi motivi aggiunti il Collegio osserva che, con essi, parte ricorrente ha dichiarato di impugnare il progetto definitivo nella parte in cui ha inserito i ricorrenti nel piano particellare di esproprio e nel piano particellare delle occupazioni.

Nessuno dei motivi proposti può ritenersi fondato atteso che:

- l’Allegato 2 al II Accordo Integrativo (come sopra già rilevato) non ha efficacia esterna, con la conseguenza che quanto ivi convenuto rileva soltanto nei rapporti contrattuali interni tra RFI e il Consorzio e non necessita dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio che, nel caso di specie, è solo quello derivante dalla delibera CIPE 120/03 che ha approvato il progetto preliminare dell’opera poi reiterato;

- è infondato, altresì, il secondo dei III motivi aggiunti, perché l’Allegato 2 al II A.I. non costituisce il progetto definitivo con valenza di p.u. che deriva soltanto dalla delibera CIPE 42/17, salve varianti ex art. 169 cit. e, quindi, non avrebbe dovuto essere preceduto da una nuova dichiarazione di pubblica utilità;

- di conseguenza è anche infondato il terzo motivo in quanto l’Allegato 2 al II AI rileva, per l’appunto, nei soli rapporti interni RFI/Consorzio e non deve, pertanto, essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento per l’apposizione del vincolo e per la dichiarazione di p.u. che, invece, è stata effettuata (giustamente) soltanto con riguardo ai procedimenti prodromici alle delibere CIPE nn. 120/03 e 42/17 che hanno, rispettivamente, apposto il vincolo preordinato all’esproprio e dichiarato la pubblica utilità dell’opera;

- è infondato, infine, il quarto dei terzi motivi aggiunti in considerazione del fatto che il citato Allegato 2 non è il progetto definitivo con valenza di p.u. (che è stata dichiarata dalla delibera CIPE 42/17) e, pertanto, la sua approvazione (in realtà assente, trattandosi di un allegato contrattuale) non doveva essere comunicata ai proprietari ai sensi dell’art. 17 TUE, adempimento, viceversa, da osservare e osservato dal soggetto espropriante, con riguardo alla vera e propria dichiarazione di pubblica utilità, effettuata con l’adozione della delibera CIPE n. 42/17.

In merito al quinto (ed ultimo) dei terzi motivi aggiunti, questo Collegio può limitarsi ad osservare che i ricorrenti propongono una censura analoga e sovrapponibile a quella svolta nel secondo motivo dei primi motivi aggiunti (difetto di istruttoria del progetto definitivo laddove non terrebbe conto della sussistenza di alcune servitù, né dei presunti danni che deriverebbero dalla loro compromissione, che non sarebbero stati in alcun modo considerati nel corso del procedimento nonostante la censura precedentemente svolta).

Ci si riporta quindi a quanto già ampiamente esposto sopra (par. 3) ai fini del rigetto del motivo.

Per quanto sopra esposto e argomentato i terzi motivi aggiunti vanno quindi respinti “in toto” in quanto infondati.

7.1. Sui quarti motivi aggiunti (trattasi, come sopra esposto, di nove motivi complessivi) il Collegio ravvisa, in primo luogo, ragioni di inammissibilità e/o improcedibilità relative a numerose delle censure ivi esposte.

In particolare, ad avviso di questo Collegio, deve dichiararsi l’inammissibilità ovvero, in taluni casi, l’improcedibilità dei motivi di seguito indicati, per le ragioni di seguito esposte.

Motivo 1): è emerso dall’istruttoria di causa che era prevista originariamente una modesta occupazione temporanea ex art. 49 TU Espr. (e non una espropriazione) dei mappali 406 e 410 posti lungo Via dei Frati per esigenze di cantiere (cfr. il doc. 10 ric. pag. 42). Nel corso dei lavori tale occupazione è poi risultata non più necessaria in quanto Via dei Frati non sarebbe stata più interessata da alcun transito di cantiere a seguito del recepimento, nel progetto esecutivo, della prescrizione n. 222 della delibera CIPE 42/17 e alle ottimizzazioni con essa introdotte. E’ rimasto un limitato asservimento di soli 38,00 mq. appartenenti al mappale 138 per il quale si pone, semmai, una questione di natura indennitaria del tutto esulante dalla giurisdizione di questo Giudice. Per il resto la pretesa avversaria è, in realtà, quella di vedere inserito il proprio immobile nel piano particellare pur non essendo esso espropriato, allo scopo di vedersi riconosciuto un indennizzo adeguato al “danno” subito che, esclusi ulteriori espropri formali oltre al parziale e limitatissimo esproprio sopra menzionato, trova necessario inquadramento nell’art. 44, comma 1, TU Espr. (“1. E’ dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell'opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà.”).

In entrambi i casi la domanda esula dalla giurisdizione del G.A. e poteva trovare adeguata tutela soltanto dinnanzi al giudice ordinario (peraltro, come sopra accennato, già adito da parte ricorrente) anche per l’ipotizzata riconoscibilità di un indennizzo a favore dei ricorrenti ai sensi del citato art. 44.

Motivo 4) sugli esiti del monitoraggio ambientale in quanto non sarebbero state eseguite misurazioni presso il Ristorante Al Frassino che il Consorzio avrebbe sostituito individuando altri punti non significativi: è improcedibile in quanto il monitoraggio in discorso è stato effettivamente eseguito anche presso il Ristorante come dettagliatamente documentato dal Consorzio resistente (doc. 95 all.ti 12-15; docc. 127, 128, 129, 139, 146, 147 e 148; All. 9 alla relazione CTP Cepav due 15/03/2023). In ogni caso le contestazioni sollevate dai ricorrenti e dal loro CTP sul rispetto o meno del criterio di normale tollerabilità esulano dalla cognizione di questo TAR in quanto spettanti alla cognizione del Giudice Ordinario.

Motivo 5): la censura riguarda la presunta violazione delle prescrizioni 222 e 303 della delibera CIPE 42/2017 sotto vari profili. Il motivo è improcedibile perché le contestazioni in questione sono state prematuramente proposte contro gli elaborati del progetto esecutivo (all’epoca solo inviati al Ministero dell’Ambiente) ma non contro l’esito positivo della verifica di attuazione che su di essi si è pronunciata con il provvedimento n. 177/2020 (doc. 107) previo parere CTVA n. 3351/2020. Gli stessi ricorrenti riconoscono a pag. 9 dei successivi sesti motivi aggiunti che, con tali provvedimenti del Ministero e della CTVA “viene completata con il provvedimento definitivo la parte di progetto esecutivo riguardante le aree in cui si trova il Ristorante” senza riproporre la relativa censura. Di qui l’improcedibilità.

Motivo 6): la contestazione sul mancato accoglimento di una serie di osservazioni è tardiva (e, quindi, inammissibile) perché avrebbe dovuto essere proposta contro la delibera CIPE n. 42 del 2017.

Motivo 7): parte ricorrente reitera qui per la terza volta la censura (già formulata nel secondo motivo del ricorso e nel quarto dei secondi mot. agg.) secondo cui il C.I.P.E. non avrebbe dovuto approvare il progetto definitivo con un grado di definizione e di incertezza insufficiente rispetto ai parametri normativi richiesti dalle disposizioni citate, né poteva sopperire alle lacune progettuali mediante le 309 prescrizioni adottate. Si richiama quanto già sopra esposto in merito.

Motivo 8): appare evidente l’inammissibilità di esso in quanto la violazione dei doveri di buona fede e correttezza è riferita a meri comportamenti del Consorzio e, pertanto, non può riverberarsi sulla legittimità dei provvedimenti impugnati.

Motivo 9): inammissibilità per tardività in quanto le censure si riferiscono alle disposizioni contenute nel “Pacchetto 1” del progetto esecutivo (doc. 41b Consorzio) non contestato sotto questo profilo nei precedenti motivi aggiunti.

7.3. Sui motivi secondo e terzo (dei quarti motivi aggiunti).

Per la parte in cui le censure si riferiscono alla carenza di istruttoria e alla violazione delle NTC 2018 da parte del progetto di demolizione parziale dell’Hotel Olioso, in quanto non ha previsto l’adeguamento sismico dell’intero Ristorante Al Frassino, il Collegio si riporta a quanto già sopra esposto, esaminando il primo motivo di ricorso (vedi par. 3.4 e in parte 3.3).

In particolare, l’assenza del giunto di separazione tra l’edificio del 1967 e quelli del 1977/1987 - su cui molto ha insistito il consulente tecnico di parte ricorrente al fine di dimostrare la necessità dell’adeguamento sismico dell’intero Ristorante – oltre e non essere emersa all’esito dell’istruttoria tecnica svolta (vedi supra par. 3.4.) comporta che l’eventuale difformità dell’edificio in “parte qua”, rispetto agli atti abilitativi edilizi che ne hanno consentito l’edificazione, costituisce circostanza le cui conseguenze sono da porre a carico del proprietario che ne ha curato la realizzazione (essendo pacifico che il giunto era indicato espressamente negli elaborati progettuali depositati dalla proprietà al Genio Civile).

Come poi rilevato dalla difesa erariale (memoria del 12.4.2023) l’esame della documentazione ha consentito, altresì, di evidenziare l’introduzione, durante la fase esecutiva dei lavori di demolizione, di interventi precedentemente non previsti quali: - contrafforti esterni di acciaio su basamenti in calcestruzzo; chiusura di aperture quali porte e finestre lungo la superficie perimetrale dell’hotel. I citati affinamenti progettuali rispondevano all’esigenza di conformare l’intervento al reale stato dei luoghi, e non hanno pregiudicato né l’adeguatezza del progetto dei lavori di demolizione dell’Hotel “Olioso”, né le condizioni strutturali, sismiche e ambientali del Ristorante “Al Frassino”, contribuendo, anzi, a garantire il mantenimento degli standard previsti dal quadro normativa.

Quanto, più ampiamente, agli effetti della realizzazione della tratta AV/AC, secondo le modalità progettate, sui beni dei ricorrenti, per quanto concerne la statica per l’edificio e/o la necessità di adeguamento antisismico della struttura, si richiama quanto già rilevato nella disamina del primo motivo di ricorso e le considerazioni sopra svolte in merito alla sussistenza del giunto tecnico di separazione tra gli edifici interessati

8. Sui quinti motivi aggiunti.

8.1. Il primo dei tre motivi aggiunti (per la cui esaustiva esposizione si rinvia alla superiore narrativa in fatto) riguarda, in sintesi, la mancata indicazione del coefficiente K nell’Allegato 24 al II AI (Atto Integrativo) che vizierebbe gli atti amministrativi impugnati in quanto non consentirebbe di predeterminare l’indennizzo forfettario spettante al Ristorante che ritiene di essere stato illegittimamente pretermesso da Cepav che non lo ha inserito neppure nel piano particellare di esproprio. In particolare, parte ricorrente richiama il punto 11.2.9 della Relazione generale di tratta che prevede l’indennizzo del 100% per gli immobili “posti in zone limitrofe alla linea ferroviaria” entro la fascia di 30 metri.

Come già osservato trattando il primo dei quarti motivi aggiunti, la censura è inammissibile per difetto di giurisdizione in quanto si sottopongono alla cognizione di questo Giudice questioni indennitarie, come tali sottratte alla giurisdizione del G.A., le quali possono trovare adeguata tutela soltanto dinnanzi al giudice ordinario (peraltro, come sopra accennato, già adito da parte ricorrente). Ciò anche sotto il profilo della possibilità di accordare un indennizzo in favore del proprietario di beni non espropriati ma esposti a permanente perdita di valore ai sensi dell’ art. 44 T.U. Espr.

8.2. Il secondo motivo è infondato.

Come dedotto dal Consorzio resistente (memoria 20.3.20, pag. 27) le parti del progetto trasmesse al MATTM, delle quali le prime tre approvate in sede di verifica di attuazione, sono state definite nell’ambito dei rapporti contrattuali fra il Consorzio e RFI.

In relazione alla complessità ed alla estensione degli interventi da realizzare ed al fine di contenere i tempi di esecuzione in base al cronoprogramma contrattuale, è stato concordato con RFI l’invio prioritario del progetto relativo alle opere che devono essere realizzate per prime, per consentire, ad es., la loro sottoposizione a gara.

Ciò non appare essere stato il frutto di una scelta arbitraria ma è dipeso dal fatto che, per intuibili ragioni pratiche, è frequente che lo sviluppo progettuale esecutivo e realizzativo di un’opera ferroviaria complessa come quella in esame si svolga in diverse fasi temporali e per differenti lotti costruttivi.

Inoltre, come osservato dal Consorzio resistente, la cantierizzazione dell’intera Tratta ferroviaria è contenuta nel “Pacchetto 1” del progetto esecutivo, il qual è stato approvato dal Ministero dell’Ambiente con la determina n. 239/19 (doc. 74 CEPAV DUE), previo parere CTVA n. 3045/19 (doc. 75), atti precedenti all’avvio dei lavori e non impugnati dai ricorrenti.

8.3. Il terzo motivo (sulle modifiche della viabilità nell’area del Frassino), stante la sua parziale sovrapponibilità al primo dei sesti motivi aggiunti, verrà ora trattato nella disamina di quest’ultimo.

9. Si deve, infine, esaminare il sesto (ed ultimo) ricorso per motivi aggiunti.

9.1. Con il primo di essi i signori Olioso impugnano il progetto esecutivo che non avrebbe ottemperato alle prescrizioni n. 222 e n. 226 della delibera CIPE 42/17 sotto vari profili (v. supra).

Il motivo non è fondato in quanto parte ricorrente non attribuisce, invero, alcun rilievo alle numerose ottimizzazioni introdotte nel progetto esecutivo (e documentate da parte resistente) alcune delle quali palesemente dirette ad accogliere alcune richieste di “mitigazione” dell’impatto della circolazione dei mezzi di cantiere e il cui accoglimento è stato formalizzato con la nota di Cepav due del 27/1/20 (doc. 95, all. 1), la quale ricostruisce gli sviluppi della progettazione e indica la configurazione definitiva della viabilità.

Le modifiche introdotte in attuazione della prescrizione n. 222 si presentano effettive e tutt’altro che irrilevanti.

Si vedano in particolare: la modifica della viabilità e degli accessi nell’area del Santuario, con le integrazioni del 27/1/20 e con la variante M16, sulle quali MATTM e CTVA si sono espressi positivamente, con provvedimento 177/20 e parere 3351/20 (docc. 107 e 108 Cepav) e con provvedimento 93/21 e parere 67/21 (docc. 122 e 123 Cepav), atti non impugnati dai ricorrenti; l’eliminazione della commistione con i mezzi di cantiere e l’accesso al Santuario come chiesto dalla prescrizione 222; l’eliminazione della rotatoria di cantiere e della relativa viabilità su Via dei Frati (dalla quale si accede al Ristorante).

Sembrano infine corroborare la tesi difensiva delle parti resistenti le affermazioni del MATTM e della CTVA nonché il parere della CTVA 67/21 sulla variante M16 (doc. 123 Cepav) ove si riconosce che in seguito alle varie modifiche introdotte nel progetto esecutivo, la situazione dell’area è nettamente migliorata e che la prescrizione 222 è stata ottemperata.

9.2. Le restanti censure contenute nei sesti motivi non richiedono specifica disamina di merito in quanto ripetitive di censure già svolte con i vari motivi sopra già trattati.

In effetti, il secondo dei sesti motivi aggiunti ripropone il II motivo dei II m.a.

Il terzo dei motivi in disamina riproduce ampiamente il III motivo dei II m.a. ( “carenza di istruttoria” del progetto esecutivo “nelle parti in cui conferma il progetto definitivo” in quanto non avrebbe “minimamente considerato” il danno “gravissimo” subito dal Ristorante, temi già sopra trattati).

Anche il quarto motivo concerne un vizio già proposto con il ricorso introduttivo e riproposto con i II m.a. (III motivo) e si riferisce alla contestazione, già trattata, secondo cui “il C.I.P.E. non poteva approvare il progetto definitivo con … la previsione di ben 309 prescrizioni”.

Il quinto motivo, poi, concerne la (presunta) violazione degli artt. 20, 33 e 44 TUE e la contraddittorietà dell’azione amministrativa, in quanto ai ricorrenti dovrebbe essere riconosciuto “lo status di soggetti espropriati o comunque soggetti da indennizzare ex art. 44” TU Espr. Anche questo profilo è stato ampiamente trattato (vedi il terzo motivo del ricorso principale).

Con il sesto motivo, invece, si contestano le relazioni depositate in giudizio da Cpeav Due il 20/11/19 e relative alla demolizione dell’Hotel Olioso (docc. 86 e 87), mentre con il settimo si “impugna” la relazione dell’ing. Beltrami (doc. 87 Cepav). Oltre agli evidenti profili di inammissibilità perché l’impugnativa si riferisce ad atti tecnici a rilevanza del tutto endo-procedimentale, si rinvia, in merito ai temuti effetti della demolizione, a quanto sopra ampiamente esposto dal Collegio.

L’ottavo motivo può essere respinto sulla base dei medesimi argomenti svolti nella disamina del VI motivo dei IV m.a..

Il IX motivo dei VI m.a. ripropone l’VIII motivo dei IV m.a. già esaminato.

Il decimo motivo ripropone il IX motivo dei IV m.a. ed è del tutto inammissibile in quanto l’organizzazione della viabilità era espressamente definita dal “Pacchetto 1” del progetto esecutivo approvato con la determina del Ministero dell’Ambiente 239/19, non impugnata.

L’XI motivo dei VI m.a. ripropone il I motivo dei V m.a., con doglianza nuovamente rivolta alla mancata indicazione del coefficiente k nell’All. 24 al II AI (Accordo Integrativo).

Meramente riproduttivi sono poi anche il motivo XII e XIII dei sesti motivi aggiunti.

Palesemente infondato e inconferente è infine il XIV motivo in merito alla immissione in possesso delle aree di proprietà dei ricorrenti e immissione in possesso per le aree del sig. Pierino Olioso che sarebbe illegittima perché avvenuta senza preavviso ai ricorrenti. Trattasi di vicenda che attiene alla proprietà del menzionato soggetto nominato, proprietario dell’Hotel omonimo e che nulla ha a che fare in termini giuridici con la vicenda per cui è causa.

10. In definitiva, per le ragioni enunciate in relazione alle singole censure, il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere dichiarati in parte inammissibili ovvero improcedibili e, per il resto, devono essere rigettati nel merito.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara il ricorso ed i motivi aggiunti, in parte, inammissibili per le ragioni di cui in motivazione;

- per la restante parte, li rigetta in quanto infondati.

Condanna in solido i ricorrenti Federica Olioso e Francesco Olioso alla refusione delle spese processuali in favore del CONSORZIO CEPAV DUE - Consorzio Eni per l’Alta Velocità e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, che liquida, in favore di ciascuna parte, nell’importo di Euro 10.000,00 (diecimila/00) oltre Iva, Cassa Avvocati e oneri tutti di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 10 maggio 2023 e 21 giugno 2023, con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giovanni Iannini, Presidente

Floriana Venera Di Mauro, Consigliere

Claudio Vallorani, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Claudio Vallorani   Giovanni Iannini
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

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