• Sentenze Ente: Consiglio di Stato

 La variante va considerata ‘generale’, invece, quando riguarda una pluralità di aree distinte, situate in diverse parti del territorio comunale: in tal caso, in linea di principio sono diverse le regole procedimentali sulla partecipazione degli interessati e diventa applicabile il suesposto principio, per il quale il termine di impugnazione degli atti comincia a decorrere dalla data di pubblicazione, con le modalità previste dalla legge.

Pubblicato il 25/03/2019

N. 01946/2019REG.PROV.COLL.

N. 08492/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 8492 del 2010, proposto dalla s.r.l. (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso (...);

contro

Il Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli ;avvocati (...)
la Provincia di Genova, cui è succeduta la Città Metropolitana di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati (...)

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 1937/2010, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova e della Provincia di Genova;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti gli avvocati Luigi Cocchi, Mario Sanino e Gabriele Pafundi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso di primo grado n. 431 del 2009 (proposto al TAR per la Liguria), la società appellante, proprietaria di un edificio nel territorio del Comune di Genova, ha impugnato:

- la delibera del consiglio comunale n. 22 del 2008, avente per oggetto le ‘controdeduzioni e accettazione dei rilievi formulati dalla Provincia di Genova in merito alla deliberazione c.c. n. 35 35/2007 e deliberazione g.c. n. 650 del 2007’, nonché la delibera della giunta comunale n. 650 del 2007 e la nota comunale di data 1° aprile 2009;

- l’atto della Provincia di Genova n. 7285 del 31 dicembre 2007 (pubblicata all’albo pretorio provinciale dal 31 dicembre 2007 al 15 gennaio 2008, cui poi è seguita la medesima delibera comunale n. 22 del 2008).

2. Il TAR, con la sentenza n. 1937 del 2010, ha dichiarato il ricorso in parte irricevibile e in parte inammissibile, con la condanna al pagamento delle spese del giudizio.

3. Con l’appello in esame, la società ha ricostruito i fatti che hanno condotto al presente grado del giudizio (v. pp. 1-12), ha contestato le statuizioni con cui il TAR ha dichiarato in parte irricevibile e in parte inammissibile il ricorso di primo grado (v. pp. 12-17) ed ha riproposto le censure formulate in primo grado (v. pp. 17-29).

4. Ritiene il Collegio che l’appello vada respinto e che vada confermata la sentenza impugnata.

5. Con una specifica statuizione, il TAR ha dichiarato tardivo il ricorso di primo grado, nella parte in cui è stata impugnata la delibera consiliare n. 22 del 2008, di ritiro di una variante già in precedenza approvata, rilevando che vi è stata una variante generale, con la conseguente applicazione del principio per il quale il termine per l’impugnazione comincia a decorrere dalla pubblicazione degli atti ‘ai rispettivi atti pretori’ (trattandosi di atti emessi sia dal Comune di Genova che dalla Provincia di Genova).

L’appellante non ha contestato la statuizione secondo cui, quando vi è una ‘variante generale’, il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla pubblicazione degli atti all’albo pretorio, ed ha dedotto al riguardo che la sentenza impugnata:

a) avrebbe errato nel qualificare la delibera come atto generale di disciplina del territorio, perché si sarebbe trattato di ‘un coacervo di varianti parziali relative a singole aree, adottata su istanza dei privati interessati al fine di correggere gli errori singoli e singolari contenuti nel PUC’:

b) avrebbe errato anche nel ritenere che la legge regionale n. 36 del 1997 non avrebbe reso necessaria la partecipazione degli interessati.

Ritiene il Collegio che tali deduzioni risultano infondate e vadano respinte.

Rilevato che la stessa società appellante ha richiamato la giurisprudenza che si è occupata della distinzione tra la variante ‘generale’ e quella ‘particolare’ (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n, 1904 del 1998; Sez. V, n. 36 del 2007; Sez. VI, n. 4326 del 2007 e n. 5105 del 2007), nella specie, contrariamente a quanto è stato dedotto, vi è stata una vera e propria variante generale.

La varianteparziale’ o ‘puntuale’ è quella che riguarda l’area del soggetto che intende impugnarla o anche le aree oggetto di una ‘modificazione finalizzata’ al perseguimento di una determinata finalità, specificamente riferibile ad una specifica parte del territorio comunale.

Tale principio risulta corroborato dall’art. 11, comma 1, lettera a), del testo unico sugli espropri, il quale ha previsto che va trasmesso l’avviso di avvio del procedimento quando si tratti di una variante allo strumento urbanistico, volta alla apposizione di un vincolo preordinato all’esproprio, per la realizzazione di una ‘singola opera pubblica’.

La variante va considerata ‘generale’, invece, quando riguarda una pluralità di aree distinte, situate in diverse parti del territorio comunale: in tal caso, in linea di principio sono diverse le regole procedimentali sulla partecipazione degli interessati e diventa applicabile il suesposto principio, per il quale il termine di impugnazione degli atti comincia a decorrere dalla data di pubblicazione, con le modalità previste dalla legge.

Nella specie, proprio perché la variante in questione ha riguardato un ‘coacervo’ di beni (come rilevato dall’appellante), non risultando che questi abbiano riguardato il perseguimento di uno specifico e ben localizzato interesse pubblico, si deve ritenere che vi si è stata una variante generale, con la conseguente tardività del ricorso di primo grado, rispetto alla data di pubblicazione degli atti.

Quanto al prospettato rilievo della legge regionale n. 36 del 1997, che avrebbe previsto la partecipazione degli interessati, il TAR ha evidenziato che dal suo art. 44, che pure ha consentito la proposizione di una iniziativa di variante, non si possono desumere regole sulla notifica individuale all’interessato dell’atto conclusivo lesivo.

L’appellante ha contestato tale statuizione, rilevando che, poiché il procedimento è stato attivato con la sua istanza, l’Amministrazione avrebbe dovuto notificare il provvedimento finale lesivo.

Ritiene il Collegio che anche tale profilo del motivo d’appello vada respinto.

Come ha correttamente rilevato la sentenza impugnata, dalla legge regionale n. 36 del 1997 non si desume la regola per cui va notificato l’atto conclusivo del procedimento: l’art. 44 riguarda le varianti generali (come correttamente rilevato dalla memoria difensiva del Comune), le quali non possono che considerarsi ‘puntuali’ ne confronti dei singoli destinatari, ma in quanto tali sono sottoposte alla relativa disciplina in tema di pubblicazioni.

Poiché la normativa statale ed anche quella di cui alla legge regionale n. 36 del 1997 non hanno previsto la notifica degli atti concernenti la variante generale, anche sotto tale aspetto la doglianza va respinta.

6. Per la restante parte, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, poiché è stato proposto contro atti infraprocedimentali (la determinazione n. 7285 del 2007 e il voto del c.t.u.p. n. 615 del 2007).

L’appellante ha dedotto che tali atti non si possono considerare infraprocedimentali, sicché la statuizione del TAR sulla parziale inammissibilità del ricorso sarebbe erronea.

Ritiene al riguardo il Collegio che rileva la deduzione della Città metropolitana di Genova, contenuta a p. 9 della sua memoria depositata in data 18 febbraio 2019.

La Città metropolitana ha osservato che la determinazione provinciale n. 7285 del 31 dicembre 2007 (e l’allegato voto di data 20 dicembre 2007 del Comitato tecnico urbanistico provinciale) è stata affissa all’albo pretorio della Provincia dal 31 dicembre al 15 gennaio 2008, mentre il ricorso di primo grado è stato notificato alla medesima Provincia in data 14 aprile 2009, oltre il termine ordinario di impugnazione.

Ciò comporta che risulta priva di interesse la censura dell’appellante, dal momento che, pur se si dovessero ritenere immediatamente lesivi i medesimi atti (quali conclusivi del procedimento, come prospettato dalla stessa appellante), comunque il ricorso di primo grado va considerato tardivo nella sua integralità.

7. Per le ragioni che precedono, l’appello nel suo complesso va respinto.

8. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l’appello n. 8492 del 2018.

Compensa tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

 

   

 

   

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

   

Luigi Maruotti

   

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO

 

SU proposta dell’Assessore alle  Politiche Abitative, Urbanistica, Ciclo dei Rifiuti e Impianti di Trattamento, Smaltimento e Recupero;

VISTO lo Statuto della Regione Lazio;

VISTA la legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni;

VISTO l’art. 5 della L. n. 765 del 06.08.1967;

VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 8;

VISTA la legge regionale 5 settembre 1972, n. 8 recante “Norme per l’esercizio delle funzioni di competenza della Regione Lazio in materia di urbanistica e di assetto del territorio” e successive modificazioni; 

VISTA la legge regionale 12 giugno 1975, n. 72 e successive modificazioni;

VISTA la legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 e successive modificazioni;

VISTO l’art. 16 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 recante “Norme sul governo del territorio” e successive modificazioni;

VISTA la legge regionale 18 febbraio 2002, n. 6 “Disciplina del sistema organizzativo della Giunta e del Consiglio e disposizioni relative alla dirigenza ed al personale regionale” e successive modificazioni;

VISTO il Regolamento di organizzazione degli Uffici e dei Servizi della Giunta Regionale del 6 settembre 2002, n. 1 e successive modificazioni; VISTA la legge regionale 27 febbraio 2020, n. 1; PREMESSO che il Comune di Collevecchio (Ri) è dotato di P.R.G. approvato con D.G.R. n. 935 del 22.12.2008;  CHE il comune di Collevecchio ha inizialmente presentato, con nota n. 5136 del 28.08.2017, istanza di approvazione della Variante in oggetto ai sensi dell’art. 4 della L.R. 36/87;

VISTA la Deliberazione di Consiglio Comunale n. 14 del 31.03.2017 con la quale il Comune di Collevecchio ha adottato la variante in oggetto; 

VISTA la nota datata 28.08.2017 con la quale il Segretario Comunale del Comune di Collevecchio ha attestato che, a seguito della pubblicazione degli atti avvenuta ai sensi e forme di legge, non sono state presentate osservazioni; 

CONSIDERATO che dall’esame della Variante in oggetto la Direzione Regionale per le Politiche Abitative e la Pianificazione Territoriale, Paesistica e Urbanistica ha riscontrato l’assenza, tra gli atti trasmessi dal Comune, dei pareri preventivi di rito espressi dalle Autorità competenti  segnalando, inoltre, la presenza di alcuni refusi nella D.C.C. n. 14/2017 e la necessità di una integrazione dell’elaborato grafico adottato con la citata deliberazione e che la Variante in questione rientra nella fattispecie dell’applicazione delle procedure di cui alla L.1150/42 e non  nelle procedure, richiamate dall’Amministrazione comunale nella richiesta di approvazione della Variante di cui alla L.R. 36/87;




 

 


 

Monday 25 March 2019 17:17:46

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Urbanistica: la distinzione tra variante “generale” e quella “particolare”

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 25.3.2019

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 25 marzo 2019  ha richiamato la giurisprudenza che si è occupata della distinzione tra la variante ‘generale’ e quella ‘particolare’ (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n, 1904 del 1998; Sez. V, n. 36 del 2007; Sez. VI, n. 4326 del 2007 e n. 5105 del 2007) per statuire che, nella specie, vi è stata una vera e propria variante generale.

La variante ‘parziale’ o ‘puntuale’ è quella che riguarda l’area del soggetto che intende impugnarla o anche le aree oggetto di una ‘modificazione finalizzata’ al perseguimento di una determinata finalità, specificamente riferibile ad una specifica parte del territorio comunale.

Tale principio - ad avviso del Collegio - risulta corroborato dall’art. 11, comma 1, lettera a), del testo unico sugli espropri, il quale ha previsto che va trasmesso l’avviso di avvio del procedimento quando si tratti di una variante allo strumento urbanistico, volta alla apposizione di un vincolo preordinato all’esproprio, per la realizzazione di una ‘singola opera pubblica’.

La variante va considerata ‘generale’, invece, quando riguarda una pluralità di aree distinte, situate in diverse parti del territorio comunale: in tal caso, in linea di principio sono diverse le regole procedimentali sulla partecipazione degli interessati e diventa applicabile il suesposto principio, per il quale il termine di impugnazione degli atti comincia a decorrere dalla data di pubblicazione, con le modalità previste dalla legge.

“Nella specie, proprio perché la variante in questione ha riguardato un ‘coacervo’ di beni (come rilevato dall’appellante), non risultando che questi abbiano riguardato il perseguimento di uno specifico e ben localizzato interesse pubblico, si deve ritenere che vi si è stata una variante generale, con la conseguente tardività del ricorso di primo grado, rispetto alla data di pubblicazione degli atti.”

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Obbligo motivazione variante urbanistica

Sabato, 17 Settembre, 2022 - 11:15

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), sentenza n. 7484 del 26 agosto 2022, sulla impugnazione prg e variante

MASSIMA

Sussiste l’obbligo di una puntuale motivazione delle scelte urbanistiche nell’ipotesi di una variante urbanistica che interessi aree determinate del P.R.G., per le quali quest'ultimo prevedeva diversa destinazione (tanto più in presenza di legittime aspettative dei privati), laddove l’obbligo di motivazione è più attenuato in presenza dell’adozione di un nuovo strumento urbanistico o di una variante generale al piano regolatore che diano vita a una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.

SENTENZA

N. 07484/2022REG.PROV.COLL.

N. 04218/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4218 del 2014, proposto da
OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Mariella Antonilli e Mirella Buccomino, domiciliati in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso lo studio Alfio Paglione in Roma, via degli Scipioni, n. 181;

contro

Comune di Isernia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alda Colesanti, domiciliato in via digitale come da pubblici registri;

nei confronti

OMISSIS, s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentate e difese dall'avvocato Massimo Di Nezza, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso lo studio Clementino Palmiero in Isernia Via Giovanni XXIII, n. 18;

e con l'intervento di

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, Sezione Prima, n. 620/2013, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Isernia e di OMISSIS s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 luglio 2022 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e preso atto delle richieste di passaggio in decisione depositate dai difensori di tutte le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il T.A.R. per il Molise, con la sentenza segnata in epigrafe, definitivamente pronunciando nella resistenza del Comune di Isernia, di OMISSIS ha rigettato il ricorso proposto avverso gli atti di adozione da parte del Comune di Isernia di una variante specifica al Piano Regolatore Generale per la destinazione dei suoli interessati da un intervento per il potenziamento e la rilocalizzazione di un impianto di betonaggio già esistente, in uno a tutti i provvedimenti a quest’ultimo connessi.

In particolare, gli odierni appellanti sono proprietari di abitazioni e terreni insistenti nella zona interessata dalla variante di P.R.G., e nello specifico su fondi limitrofi a quelli in cui è prevista la rilocalizzazione dell’impianto di betonaggio, e l’Associazione “Comunità il Mandorlo” è titolare del costruendo Centro Sociale e Spirituale di Accoglienza MARIA DI NAZARETH.

L’adito T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso per un duplice ordine di motivi:

- la carenza di interesse a ricorrere e difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti, che non sono proprietari di terreni ricadenti nell’area della variante urbanistica, ma solo di terreni limitrofi, non essendo sufficiente alla legittimazione al ricorso la sola facendo sostanzialmente valere la sola situazione di cosiddetta vicinitas;

- la tardività del ricorso notificato in data 10.5.2010, oltre il termine di sessanta giorni decorrente dalla pubblicazione dell’avviso pubblico dell’adozione della variante urbanistica. avvenuta il 20.10.2009.

L’adito T.A.R. ha in ogni caso rilevato l’infondatezza anche nel merito del ricorso sia sotto il profilo procedimentale, che sotto quello sostanziale.

Quanto al profilo procedimentale, non sussisterebbe il lamentato vizio di procedura, ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.P.R. n. 447/1998, in quanto il Comune dopo aver verificato l’impraticabilità della procedura semplificata, che necessita dell’assenza di aree disponibili per la realizzazione di interventi industriali (nel caso di specie esistenti), aveva proceduto con la procedura ordinaria.

Quanto all’aspetto sostanziale, le sollevate censure sarebbero parimenti infondate, in quanto “nella specie si tratta di una previsione di pianificazione urbanistica generale, caratterizzata dalla più ampia sfera di discrezionalità amministrativa e tecnica, rispetto alla quale sarebbe consentito, tutt’al più, un vaglio giurisdizionale di logicità e ragionevolezza. Sennonché, non risulta in alcun modo provato dai ricorrenti che l’Amministrazione sia incorsa in un errore di fatto o che abbia agito con palese arbitrarietà o in modo irragionevole”.

Tutti gli originari ricorrenti hanno chiesto la riforma della predetta sentenza deducendo:

a) quanto alla carenza di legittimazione a impugnare e dell’interesse ad agire, che anche le impugnative alle varianti al PRG sono soggette al criterio legittimante della vicinitas, stante i pregiudizi che possono derivare ai proprietari delle aree limitrofe (nel caso di specie a seguito dell’installazione di un impianto industriale ad alto impatto sul territorio);

b) quanto alla tardività del ricorso di primo grado, di essere venuti solo casualmente a conoscenza dei provvedimenti impugnati, che riportavano nell’oggetto un’erronea indicazione dell’area interessata, ovverosia la Località Tiegno, laddove la rilocalizzazione e la variante urbanistica riguardavano un’area insistente in Contrada Signora Rosa.

Infatti, tutti i fondi interessati alla variante de qua (fgl.64, p.lle nn. 1123-1124-1125-1126-1127-1128-1129-1130) si troverebbero in Contrada Signora Rosa e non in Località Tiegno.

Da ciò conseguiva che il termine per impugnare la delibera CC n. 70/2009 non poteva decorrere dalla pubblicazione della stessa all’Albo Pretorio (atteso che l’oggetto della delibera di variante pubblicata riportava “Adozione variante specifica al PRG per la rilocalizzazione di un impianto di betonaggio in loc. Tiegno – Proc. SUAP 107/08 – ditta : Siefic Calcestruzzi srl+1”).

c) nel merito la riproposizione delle censure sollevate in primo grado, sia quanto alla sussistenza di

vizi procedimentali per l’illegittimità del “passaggio” da una procedura semplificata a una ordinaria, che di quelli sostanziali della deliberazione per difetto di motivazione, essendo incentrata sulla lontananza dai luoghi di estrazione del materiale rispetto ai siti destinati agli impianti industriali, laddove i siti industriali esistenti nel PRG potenzialmente idonei alla localizzazione dell’impianto sono due, quello in zona di Contrada San Vito e quello lungo la S.S. l7, e il primo è a soli due chilometri dai luoghi di estrazione.

Hanno resistito al giudizio il Comune di Isernia, Sie OMISSIS, S.p.A., deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto. In particolare essi hanno evidenziato che gli appellanti hanno impugnato solo la delibera comunale di adozione della variante e non l’atto definitivo di approvazione della variante stessa da parte della Regione Molise; hanno aggiunto che la delibera impugnata sarebbe priva di definitività e che comunque la variante non sarebbe stata ancora approvata dalla Regione, perché il Comune non avrebbe completato il procedimento dopo le proposte di modifiche o integrazioni della Regione, il che farebbe venir meno ogni l’interesse alla decisione.

Il giudizio è stato dichiarato interrotto, con ordinanza n. 6541/2021, per la morte del difensore delle società controinteressate, l’avvocato Colalillo, ma è stato successivamente ritualmente e tempestivamente riassunto.

La OMISSIS, srl si sono costituite nuovamente in giudizio con l’avvocato Massimo Di Nezza, in sostituzione del defunto avvocato Colalillo.

Con atto depositato si è nuovamente costituita in giudizio SIEFIC S.p.A in persona del nuovo legale rappresentante pro tempore, Dr. Paolo Vacca, in sostituzione del precedente deceduto, sempre con l’avvocato Massimo Di Nezza.

Con ordinanza n. 3988/2022 sono stati chiesti chiarimenti al Comune e alle altre parti in ordine allo stato della procedura dell’impugnata variante, specificando: “- se c’è stata l’indicata approvazione da parte della Regione (non impugnata), depositando la relativa determinazione (la delibera di Giunta Regionale n. 408/2010 o altro eventuale atto); - se la procedura è stata finalizzata con l’acquisto dell’efficacia definitiva della Variante al PRG in questione, con deposito dei relativi atti”. E’ stato altresì chiesto, in relazione alla questione di tardività del ricorso di primo grado di “acquisire il testo dell’avviso di adozione della variante urbanistica impugnata, pubblicato il 20.10.2009 o eventuale altra data”.

L’incombenza istruttoria è stata assolta dal Comune con deposito del 29.6.2022.

L’appello è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 26.7.2022.

DIRITTO

1) L’appello è fondato e va accolto.

2) Prima di passare all’esame dei motivi di gravame occorre osservare quanto segue:

a) dall’istruttoria disposta con ordinanza n. 3988/2022 è emerso che il procedimento di approvazione della variante urbanistica non si è concluso ma, nonostante il notevole lasso di tempo trascorso, è ancora in itinere.

Infatti, il Comune di Isernia, con nota prot. 1970/191 del 19/01/2010, ha chiesto l’approvazione regionale definitiva della variante in questione.

La Regione, con delibera di giunta n. 408 del 31.5.2010, ha rinviato la pratica in oggetto al Comune

“…affinchè gli organi competenti provvedano ad adottare le proprie determinazioni in merito

ai rilievi che questa Regione ha rappresentato nel parere istruttorio n. 7 del 30/04/10”. Quest’ultimo indica che “…al fine di ricondurre correttamente la proposta di variante de quo al rispetto dei principi di pianificazione urbanistica relativamente agli spazi per servizi pubblici da cedere al Comune secondo quanto previsto dal D.M. n. 1444/1968, ha proposto che l’Amministrazione Comunale valuti la possibilità di trovare gli spazi pubblici destinati ad attività collettive, a verde pubblico e a parcheggi nell’ambito del comparto della zonizzazione D/2.1”.

Il Comune non ha poi dato ulteriore seguito all’atto regionale, ma il procedimento inerente alla Variante urbanistica risulta formalmente ancora pendente e sussiste, pertanto, l’interesse a ricorrere degli appellanti alla decisione del gravame.

b) la circostanza rilevata dalle parti appellate nella memoria del 4 settembre 2019 che uno dei ricorrenti sarebbe deceduto e che altri (tal Cianchetta Massima e Basilico Roberto) avrebbero modificato la propria residenza non integra in alcun modo una causa di interruzione del giudizio o di improcedibilità dell’appello e/o del ricorso di primo grado: quanto al primo è sufficiente

richiamare il principio di ultrattività del mandato alle liti (secondo cui in ipotesi di decesso ovvero perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera di quest'ultimo comporta, per la regola dell'ultrattività del mandato, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l'evento non si fosse verificato, risultando in tal modo stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 26/05/2021, n. 14465; Cass. Sez. Un., 04/07/2014, n. 15295; Cass. civ., 18/01/2016, n. 710); quanto agli altri due è evidente che il mutamento di residenza, di per sé non incide sull’interesse a ricorrere, anche alla luce dell’affermazione degli appellanti di essere ancora proprietari degli immobili siti in quell’area..

3) Nel merito l’appello si rivela fondato.

3.1) Priorità logico – giuridica impone di esaminare il motivo di gravame con cui gli appellanti hanno contestato la declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado per essere stato proposto oltre il termine di 60 giorni dalla pubblicazione all’albo pretorio della delibera di adozione della variante in questione, ai sensi dell'art. 124 del D.Lgs. n. 267/2000.

Il motivo è meritevole di favorevole considerazione.

Il Collegio osserva come gli atti di pianificazione urbanistica siano oggetto di apposita pubblicazione. La pubblicazione è lo strumento prescelto per dare adeguata conoscenza a tutti gli interessati e si attua sia nella fase di adozione, come stimolo alle osservazioni dei privati, sia in quella di approvazione.

La scelta di utilizzare la pubblicazione presso albi e bollettini ufficiali di ampia diffusione risponde a elementari esigenze collegate alla natura dell'atto. Si tratta di atto generale, che si rivolge ad una pluralità di destinatari, a vario titolo interessati dalle molteplici e variabili determinazioni del piano, attengano esse alle zonizzazioni od alle localizzazioni ovvero alle previsioni tecniche a contenuto normativo (Cons. Stato Sez. II, 8.5.2020, n. 2893).

I termini di impugnativa decorrono, quindi, dalla pubblicazione dell’atto.

Al riguardo è pacifico e incontestato che il Comune ha pubblicato sull’albo pretorio l'avviso pubblico dell'adozione della variante urbanistica (20.10.2009) e su tale assunto la sentenza gravata ha ritenuto tardivo il ricorso, notificato il 10.5.2010.

Tuttavia, come lamentato dalla parte appellante in sede di censure di appello - e confermato da quanto depositato in atti anche all’esito dei chiarimenti resi dal Comune in seguito all’istruttoria - il testo dell’avviso riportava come sito di rilocalizzazione dell’impianto una differente località, ovverosia la Località Tiegno, in luogo dell’effettivo sito su cui insiste la variante ovverosia Contrada Signora Rosa.

L’Amministrazione appellata ha sul punto sostanzialmente controdedotto che lo stabilimento industriale esistente, e del quale i terreni oggetto di variante urbanistica costituiscono ampliamento, ricade in parte in località Tiegno e in parte in località Signora Rosa, ma ciò che rileva nel caso in esame non è il sito di insistenza dell’esistente impianto, bensì quella oggetto di variante necessaria per l’ampliamento.

Tale avviso, pertanto, non era idoneo a portare a effettiva conoscenza dei potenziali interessati i reali estremi dell’intervenuta variante e, soprattutto, il contenuto di lesività, non evincendosi dall’avviso il luogo di rilocalizzazione dell’impianto.

Costituisce una esigenza logica, ancor prima che giuridica, che la pubblicazione dell’atto, affinchè possa essere idonea a far decorrere i termini per impugnare riporti gli esatti estremi dello stresso, nel senso che riporti quantomeno gli elementi idonei a far percepire il contenuto anche solo potenziale della lesività dell’atto.

Nel caso di una variante urbanistica specifica, che rilocalizza un impianto, è necessario che la pubblicazione riporti gli esatti estremi dell’ubicazione di quanto previsto dalla variante, non potendo valere a far decorrere il termine di impugnativa per i soggetti che abbiano una relazione qualificata con una certa località o zona del territorio comunale, un avviso che riporti una diversa località o zona come area interessata dalla localizzazione delle opere oggetto di variante.

Il motivo di appello risulta, pertanto, fondato.

3.2) Ugualmente è da accogliere il motivo di gravame con cui gli appellanti hanno contestato la declaratoria di inammissibilità del loro ricorso per carenza di legittimazione ed interesse agire, sul presupposto dell’insufficienza a tal fine della mera vicinitas.

Occorre osservare che nel caso di specie non si è in presenza di un atto generale di pianificazione urbanistica, quali l’adozione di un P.R.G., (che conforma la destinazione delle diverse aree del territorio comunale), rispetto al quale può sostenersi che la legittimazione e l’interesse ad agire avverso una destinazione non desiderata competa solo ai soggetti aventi un rapporto qualificato, come la proprietà, con l’area direttamente incisa dal provvedimento di pianificazione.

Vero è, difatti, che la giurisprudenza amministrativa ritiene, di regola, che siano inammissibili le censure alle prescrizioni del P.R.G. disciplinanti aree non di proprietà del ricorrente (Cons. Stato, IV, 2/3/2001 n.1162) e anche in questo caso, tuttavia, la giurisprudenza ammette l’impugnativa allorquando la nuova destinazione urbanistica, pur concernendo un’area non appartenente al ricorrente, incida direttamente sul godimento o sul valore di mercato dell’area stessa o comunque su interessi propri e specifici del ricorrente (Cons. St., IV, 5.9.2003 n.4977)

Nel caso di specie, al contrario, si tratta di provvedimento che prevede la localizzazione di un impianto industriale sul territorio, ovverosia di un variante specifica del P.R.G., limitata alla rilocalizzazione di un impianto di betonaggio; un intervento puntuale sul territorio, rispetto al quale assume valenza il criterio della lesività dell’atto nei confronti di soggetti che presentino una posizione differenziata, con la conseguenza che l’elemento della vicinitas, unitamente al requisito della sussistenza di un pregiudizio, è idoneo a fondare la legittimazione e l’interesse ad agire ai fini della sua impugnativa.

Secondo i principi generali, la legittimazione processuale si rinviene, infatti, in capo ai soggetti che presentino una posizione differenziata, in virtù della titolarità, a monte, di una posizione giuridica soggettiva sostanziale specifica, avendo il sistema di tutela giurisdizionale amministrativa il carattere di giurisdizione soggettiva.

Qualora, quindi, il provvedimento di variante preveda la localizzazione di un impianto e sia idoneo a causare un pregiudizio, non può negarsi legittimazione ad agire al soggetto residente nella stessa zona ai fini dell’impugnativa dell’atto lesivo, né la sussistenza del suo interesse ad agire.

Nel caso di specie non è stata contestata l’assenza della cosiddetta vicinitas, né l’esistenza di un pregiudizio in capo ai ricorrenti a seguito della previsione del posizionamento dell’impianto di betonaggio.

Né pare corretto quanto indicato nella sentenza gravata secondo cui la variante non comporta alcuna lesione per i soggetti non proprietari dell’area, disponendo solo vincoli conformativi o espropriativi, e che la lesività per i terzi in rapporto di vicinitas si produrrebbe solo a seguito con le autorizzazioni alla realizzazione dell’intervento edilizio dell’impianto di betonaggio.

In primo luogo, infatti, la sola destinazione dell’area alla localizzazione dell’impianto ha effetti negativi per chi è in rapporto di vicinitas con l’area, come per i proprietari dei suoli limitrofi, impattando, ad esempio, sul valore delle aree.

Inoltre, l’aspetto urbanistico di localizzabilità sul territorio è uno dei principali, se non il principale, requisito per il rilascio dei titoli abilitativi o di autorizzativi per la realizzazione (rectius per la rilocalizzazione) dell’impianto.

Una volta approvata la variante di P.R.G., con la relativa destinazione dell’area, i successivi titoli di presentano alla stregua di atti conseguenziali, nel senso che riguardano in gran parte il quomodo di realizzazione dell’impianto e non più l’an.

L’interesse ad agire, inoltre, non può che derivare da un pregiudizio concreto determinato dalla nuova previsione urbanistica, pregiudizio che non necessariamente deve essere limitato all’aspetto economico (quale la diminuzione di valore dei beni di proprietà dei ricorrenti), ma anche dalla generale diminuzione della possibilità di godimento dei beni di proprietà (per la minore salubrità dei luoghi ovvero in relazione alla tutela della salute) o dalla stessa fruibilità dei luoghi per i residenti, la sua sussistenza nel caso di specifico è provata, ancorché indirettamente, ma in modo non per questo meno chiaro e sicuro, dalla lettura della stessa delibera impugnata di variante. In essa è infatti richiamato (e riportato per esteso) il parere (n. 37670/5999 del 16 dicembre 2008) del Servizio Urbanistico di Programma in cui si sottolinea che sulla scelta urbanistica di cui si discute deve essere stimolata l’attenzione della collettività alla partecipazione, sia per un più generale principio di democraticità delle scelte, ma anche perché si tratta di scelte che influiscono sull’ambiente e sul paesaggio e che incidono perciò sugli interessi dei residenti della borgata in cui ricade l’intervento, interventi che si configurano non solo nella salvaguardia del valore venale dei loro beni patrimoniali, ma anche e soprattutto nell’attenzione alle condizioni dell’ambiente in cui essi residenti vivono.

E’ insomma la stessa deliberazione impugnata a contenere in sé la prova dell’interesse ad agire dei ricorrenti/appellanti.

Non si può, pertanto, non riconoscere la legittimazione ad agire e l’interesse a soggetti proprietari di aree limitrofe a quelle direttamente interessate dalla rilocalizzazione o che, comunque, sussistendo il requisito della vicinitas risentano degli effetti lesivi dalla previsione di Variante.

3.3) Nel merito è fondata nei sensi appresso indicati la censura di cui al quarto motivo di gravane incentrata sul difetto di motivazione dell’impugnata delibera di adozione di variante.

E’ noto che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’obbligo di una puntuale motivazione delle scelte urbanistiche sussiste proprio nell’ipotesi di una variante urbanistica che interessi aree determinate del P.R.G., per le quali quest'ultimo prevedeva diversa destinazione (tanto più in presenza di legittime aspettative dei privati), laddove l’obbligo di motivazione è più attenuato in presenza dell’adozione di un nuovo strumento urbanistico o di una variante generale al piano regolatore che diano vita a una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. E’ intuitivo, infatti, che in tali ipotesi non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell'ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall'ente con il nuovo strumento urbanistico (Cons. Stato Sez. IV, 08/05/2019, n. 2954).

Nel caso di specie, trattandosi di una variante specifica, incidente su una singola area del territorio comunale, ai fini della localizzazione di un impianto, peraltro in presenza di altre aree con destinazione industriale potenzialmente idonee ad accogliere l’impianto, non v’è dubbio che era necessaria una scelta puntuale che doveva riguardare non solo la scelta in sé dell’area, ma anche la valutazione dell’inidoneità totale e parziale delle aree esistenti ad accogliere l’ampliamento dell’ impianto di betonaggio

L’Amministrazione era, quindi, tenuta a motivare, come peraltro ha fatto, in modo specifico la scelta urbanistica effettuata.

Sotto tale profilo la giurisprudenza richiamata dal primo giudice a supporto dell’infondatezza della censura, secondo cui le scelte di pianificazione generale sono caratterizzate dalla più ampia discrezionalità amministrativa e tecnica, non richiedono una specifica motivazione e consentono un vaglio giurisdizionale limitato ai soli profili di manifesta illogicità o irragionevolezza, non risulta pertinente.

Occorre pertanto verificare in concreto il contenuto della motivazione.

Al riguardo, il Comune ha motivato la scelta di procedere alla variante della destinazione urbanistica dell’area in questione principalmente con la ragione che, seppure esistevano dei siti del territorio comunale urbanisticamente destinati alla localizzazione di impianti industriali, gli stessi risultano distanti dai luoghi di estrazione del materiale, con la conseguenza che la collocazione dell’impianto di betonaggio in tali siti avrebbe comportato notevoli inconvenienti per la viabilità stradale e in termini di inquinamento ambientale.

La motivazione delibera di adozione gravata è infatti del seguente tenore:

“Tale localizzazione scaturisce dall'analisi che ben risulta in relazione di progetto, finalizzata a dimostrare sostanzialmente che, benchè nel vigente PRG esistano aree destinate ad attività industriali in misura sufficiente per l'intervento in parola, esterne al sito industriale di Tiegno, tali aree non soddisfano le valutazioni di opportunità ambientale, urbanistica" di accessibilità e viabilità" economiche e gestionali in generale del nuovo impianto, per i seguenti motivi:

- le zone industriali D/1, D/2.1 e D/2.2 di PRG vigente che presentano sufficiente disponibilità

di suoli sono quelle di S. Vito e della ex S.S. 17;

- tali zone risultano essere notevolmente distanti dal sito di estrazione e lavorazione degli inerti con la conseguenza che il trasporto delle materie prime, che avviene tramite autocarri e

autoarticolati, costituirebbe elemento ulteriormente congestionante il traffico delle strade

pubbliche che collegano il sito di estrazione con tali zone industriali (la tangenziale S.S. 85

Venafrana o addirittura le strade interne al centro urbano come Viale dei Pentri);

- oltre all’aggravamento della circolazione stradale, tali mezzi di trasporto inevitabilmente

comportano inquinamento ambientale per l'emissione dei fumi di scarico, per la diffusione

delle polveri che si sollevano dal carico in movimento, e sotto l'aspetto acustico, che

maggiormente si avverte e provoca disagio quando le strade percorse sono prossime al centro

urbano;

- per converso, la scelta di un sito prossimo alla zona di estrazione degli inerti, come quello

Proposto in progetto, consente di minimizzare le operazioni di movimentazione delle materie

prime, perciò di conseguire benefici di natura ambientale, gestionale e economica

- la condizione di adiacenza al sito industriale consente di fruire delle infrastrutture e dei servizi

ivi esistenti senza necessità di creare servizi a rete di grandi dimensioni;

- la conformazione orografica del sito, posto su un lieve pendio, consente di mascherare meglio

gli impianti ed i corpi di fabbrica (silos, tralicci, nastri trasportatori, camini, tramogge ecc.)

con conseguente minor impatto ambientale anche grazie alla possibilità di evitare la

costruzione di rampe per l'alimentazione delle tramogge con gli inerti…”.

A fronte di tale motivazione, prima facie pertinente e puntuale, i ricorrenti hanno tuttavia dedotto che dei due siti industriali esistenti nel P.R.G. (Contrada San Vito e lungo la S.S. l7) quello di Contrada San Vito è a soli due chilometri dai luoghi di estrazione ed inoltre le due aree sono collegate tra loro da due strade (l’originaria SS85Venafrana e la nuova SS85V) e non attraversano centri abitati: tali circostanze, che non rivestono il carattere di considerazioni meramente soggettive, ma hanno un indubbio rilievo oggettivo, non risultano smentite dall’Amministrazione resistente e minano la completezza ed esaustività della motivazione del provvedimento impugnato, facendo venir meno la logicità del presupposto fattuale alla base della motivazione stessa.

In altri termini, non è contestabile che la scelta urbanistica dell’amministrazione è caratterizzata da un’ampia discrezionalità e che questa sia di norma insindacabile in sede di legittimità, ma com’è noto tale insindacabilità incontra il limite intrinseco della completezza di istruttoria, logicità e ragionevolezza che risulta violato in concreta atteso che la motivazione utilizzata dall’amministrazione è risultata non pertinente e non completamente adeguata all’effettivo stato dei luoghi e della disciplina urbanistica vigente, come non irragionevolmente evidenziato dagli appellanti; in definitiva non risulta adeguatamente e coerente motivata la necessità di disporre una variante urbanistica di ricollocare l’impianto in una zona diversa da quelle previste nell’originario P.R.G. per i siti industriali.

8) Per le suesposte ragioni l’appello va accolto.

La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le specifiche circostanze inerenti al ricorso in esame costituiscono elementi che militano per l’applicazione dell’art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, accoglie il ricorso di primo grado e annulla gli atti gravati per le ragioni e nei termini di cui in parte motiva.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Fabrizio D'Alessandri

Carlo Saltelli

IL SEGRETARIO

 


Friday 24 February 2017 11:48:36

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Strumenti urbanistici: la motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 22.2.2017

Per costante giurisprudenza, le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate. È' questo il principio ribadito dalla Quarta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 22.2.2017 nella quale, inoltre, relativamente alla motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche, si è ricordato che "l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478). Come si è già affermato (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497), “le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute”. Per completezza, il Collegio inoltre osserva che le uniche tassative ipotesi (individuate dalla consolidata giurisprudenza sopra richiamata in base alle argomentazioni elaborate dall’Adunanza plenaria n. 24 del 1999), in cui è richiesta una motivazione rafforzata, sono le seguenti: I) superamento degli standard minimi; II) presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, valido ed efficace; III) giudicato di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento sulla relativa istanza; IV) destinazione di un fondo totalmente intercluso a zona agricola. Occorre ancora osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459). Si è affermato che: “come accade nei casi in cui la decisione finale è rimessa dal legislatore ad un organo collegiale (a maggior ragione quando il collegio si presenta come “virtuale” e “imperfetto”), la motivazione di questa difficilmente può essere desunta da un unico “documento” sul quale si definisce e manifesta l’esercizio della potestà discrezionale dell’amministrazione (sia pure nelle forme previste per l’espressione di tale “volontà”), redatto dal medesimo organo collegiale. Al contrario, è del tutto ragionevole che tale volontà, oltre che desumersi dal dibattito in seno all’organo e da eventuali documenti (ordini del giorno, mozioni e simili, puntualmente messi in votazione ed approvati), si estrinsechi anche (e soprattutto) per il tramite di documenti tecnici redatti da organi ed uffici diversi, tuttavia sottoposti all’esame ed alla adozione del decidente, decisione a sua volta variamente integrata dall’avviso della Regione in sede di definitiva approvazione dello strumento urbanistico. E ciò a maggior ragione laddove un organo come il consiglio comunale non si limiti a definire un generale indirizzo politico – amministrativo dell’ente cui è legato da rapporto di immedesimazione, ma debba effettuare concrete scelte di pianificazione urbanistica che, se esprimono in generale una “visione” dello sviluppo della comunità e del suo territorio, si sostanziano “a valle” in puntuali definizioni (zonizzazioni) del territorio e delle sue potenzialità, che abbisognano di una rappresentazione tecnico-giuridica e grafica, che certamente travalica le competenze dell’organo decidente”. Infine, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico (per il quale non è prevista comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto di pianificazione, come tale escluso dall’art. 13 l. n. 241/1990), non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.)". Per approfondire scarica la sentenza.

 

IMMEDIATAMENTE IMPUGNABILI LE DELIBERE DI ADOZIONE ED APPROVAZIONE DI VARIANTE PARZIALE AL P.R.G.

GIUDIZIO --> IMPUGNAZIONE --> PIANI URBANISTICI --> VARIANTE URBANISTICA

Sintesi: La delibera di adozione ed approvazione di variante parziale al P.R.G., con le quali l’amministrazione ha esercitato il potere pianificatorio con immediati effetti conformativi sulle aree di proprietà privata, devono ritenersi immediatamente impugnabili perché dotate di attitudine lesiva immediata, concreta e attuale.

Estratto: «Secondo i principi generali in tema di ammissibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo, sussiste l’interesse ad impugnare un provvedimento dal quale deriva una lesione immediata, concreta e attuale alla sfera giuridica del ricorrente.Ai fini dell’ammissibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo, la lesione subita dall’interesse sostanziale del ricorrente, che qualifica l’interesse ad agire, deve costituire una conseguenza immediata e diretta del provvedimento dell’amministrazione e dell’assetto di interessi con esso introdotto, deve essere concreta e non meramente potenziale, e deve persistere al momento della decisione del ricorso.Le disposizioni di uno strumento urbanistico che stabiliscono la zonizzazione del territorio comunale, la destinazione di aree a standard urbanistici e la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo rivestono carattere provvedimentale, e non normativo, perché le stesse incidono, in assenza di generalità e astrattezza, sulla sfera giuridica di destinatari determinati e con riferimento ad ambiti e beni individuati.Tale essendo la fattispecie in rilievo nell’odierna controversia, in cui è impugnata la delibera di adozione e, altresì, con primo ricorso per motivi aggiunti, la delibera di approvazione della variante parziale al P.R.G. del Comune di Senigallia, con le quali l’amministrazione ha esercitato il potere pianificatorio con immediati effetti conformativi sulle aree di proprietà dei ricorrenti, tali deliberazioni dovevano ritenersi immediatamente impugnabili perché dotate di attitudine lesiva immediata, concreta e attuale.L’impugnativa è, pertanto, ammissibile.»

Sintesi: Il piano regolatore, e conseguentemente, anche le varianti allo stesso, una volta adottato, nella misura in cui è suscettibile di applicazione, è atto immediatamente lesivo e direttamente impugnabile, ancorché la sua impugnazione costituisca una facoltà e non un onere (indipendentemente dall'eventuale applicazione delle misure di salvaguardia), allo stesso modo e alle stesse condizioni in cui ciò avverrebbe in caso di piano approvato. Ciò in quanto, agli effetti della configurabilità di un atto come provvedimento impugnabile, ciò che rileva non è la sua collocazione al termine del procedimento, bensì il carattere costitutivo degli effetti, che allo stesso si ricollegano.

Estratto: «Secondo la giurisprudenza di questa Sezione (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 aprile 2005 n. 1743) il piano regolatore, e conseguentemente anche le varianti allo stesso, una volta adottato, nella misura in cui è suscettibile di applicazione, è atto immediatamente lesivo e direttamente impugnabile...
[...omissis...]

Sintesi: Diversamente dall'interessato inciso delle scelte urbanistiche del Comune, il proprietario confinante non può impugnare la variante urbanistica che modifichi puntualmente l'assetto proprietario.

Estratto: «6.2. Per quanto concerne invece la variante al P.R.G., approvata con la deliberazione nr. 31 del 1999, non può in alcun modo convenirsi con l’avviso di parte appellante incidentale secondo cui questa avrebbe dovuto essere immediatamente contestata dalla sig.ra C., essendo pertanto tardiva la sua impugnazione quale atto presupposto delle concessioni edilizie.Ed invero, tale prospettazione si basa su un’incongrua applicazione di principi enunciati dalla giurisprudenza in ordine all’ipotesi di impugnazione di variante urbanistica da parte del proprietario del suolo direttamente inciso delle scelte urbanistiche del Comune, laddove nel caso di specie appare evidente che l’originaria ricorrente ha agito non in tale veste, ma nella qualità di titolare di immobile limitrofo paventante un pregiudizio per effetto non della variante in sé, ma della possibilità che questa comportava di edificazione sul suolo suscettibile di pregiudicare il proprio diritto dominicale.In altri termini, qualora la sig.ra C. avesse immediatamente impugnato la variante, è evidente che detta impugnazione sarebbe stata inammissibile per difetto di un interesse concreto e attuale, essendo il pregiudizio lamentato del tutto futuro e ipotetico (ed essendosi poi questo concretizzato, appunto, solo col rilascio delle gravate concessioni ad aedificandum).»

Sintesi: In mancanza della definitività della variante non é possibile lamentare una lesione attuale immediata e diretta; di qui l'inammissibilità dell’impugnativa.

Estratto: «Per quel che concerne la variante in itinere, mancando la definitività della stessa, non é possibile lamentare una lesione attuale immediata e diretta, di qui la inammissibilità dell’impugnativa; circa la determinazione dell’indennità ablativa, il DPR n. 327/2001 (artt. 53 e 54) riserva ogni cognizione al G.O., con la conseguente inammissibilità per difetto di giurisdizione del motivo di censura avverso il citato decreto d’occupazione.»

Sintesi: Una variante urbanistica - ancorché soltanto adottata e non ancora approvata - è già di per sé idonea a creare vincoli per il proprietario del terreno oggetto del provvedimento di destinazione urbanistica, al quale va, quindi, riconosciuto un interesse attuale all’impugnativa dell’atto.

Estratto: «3) Con una ulteriore censura l’appellante Comune deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto la sussistenza in capo alla ricorrente di un interesse a ricorrere, attuale e concreto, con riferimento al gravame proposto avverso la deliberazione consiliare n. 30/C del 29 aprile 2005, avente per oggetto: “Progetto per la realizzazione di una strada urbana di collegamento tra la strada comunale Granatari e la via Marina di Fuori del villaggio Torre Faro del Comune di Messina”. Inoltre, l’Ente - premesso che l’effetto pieno e definitivo della citata delibera si sarebbe potuto manifestare o con l’approvazione regionale della variante (non ancora intervenuta) o con la formazione del silenzio assenso, dovuto all’inerzia della Regione a pronunciarsi sulla stessa, in ottemperanza al disposto dettato dall’art. 19 del T.U. 8 giugno 2001, n. 327 (che, comunque, avrebbe dovuto formare oggetto di impugnativa ed essere annullato in un giudizio, nella specie mai verificatosi) - sostiene che erroneamente il TAR avrebbe “… annullato uno degli atti della fattispecie complessa - quello comunale - senza annullare l’atto implicito regionale, in mancanza di una esplicita impugnativa e senza la presenza in giudizio del contraddittore necessario …”. L’assunto non merita condivisione.3.1) Osserva, innanzi tutto, il Collegio che una variante urbanistica - ancorché soltanto adottata e non ancora approvata - è già di per sé idonea a creare vincoli per il proprietario del terreno oggetto del provvedimento di destinazione urbanistica, al quale va, quindi, riconosciuto un interesse attuale all’impugnativa dell’atto.Nel caso di specie, poi, l’adozione della variante ex art. 19 del citato D.P.R. 327/2001 è assoggettata ad un meccanismo di approvazione tacita da parte della Regione, in quanto - ove questa non si pronunzi entro il termine di 90 giorni dalla ricezione della delibera comunale di adozione della variante - la stessa si intende approvata (con il silenzio assenso) e diventa efficace.In un tale sistema, quindi, stante il menzionato meccanismo automatico di approvazione tacita regionale, formativo del silenzio assenso, le cui fasi, però, non sono conosciute dal privato (al quale non viene data comunicazione della trasmissione del provvedimento alla regione per l’ulteriore corso), è chiaro che l’interesse all’impugnazione della deliberazione n. 30/2005 - unico atto della sequenza procedimentale della variante urbanistica in questione conosciuto dall’interessata - sorge immediatamente. D’altra parte, non sarebbe ragionevole far decorrere il termine perentorio per la proposizione del ricorso da eventi incerti e di difficile conoscenza della parte.Pertanto, sotto l’esaminato profilo, va confermato l’interesse, concreto ed attuale dell’originaria ricorrente all’impugnativa della delibera de qua.Ne consegue il rigetto dell’appello del Comune.»

Sintesi: La variante generale nella parte in cui definisce il regime delle singole aree, è immediatamente lesiva e suscettibile di impugnazione immediata.

Estratto: «Il ricorso introduttivo, che investe gli atti con cui il Comune ha adottato la variante generale e controdedotto alle osservazioni pervenute, è - rispettivamente - irricevibile e inammissibile.Irricevibile in quanto è fuori termine l’impugnazione, con ricorso notificato nel giugno 2002...
[...omissis...]

Sintesi: Alla delibera comunale di adozione di una variante allo strumento urbanistico, pur costituendo un elemento della fattispecie complessa che si completa con l'atto di approvazione regionale, va riconosciuta un'efficacia imperativa diretta e propria, che ne fa uno "strumento di governo del territorio", che impedisce gli interventi edilizi ed urbanistici contrastanti con esso ed impone l'applicabilità delle misure di salvaguardia. Alla variante stessa, pertanto, non può essere disconosciuta una portata autonomamente lesiva, seppur con riferimento allo stato di mera adozione.

Estratto: «Tanto comporta che vértesi in ipotesi dichiarata di adempimento dell’obbligo del Comune di procedere ad una nuova pianificazione delle aree rimaste prive di disciplina urbanistica a séguito dell’intervenuta decadenza dei vincoli urbanistici per il decorso del términe previsto...
[...omissis...]

GIUDIZIO --> IMPUGNAZIONE --> PIANI URBANISTICI --> VARIANTE URBANISTICA --> ART. 19 DPR 327/2001

Sintesi: L'art. 19 DPR 327/2001 delinea una procedura unica, che culmina con l’atto di approvazione della variante e che implica al contempo definitiva apposizione della preesistente dichiarazione di pubblica utilità, discendente dalla preventiva approvazione del progetto; ne consegue che una volta approvata la variante, divenuta questa “incontestabile” giudizialmente, non è possibile contestare isolatamente la dichiarazione di pubblica utilità del progetto approvato che ne costituisce necessitata conseguenza.

Estratto: «4.1. La disposizione di cui all’art. 19 del dPR 8 giugno 2001 n. 327, della quale appare utile riportare il testo, così prevede: “Quando l'opera da realizzare non risulta conforme alle previsioni urbanistiche, la variante al piano regolatore può essere disposta con le forme di cui all' articolo 10 , comma 1, ovvero con le modalità di cui ai commi seguenti.L'approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio comunale, costituisce adozione della variante allo strumento urbanistico.Se l'opera non è di competenza comunale, l'atto di approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte della autorità competente è trasmesso al consiglio comunale, che può disporre l'adozione della corrispondente variante allo strumento urbanistico.Nei casi previsti dai commi 2 e 3, se la Regione o l'ente da questa delegato all'approvazione del piano urbanistico comunale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l'efficacia.”Nell’ambito di tale procedimento “unico” (meglio: unificato) e nel quale coesistono più sub procedimenti occorre distinguere sotto il profilo cronologico la delibera che approva il progetto e adotta la variante al piano regolatore dal provvedimento con cui la variante è approvata ovvero, in caso di silenzio dell'ente competente all'approvazione, dal provvedimento con cui il Consiglio comunale, preso atto del mancato dissenso entro novanta giorni, dichiara efficace la variante.La delibera che approva il progetto è senza dubbio un provvedimento amministrativo ma tale provvedimento - sia per quanto concerne il profilo relativo alla variante urbanistica che per quanto concerne il profilo dell'approvazione del progetto - non è in grado di produrre effetti se non quando il procedimento si è definitivamente concluso con l'approvazione esplicita della variante o con la dichiarazione della sua efficacia da parte del consiglio comunale in caso di mancato dissenso.Come è noto, la procedura disegnata dalla citata disposizione deriva dall'art. 1 l. n. 1 del 1978, recante norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche e prevede una procedura semplificata per una rapida conclusione dell'iter di variante dello strumento urbanistico generale ai fini della sollecita realizzazione di singole e specifiche opere pubbliche, qualora la loro progettazione si presenti in contrasto con le prescrizioni urbanistiche vigenti.Ne discende la unicità della procedura, che culmina con l’atto di approvazione della variante, implica al contempo definitiva apposizione della preesistente dichiarazione di pubblica utilità discendente dalla preventiva approvazione del progetto.Divenuta incontestabile la variante non si vede come si possa ritenere autonomamente censurabile l’atto sotteso che, insieme, ne costituisce produzione effettuale.4.1.1. Alla stregua di quanto sin qui affermato, e come già colto dalla Sezione in sede di emissione di ordinanza cautelare di sospensione della esecutività dell’appellata decisione, non appare corretta la “scissione” prospettata dal primo giudice, posto che il procedimento disegnato nella richiamata disposizione è sostanzialmente unico e, una volta approvata la variante (che lo stesso primo giudice ha ritenuto ormai “incontestabile” giudizialmente) non appare possibile contestare isolatamente, la dichiarazione di pubblica utilità del progetto approvato che ne costituisce necessitata conseguenza.4.2. Per altro verso, anche a non volere prendere posizione in ordine a talune affermazioni di portata generale della difesa dell’amministrazione comunale relative alla assoluta inscindibilità del procedimento e - soprattutto- alla impossibilità sempre e comunque di contestare autonomamente la dichiarazione di pubblica utilità rispetto agli atti (che indubbiamente si pongono a monte del procedimento e che alla seconda sono legati da un vincolo di chiara presupposizione) riposanti nella variante allo strumento urbanistico ed apposizione del vincolo espropriativo, di certo v’è, che nel processo amministrativo il decisum è diretta conseguenza delle censure proposte, e che nel caso di specie la censura prospettata ( e accolta in prime cure) concerneva la carenza di contraddittorio procedimentale.4.2.1.La decisione del primo giudice appare quindi errata (oltre che laddove non ha ravvisato nesso di presupposizione tra i sub- procedimenti che coesistono nella previsione normativa in argomento) laddove non ha colto che avuto riguardo alla tipologia di vizio lamentato, esso, per tabulas, anche laddove dichiarato non poteva spiegare alcun effetto utile, proprio per il concreto atteggiarsi del procedimento giurisdizionale di primo gradoLa inimpugnabilità delle delibere comunali in parola (che peraltro costituisce giudicato interno ormai formatosi) nella parte in cui approvavano la variante urbanistica recante approvazione del progetto definitivo dell’opera pubblica implicano che la denuncia del vizio concernente la dichiarazione di pubblica utilità non abbia alcuna possibilità di produrre pratiche conseguenze.In concreto, quindi, avuto riguardo alla tipologia di vizio lamentato dall’appellato (omesso rispetto del contraddittorio procedimentale) il primo giudice avrebbe dovuto applicare il disposto di cui all’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990 n. 241: e ciò, sia in relazione al dedotto vizio, che avuto riguardo al concreto atteggiarsi del processo e tenuto conto della – preliminare- statuizione di inammissibilità attingente il gravame nella parte in cui avversava l’approvazione della variante4.3. Si rammenta in proposito che autorevole giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato “le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua - con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa - quando l'interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono comunque all'apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti. In materia di comunicazione di avvio prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico. Poiché l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241 è strumentale ad esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all'azione amministrativa da parte del cittadino nella cui sfera giuridica l'atto conclusivo è destinato ad incidere - in modo che egli sia in grado di influire sul contenuto del provvedimento - l'omissione di tale formalità non vizia il procedimento quando il contenuto di quest'ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, si da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione. Alla luce di questa linea interpretativa si può affermare che la comunicazione di avvio del procedimento dovrebbe diventare superflua quando: l'adozione del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l'amministrazione; i presupposti fattuali dell'atto risultano assolutamente incontestati dalle parti; il quadro normativo di riferimento non presenta margini di incertezza sufficientemente apprezzabili; l'eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell'obbligo formale di comunicazione, non priverebbe l'amministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici).”. (Consiglio Stato , sez. IV, 30 settembre 2002, n. 5003)Tale orientamento appare al Collegio condivisibile, in quanto rispettoso delle garanzie procedimentali avulse da meccanicistiche applicazioni a natura essenzialmente formalistica.Sotto altro profilo, conforto a tale interpretazione si rinviene in relazione al sopravvenuto disposto del comma 2 dell’art. 21 octies legge 15/2005, specificamente riferita alla violazione procedimentale dell’articolo 7, ed applicabile tanto alla ipotesi di atto vincolato che a quella di atto discrezionale: la novella legislativa ha previsto che l’amministrazione può dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, così superando la censura di carattere formale (per una recente ricostruzione del sistema alla luce della “novella”, si veda Consiglio Stato , sez. VI, 07 gennaio 2008, n. 19).Una interpretazione corretta della disposizione in ultimo citata impone che essa vada estesa ai casi (come quello in esame) in relazione ai quali, per il concreto atteggiarsi del processo di primo grado, l’amministrazione possa dimostrare che dall’accoglimento del gravame e dalla declaratoria del relativo vizio (con onere di reiterazione della procedura, emendata dalla lacuna riscontrata) l’impugnante non possa ricavare alcun giovamento.Orbene: se si pone mente alla circostanza che nessuna contestazione in punto di fatto o di diritto avverso la variante approvata era (ed è) ormai possibile, (stante la pronunciata statuizione di inammissibilità del gravame avverso la variante urbanistica contenuta nella sentenza di primo grado, ormai sul punto peraltro regiudicata) appare evidente che l’eventuale rinnovo del contraddittorio procedimentale con riferimento alla dichiarazione di pubblica utilità non possa giovare in alcun modo all’appellato (né, rileva incidentalmente il Collegio,ove ad esso si fosse dato corso in passato avrebbe potuto sortire effetti utili alla posizione di questi, tenuto conto della insussistenza di profili sostanziali da opporre alle avversate scelte urbanistiche, per il vero neppure decisamente prospettati).»

Sintesi: Un atto inefficace non può essere considerato lesivo e la dichiarazione di pubblica utilità “qualora non sia stato apposto il vincolo preordinato all'esproprio … diventa efficace al momento di tale apposizione a norma degli articoli 9 e 10” (così l’articolo 12 del D.P.R. n. 327); ne consegue che nessun onere di impugnazione sussiste in ordine alla delibera con cui è adottata la variante semplificata al P.R.G. e approvato il progetto definitivo dell’opera dichiarandone la pubblica utilità, mai divenuta efficace, per non essersi mai perfezionato il procedimento di variante.

Estratto: «In generale la decorrenza del termine d’impugnazione dei provvedimenti amministrativi non può che farsi risalire al momento in cui si verifica la lesione della situazione soggettiva dell’interessato.Nella fattispecie questo momento va identificato con l’adozione e comunicazione del decreto di espropriazione dei suoli di proprietà del ricorrente; solo in tale momento, infatti, il ricorrente ha avuto piena conoscenza della lesione (o meglio dell’ablazione) del suo diritto di proprietà.Il punto merita qualche approfondimento in relazione all’impugnazione della delibera C.C. n. 10 del 9 aprile 2009, con cui il comune ha adottato la variante semplificata al proprio P.R.G. e approvato il progetto definitivo dell’opera dichiarandone la pubblica utilità. Si tratta infatti di un provvedimento che il ricorrente ha conosciuto in epoca ampiamente anteriore alla proposizione del ricorso, per cui, tenuto anche conto del tradizionale orientamento giurisprudenziale che ritiene la dichiarazione di pubblica utilità un atto lesivo degli interessi del proprietario del suolo cui essa si riferisce, bisogna effettivamente chiedersi se il ricorrente avesse un onere di tempestiva impugnazione e se quindi egli sia o meno incorso in una decadenza.La risposta al quesito è negativa per due ragioni.La prima è che, a ben vedere, benché il ricorrente indichi questa delibera tra gli atti impugnati, egli in realtà non formula alcuna censura nei suoi confronti, poiché la tesi del ricorrente non è che questa delibera sia illegittima ma che essa non è mai divenuta efficace, non essendosi mai perfezionato il procedimento di variante semplificata, il quale presuppone l’invio della delibera alla regione e l’approvazione della variante da parte di quest’ultima ovvero, nel caso d’inerzia della regione protratta per 90 giorni, una successiva delibera di consiglio comunale che, preso atto di questa inerzia, dichiari esecutiva la variante.La seconda ragione, strettamente connessa alla prima, è che un atto inefficace non può essere considerato lesivo e la dichiarazione di pubblica utilità “qualora non sia stato apposto il vincolo preordinato all'esproprio … diventa efficace al momento di tale apposizione a norma degli articoli 9 e 10” (così l’articolo 12 del D.P.R. n. 327).In definitiva il ricorrente, non avendo mai avuto conoscenza dell’esistenza ed efficacia di un vincolo di preordinazione all’esproprio dei suoli di sua proprietà prima della comunicazione del decreto del 20 ottobre 2010, non era onerato a impugnare atti presupposti non attualmente lesivi di suoi interessi.»

Sintesi: Inamissibile è l'impugnativa della variante adottata ex art. 19 DPR 327/2001, quale parte ricorrente abbia gravato unicamente la deliberazione di attribuzione dell’efficacia e quella di adozione, e non anche l'approvazione; ciò in considerazione della natura di atto complesso del piano urbanistico (e della sua variante) e della circostanza che al momento dell'impugnazione il procedimento di variante si era già concluso in tutta la sua completa articolazione (non risultando, di conseguenza, applicabile l’orientamento giurisprudenziale sulla autonoma impugnabilità della sola adozione, sulla non necessità della impugnazione della successiva approvazione e sull’effetto caducante dell’annullamento dell’adozione).

Estratto: «Resta da esaminare l’eccezione di inammissibilità relativa alla mancata impugnativa degli atti ( posti in essere dalla Provincia di Salerno) di approvazione della variante urbanistica ed alla mancata notificazione del ricorso alla Provincia medesima.Va, invero, rilevato che i suoli interessati dall’intervento per cui è causa, per come emerge dalle delibere impugnate, avevano originaria destinazione “in parte ad opere di urbanizzazione, in parte quale area residua di zona C, in parte area scoperta dell’IACP ed in parte area residua di zona C1” e con la variante semplificata ex art. 19 dpr n. 327/2001 assumono la nuova destinazione urbanistica di zona G, cioè “zona per attrezzature pubbliche e residenze”.La richiamata variante, nella sua formulazione definitiva, risulta essere stata adottata dal Comune con la delibera di C.C. n. 26 del 20-6-2007; di poi, la stessa è stata approvata dalla Giunta Provinciale con delibera n. 367 del 5-9-2007, cui ha fatto seguito il decreto del Presidente della Provincia n. 47 del 3-10-2007; infine, con la delibera di C.C. n. 62 del 28-11-2007 il Consiglio Comunale di Roccadaspide , conformemente alla prescrizione del comma 4 dell’art. 19 del dpr n. 327/2001, ne ha disposto l’efficacia.Orbene, parte ricorrente ha gravato unicamente la deliberazione di C.C. n. 62/2007 (di attribuzione dell’efficacia) e n. 26 del 20-6-2007 (di adozione), mentre non vi è stata espressa impugnativa dei provvedimenti di approvazione emanati dalla Provincia di Salerno.Ciò posto, ritiene il Tribunale, in considerazione della natura di atto complesso del piano urbanistico (e della sua variante) e della circostanza che al momento della impugnazione il procedimento di variante si era già concluso in tutta la sua completa articolazione (non risulta, di conseguenza, applicabile l’orientamento giurisprudenziale sulla autonoma impugnabilità della sola adozione, sulla non necessità della impugnazione della successiva approvazione e sull’effetto caducante dell’annullamento dell’adozione), che la prospettata censura di inammissibilità del ricorso colga nel segno e sia condivisibile.»

Sintesi: L’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio (nel caso di specie) mediante adozione di variante ex art. 19 DPR 327/2001, richiede per il suo perfezionamento, la successiva determinazione regionale approvativa della variante, che perfeziona l’atto complesso, con la conseguenza che la delibera comunale non perfeziona la fattispecie ed è necessaria, dopo il suo completamento, ai fini della tutela giurisdizionale, l’impugnativa di tutti gli atti che la costituiscono e comunque la notificazione del ricorso anche all’autorità competente all’approvazione.

Estratto: «L’articolo 9 del dpr n. 327/2001 prevede che “un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale ovvero una sua variante che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità”.Il comma 2 del successivo articolo 10 dispone che “il vincolo può essere disposto, dandosene espressamente atto, con il ricorso alla variante semplificata al piano urbanistico, da realizzare …con le modalità e secondo le procedure di cui all’articolo 19, commi 2 e seguenti”.Da quanto sopra risulta, dunque, che il procedimento di variante semplificata serve all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.La funzionalizzazione delle disposizioni contenute nella sezione III del richiamato testo normativo (“Disposizioni sull’approvazione di un progetto di un’opera non conforme alle previsioni urbanistiche”) alla sola fase del procedimento espropriativo di apposizione del vincolo viene confermata, in tutta evidenza, dalla lettura dell’art. 19.Questo, rubricato “approvazione del progetto”, prevede , al primo comma, che “la variante al piano regolatore può essere disposta…. con le modalità di cui ai commi seguenti” e precisa, al secondo comma, che “l’approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio comunale costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico”, disciplinando, poi, in termini semplificati il successivo momento della approvazione regionale (o subregionale) .Dalle considerazioni sopra svolte, dunque, deriva che “l’approvazione del progetto” prevista dall’articolo 19 ed il suo peculiare procedimento sono funzionali alla sola fase di apposizione del vincolo espropriativo (che si appone con l’atto, ordinario o semplificato, di pianificazione urbanistica).La norma, pertanto, limitando i suoi effetti alla sola imposizione del vincolo, non trova applicazione ai fini della fase di dichiarazione della pubblica utilità, la quale resta regolata dalla disciplina ordinaria che ad essa si riferisce.Quanto a quest’ultima, vale, invero, il disposto del primo comma dell’articolo 12 del testo unico, a mente del quale “La dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta ….quando l’autorità espropriante approva a tal fine il progetto definitivo dell’ opera pubblica o di pubblica utilità…”.In sintesi può, dunque, affermarsi che, ai fini dell’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio, è necessaria l’approvazione del progetto (che costituisce adozione di variante) seguita dalla approvazione regionale o subregionale, anche per silentium (che conclude la fase costitutiva del procedimento), mentre, ai fini del perfezionamento della dichiarazione di pubblica utilità, è sufficiente la sola approvazione del progetto definitivo da parte dell’autorità espropriante.Trasponendo le suesposte argomentazioni alla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, va osservato che il Comune resistente, con la richiamata delibera di C.C. n. 26/2007 di approvazione del progetto definitivo dell’opera, ha adottato la variante al PRG ed ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera.Si è, dunque, di fronte ad un provvedimento formalmente unico, scindibile però in autonomi contenuti provvedimentali.L’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio richiede per il suo perfezionamento la successiva determinazione regionale approvativa della variante, che perfeziona l’atto complesso, con la conseguenza che la delibera comunale non perfeziona la fattispecie ed è necessaria, dopo il suo completamento, ai fini della tutela giurisdizionale, l’impugnativa di tutti gli atti che la costituiscono e comunque la notificazione del ricorso anche all’autorità competente all’approvazione.Invece, la dichiarazione di pubblica utilità, che è provvedimento diverso ed autonomo rispetto all’atto impositivo del vincolo, diviene perfetta con la sola approvazione del progetto definitivo da parte dell’autorità espropriante.La sua impugnazione è, pertanto, ammissibile senza dover gravare anche gli atti della Provincia (che si riferiscono alla variante ed all’approvazione del vincolo) e senza dover notificare il ricorso a quest’ultimo ente.L’inammissibilità del ricorso contro la determinazione impositiva del vincolo preordinato all’esproprio, infine, non rende inammissibile il gravame avverso l’atto dichiarativo della pubblica utilità.I rilievi sopra svolti trovano conferma nel dettato normativo, che configura l’autonomia dei due atti, non legati da vincolo di presupposizione necessaria.Il comma 3 dell’articolo 12 del testo unico prevede, infatti, che “qualora non sia stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio la dichiarazione di pubblica utilità diventa efficace al momento di tale apposizione a norma degli artt. 9 e 10”.L’esistenza del vincolo incide, pertanto, sulla sola efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e non anche sulla sua esistenza e legittimità, ben potendosi verificare che quest’ultima si perfezioni come fattispecie provvedimentale prima che il vincolo sia stato apposto, essendo necessaria l’apposizione di esso solo ai fini della sua efficacia.Da quanto sopra discende che il ricorso avverso le delibere di C.C. n. 26/2007 e n. 62/2007 è inammissibile nella parte in cui esse dispongono la variante allo strumento urbanistico e l’apposizione del vincolo espropriativo; il ricorso è, invece, ammissibile nella parte in cui, nell’approvare il progetto definitivo, tali atti costituiscono dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.»

Sintesi: L’inammissibilità del ricorso contro la determinazione impositiva del vincolo preordinato all’esproprio ex art. 19 DPR 327/2001, non rende inammissibile il gravame avverso l’atto dichiarativo della pubblica utilità; ciò trova conferma nella disposizione di cui all'art. 12 comma 3 del medesimo decreto, che configura l’autonomia dei due atti, non legati da vincolo di presupposizione necessaria.

Estratto: «L’articolo 9 del dpr n. 327/2001 prevede che “un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale ovvero una sua variante che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità”.
[...omissis: vedi sopra...]

Sintesi: Nel sistema di cui all'art. 19 DPR 327/2001, fermo restando l'impugnabilità della prima delibera (che come ogni altra delibera di adozione di una variante al P.R.G. è in grado di produrre effetti preliminari e quindi di incidere negativamente su interessi privati) – un onere di impugnazione da parte di chi voglia sottrarsi agli effetti dell’approvazione della variante non può che sorgere a seguito e in conseguenza della definizione del procedimento.

Estratto: «2. In ordine al ricorso principale il comune anzitutto eccepisce la tardività dell’impugnazione della delibera C.C. n. 74 del 22 dicembre 2005 (sottolineando che il precedente ricorso n. 344 del 2006, con cui tale delibera è stata pure impugnata è inammissibile perché non è stato rispettato il termine dimidiato per il deposito ex articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034).L’eccezione è infondata nei limiti precisati in prosieguo.Nel sistema previsto dall’articolo 19 del D.P.R. n. 327 del 2001 occorre distinguere la delibera che approva il progetto e adotta la variante al piano regolatore dal provvedimento con cui la variante è approvata ovvero, in caso di silenzio dell’ente competente all’approvazione, dal provvedimento con cui il Consiglio comunale, preso atto del mancato dissenso entro novanta giorni, dichiara efficace la variante.La delibera che approva il progetto è senza dubbio un provvedimento amministrativo ma tale provvedimento – sia per quanto concerne il profilo relativo alla variante urbanistica che per quanto concerne il profilo dell’approvazione del progetto – non è in grado di produrre effetti se non quando il procedimento si è definitivamente concluso con l’approvazione esplicita della variante o con la dichiarazione della sua efficacia da parte del consiglio comunale in caso di mancato dissenso.Di conseguenza – fermo restando la impugnabilità della prima delibera (che come ogni altra delibera di adozione di una variante al P.R.G. è in grado di produrre effetti preliminari e quindi di incidere negativamente su interessi privati) – un onere di impugnazione da parte di chi voglia sottrarsi agli effetti dell’approvazione della variante non può che sorgere a seguito e in conseguenza della definizione del procedimento.Di conseguenza il ricorso all’esame è ammissibile, non potendosi ritenere che i ricorrenti avessero l’onere di impugnazione immediata della delibera n. 74 del 22 dicembre 2005; non è invece dubbio che sia tardiva l’impugnazione delle delibere di giunta che hanno approvato il progetto preliminare dell’opera (peraltro l’impugnazione di queste delibere risulta essenzialmente formale dato che i vizi dedotti investono in realtà essenzialmente la variante al P.R.G. e il progetto definitivo-esecutivo dell’opera).»

Sintesi: Nell’ipotesi in cui operi il meccanismo automatico di approvazione tacita regionale, formativo del silenzio assenso, ex art. 19 DPR 327/2001, le cui fasi, però, non sono conosciute dal privato (al quale non viene data comunicazione della trasmissione del provvedimento alla regione per l’ulteriore corso), l’interesse all’impugnazione della deliberazione di approvazione del progetto in variante, costituente unico atto della sequenza procedimentale della variante urbanistica conosciuto dall’interessato, sorge immediatamente.

Estratto: «3) Con una ulteriore censura l’appellante Comune deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto la sussistenza in capo alla ricorrente di un interesse a ricorrere, attuale e concreto, con riferimento al gravame proposto avverso la deliberazione consiliare n. 30/C del 29 aprile 2005
[...omissis: vedi sopra...]

 

Pubblicato il 20/02/2023

N. 01102/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03558/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3558 del 2021, proposto da
Immobiliare Simonelli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabrizio Perla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via S. Brigida n. 39;

contro

- Comune di Casaluce, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Parisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Provincia di Caserta, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianfranco D'Angelo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

- quanto al ricorso introduttivo:

per l'annullamento, previa sospensione:

- della Determinazione Dirigenziale n. 104 del 22.06.2021, n. Generale 223 del 22.06.2021, a firma del Responsabile dell'Area I – Amministrativa del Comune di Casaluce, pubblicata sull'Albo pretorio del Comune dal 22.06.2021 al 07.07.2021, recante la conferma della conclusione negativa della Conferenza di servizi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 14 della legge n. 241/1990, adottata con Determinazione n. 20 del 26.01.2021, indetta su istanza della società ricorrente, in relazione al progetto per la realizzazione di una unità produttiva di carattere terziario in Via Limitone II Tratto;

- degli atti preordinati, connessi e consequenziali;

- quanto al ricorso incidentale presentato da Comune di Casaluce il 9/9/2021:

- della nota a firma del Responsabile del Servizio Governo del Territorio della Provincia di Caserta, acquisita al prot. n. 43 del 4.1.2021, con cui, a rettifica del parere precedentemente espresso, si assume la coerenza dell'intervento in variante al P.R.G. alle strategie del P.T.C.P. sul presupposto, asseverato dal tecnico di parte, che l'area oggetto di intervento sia riconducibile a “territorio negato con potenzialità insediativa” (art. 77 N.T.A. del P.T.C.P.);

- della successiva nota, sempre a firma del Responsabile del Servizio Governo del Territorio della Provincia di Caserta, trasmessa a mezzo PEC e acquisita al prot. n. 1192 del 4.2.2021, mercè la quale, su impulso di parte ricorrente, l'area de qua veniva inopinatamente qualificata come “territorio negato con potenzialità insediativa” con conseguente dichiarazione di coerenza alle strategie del piano di coordinamento sovracomunale senza, tuttavia, esprimere alcuna determinazione favorevole di competenza nel merito del progetto presentato;

- della nota a firma del Responsabile del Servizio Governo del Territorio della Provincia di Caserta, acquisita al prot. n. 1382 del 10.2.2021, di conferma del precedente indirizzo in riscontro alla richiesta di chiarimenti del Comune;

- di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e conseguenziale, anche se di natura endoprocedimentale, parimenti lesivo (note n. 45721 del 20.11.2020, n. 50436 del 18.12.2020, n. 121 del 4.1.2021, n. 132 del 4.1.2021, n. 5416 del 3.2.2021, n. 5420 del 3.2.2021)

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Casaluce e di Provincia di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2022 il dott. Vincenzo Cernese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso, notificato il 02.08.2021 e depositato il 03.09.2021, la Società “Immobiliare Simonelli S.r.l.”, nella dedotta qualità di proprietaria di un suolo in Casaluce, alla Via Limitone II tratto, identificato al Catasto Terreni del Comune al Foglio n. 9, Part.lla n. 1209, riferisce, in fatto, che:

- essendo interessata a realizzare un’unità produttiva di carattere terziario su detto lotto, l’Arch. Simonelli, nella qualità di legale rappresentante della società, produceva al Comune di Casaluce istanza corredata dei relativi documenti, tesa al rilascio di Permesso di Costruire in variante al

Piano Regolatore Generale vigente, ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. 07.09.2010, n. 160 e ss.mm.ii., acquisita al Prot. comunale n. 13781 del 29.11.2018, finalizzata alla realizzazione di un “insediamento produttivo destinato alla costruzione di una unità produttiva a carattere terziario.

Produzione di Pallet e produzione di pedane in legno”;

- con Deliberazione n. 38 del 07.12.2018, il Consiglio Comunale di Casaluce accoglieva la proposta presentata dalla società ricorrente riconoscendone la valenza di intervento di “interesse pubblico”;

e, con nota Prot. n. 12975 del 19.11.2019, il Responsabile dell’Ufficio SUAP del Comune di Casaluce dava avvio alla procedura ex art. 8 del d.P.R. n. 60/2010, richiedendo, in via preliminare, il rilascio delle attestazioni e certificazioni necessarie per la valutazione dell’istanza e trasmettendo la documentazione tecnico - amministrativa ivi indicata alla Area III – Assetto del Territorio e Investimenti;

- successivamente, con nota Prot. n. 12979 del 19.11.2019, il Responsabile del SUAP del

Comune di Casaluce chiedeva al Sindaco, nel rispetto della procedura prevista dal Regolamento di Attuazione per il Governo del Territorio n. 5, del 04.08.2011, adottato con Deliberazione della Giunta della Regione Campania, di provvedere alla nomina dell’Autorità Competente dell’Autorità Procedente, ciascuna per le loro specifiche competenze e/o responsabilità;

- il Comune di Casaluce, con Decreto sindacale n. 1 del 24.01.2020, nominava, per tutti i procedimenti amministrativi derivanti dalla presentazione al SUAP di istanze ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010, quale Autorità procedente, il Responsabile del SUAP e quale Autorità competente per l’assoggettabilità a VAS, l’Istruttore direttivo tecnico del Comune di Casaluce;

- l’Autorità Procedente e l’Autorità Competente, di concerto tra loro, individuavano, giusta Verbale Prot. n. 9036 del 22.07.2020, i Soggetti Competenti in Materia Ambientale (S.C.A.), ai quali ai fini

dell’acquisizione dei rispettivi pareri di competenza, l’Autorità procedente avrebbe trasmesso - come anticipato nel predetto verbale - il rapporto preliminare di Scoping allegato, unitamente ad una copia di detto verbale;

- con nota del Comune di Casaluce Prot. n. 9134 del 24.07.2020, l’Autorità procedente, richiedeva circa l’assoggettabilità a VAS agli individuati S.C.A. di far pervenire, con riferimento all’intervento in oggetto, parere ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 152/2006 ed, in base a vari pareri, tra cui quello dell’ARPAC Campania (che, però, non rientrando il procedimento in esame compreso nel Piano annuale di attività rappresentava che non avrebbe reso alcun parere);

- acquisiti al Protocollo Generale dell’Ente comunale i pareri pervenuti nel lasso di tempo assegnato, da alcuni degli individuati SCA, l’Autorità competente, con Decreto n. 18 del 11.09.2020, Prot. n. 10565, stabiliva di non assoggettare alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) il progetto di variante puntuale al Piano Regolatore Generale presentato dalla ricorrente;

- inoltre, con nota del Comune di Casaluce, Prot. n. 10541 dell’11.09.2020, il Responsabile dell’Area III – Assetto del Territorio e Investimenti, indirizzata al Responsabile dell’Ufficio SUAP, rappresentava che il Comune di Casaluce non disponesse di aree da destinare ad insediamenti produttivi; ed, inoltre, che l’attestazione di conformità del progetto presentato a norma di leggi e regolamenti potesse essere rilasciata solo all’esito positivo della successiva conferenza di servizi, da indire ai sensi degli artt. 14 e ss. della L. n. 241/90; infine che l’area interessata dal progetto non fosse sottoposta a vincolo archeologico e storico-paesaggistico di cui al D.Lgs. n. 42/2004, né fosse sottoposta, altresì, a vincoli di inedificabilità assoluta anche in considerazione delle norme contenute nel nuovo Codice della Strada;

- dunque, con nota del Comune di Casaluce Prot. n. 12120 del 20.10.2020, l’Autorità procedente indiceva e convocava Conferenza di servizi decisoria semplificata ed asincrona ai sensi degli artt. 14 e ss. l. n. 241del 1990;

- dopo che, con nota n. 2020 -0499794, acquisita al Prot. comunale n. 12120 del 26.10.2020, in riscontro alla precedente nota dell’U.O.D. 05 Genio Civile di Caserta, l’Autorità procedente comunicava che i richiesti documenti, per esigenze di pubblicità e trasparenza del procedimento fossero pubblicati sul sito dell’ente comunale;

- nel Verbale del 20.11.2020, Prot. comunale n. 13755, preso atto della comunicazione del Genio Civile di Caserta in merito all’espressione del parere dallo stesso reso in data 17.11.2020 e della nota trasmessa in pari data dall’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, il tecnico della ricorrente faceva rilevare che il 23.11.2020 fosse la data conclusiva del procedimento in oggetto, dalla quale sarebbe decorso il termine di cinque giorni lavorativi per l’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento, al ché il Responsabile SUAP evidenziava che non fosse ancora pervenuto il parere favorevole del Genio Civile, sebbene espressamente richiesto, ed essendo detto parere vincolante, ai sensi dell’art. 89 del d.P.R. n. 380/2001, lo stesso dovesse essere necessariamente acquisito al fine dell’esatta definizione dell’istruttoria, per modo che, con nota Prot. 2020.0551318 del 20.11.2020, acquisita al Prot. comunale n. 13749, il Genio Civile di Caserta, Presidio di Protezione Civile, decretava di esprimere parere favorevole ai fini della verifica di compatibilità tra le previsioni dello strumento urbanistico in oggetto e le condizioni geomorfologiche;

- con nota Prot. n. 13811 del 23.11.2020, il Settore Pianificazione Territoriale – Governo del Territorio e Servizio ai Comuni della Provincia di Caserta, evidenziava che la dichiarazione di coerenza alle strategie del PTCP del progetto in variante in oggetto fosse subordinata, pena

decadenza della stessa dichiarazione di coerenza, alle prescrizioni ivi indicate, facendo richiamo all’art. 3, comma 1 del Regolamento di Attuazione per il Governo del Territorio n. 5, del 04.08.2011 e, pertanto, ignorando che nel Comune di Casaluce fosse vigente il P.R.G. e non il

P.U.C. e che quindi per l’intervento de quo trovasse applicazione l’art. 6, comma 4, del citato Regolamento n. 5/2011, secondo cui “per i Comuni che siano sprovvisti di PUC, nel periodo transitorio di cui al comma 3, dell’articolo 1, le varianti allo strumento urbanistico vigente, comprese quelle avviate mediante accordo di programma, sono consentite esclusivamente per la

realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico”;

- l’Autorità procedente, Responsabile dell’Ufficio SUAP, con nota comunale n. 13872 del 24.11.2020, trasmetteva all’Autorità Competente la dichiarazione di coerenza emessa dalla Provincia di Caserta, con la quale tale ente interpellato indicava le prescrizioni da osservare per l’approvazione finale del predetto progetto, per modo che l’Autorità competente, il Responsabile dell’Area III – Tecnica Urbanistica, con nota comunale Prot. n. 14412 del 09.12.2020, in riscontro alla richiamata nota dell’Autorità procedente, accertava quanto richiesto dalla Provincia di Caserta, precisando che con riferimento alle verifiche di cui ai punti c) ed e) dell’elenco contenuto nel parere reso dalla Provincia di Caserta, le stesse esulassero dalle competenze dell’Ufficio Urbanistica e restassero di esclusiva competenza dell’Autorità procedente;

- il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Caserta – Ufficio Prevenzione Incendi, con nota Registro Ufficiale U.0020309 del 23.12.2020, con riferimento all’istanza di valutazione del progetto de quo, esprimeva parere favorevole sulla conformità del progetto alla normativa ed ai criteri di prevenzione incendi;

- in ragione delle prescrizioni richieste della Provincia di Caserta nella richiamata nota, la Progetti Industriali S.r.l. depositava, ad integrazione della pratica, un “Rapporto di Scoping sui possibili impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione della realizzazione delle unità

produttive”, acquisito al Prot. comunale n. 14990 del 28.12.2020;

- la Provincia di Caserta con nota Prot. n. 44 del 04.01Prot. Generale comunale n. 43, preso atto della richiamata relazione integrativa (Rapporto di Scoping) della società istante, nella quale si asseverava che il lotto in questione è un’area negata con potenziali per i motivi ivi descritti, rettificava parzialmente il parere precedentemente espresso dal Servizio Governo del Territorio e Servizi ai Comuni con nota n. 50436 del 21.12.2020, rappresentando che la dichiarazione di coerenza alle strategie del PTCP del progetto in variante presentato ed integrato dalla società istante, fosse subordinata al rispetto dell’art. 3, comma 4, delle Norme Tecniche Attuative del PTCP vigente, lasciando inalterate le relative prescrizioni indicate nella precedente richiamata nota, l’Autorità procedente, con nota Prot. n. 53 del 04.01.2021, trasmetteva all’Autorità competente la richiamata nota della Provincia di Caserta Prot. n. 44 del 04.01.2020, di rettifica parziale del precedente parere di detto ente, chiedendo a tale Autorità di esprimere il proprio parere sulla coerenza dell’intervento oggetto di istanza di variante alle strategie del PTCP, dal momento che la Provincia di Caserta non si era pronunciata in tal senso subordinando invece la dichiarazione di coerenza al rispetto dell’art. 3, comma 4 delle NTA del PTCP, ferme le prescrizioni precedentemente date.

Con nota Prot. n. 580 del 19.01.2021, l’Autorità competente, con riferimento alle richiamate note Prot. n. 53 del 04.01.2021 dello Sportello Unico Attività Produttive e Prot. n. 121 del 04.01.2020 della Provincia di Caserta – Servizio Governo del Territorio, rappresentava al Responsabile del SUAP che la dichiarazione di coerenza rispetto alle strategie del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale fosse di esclusiva competenza della Provincia e non potesse essere da detto ente subordinata all’eventuale espletamento di ulteriori attività istruttorie da parte del Comune esulando il rilascio del parere di coerenza dell’istanza prodotta dalle competenze del Responsabile dell’Area III – Tecnica Urbanistica, si rimetteva, quindi, allo Sportello SUAP l’adozione di ogni ulteriore adempimento per la conclusione del procedimento;

- il tecnico incaricato, con nota Prot. n. 718 del 22.01.2021, trasmetteva alla Provincia di Caserta e al Comune di Casaluce richiesta di chiarimenti in ordine alle richiamate note n. 50436 del 18.12.2020 e n. 122 del 04.01.2021 del Settore Pianificazione Territoriale/Governo del Territorio e Servizi ai Comuni della Provincia di Caserta, nonché atto di invito alla conclusione del procedimento chiedendo alla Provincia di Caserta di chiarire se ritenesse sussistente la coerenza del progetto alle prescrizioni del PTCP, dal momento che il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 3, comma 4 della NTA del PTCP vigente era già stato asseverato dallo stesso tecnico;

- con Determinazione Dirigenziale n. 9/2020 Ufficio Protocollo e Num. Generale 20 del 26.01.2021, l’Autorità procedente, dando atto che la Provincia di Caserta, nelle richiamate note, non avesse mai formulato espressa dichiarazione di conformità, ovvero di coerenza dell’intervento alla strategia del PTCP di Caserta, rimettendo, invece, al SUAP e all’Ufficio Tecnico del Comune di Casaluce alcune prescrizioni per nulla attinenti a detto assenso provinciale, approvava il Verbale della Conferenza in modalità sincrona finalizzata alla disamina per l’approvazione del progetto in esame ed adottava provvedimento di conclusione negativa della Conferenza dei servizi ai sensi e per gli effetti dell’art. 14-bis, 2 comma della L. n. 241/1990 in relazione al progetto de quo, assumendo che “l’intervento in oggetto non risulta conforme alle previsioni del sovraordinato Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) approvato con delibera di Giunta provinciale n. 26 del 26.04.2012”;

- la società ricorrente, con nota del 29.01.2021, a firma dell’Avv. Concetta Di Natale, trasmessa a mezzo PEC alla Provincia di Caserta e al Comune di Casaluce ed acquisita al Prot. comunale n.956 22el 01.02.2021, in riscontro alla citata Determinazione num. generale n. 20 del 26.01.2021,

richiedeva al Geom. Gentile, nella qualità di Responsabile del Settore Governo del Territorio della Provincia di Caserta, di chiarire definitivamente, con la massima celerità, se il progetto presentato dalla società istante fosse o meno coerente con il PTCP;

- con nota della Provincia di Caserta – Settore Pianificazione Territoriale –Servizio Governo del Territorio e Servizi ai Comuni, acquisita al Prot. comunale n. 1192 del 04.02.2021, con riferimento alla predetta nota dello Studio Legale Di Natale, si rappresentava definitivamente che, alla luce

degli atti acquisiti e dell’asseverazione del tecnico di parte che dichiarava il lotto in questione fosse un’area negata con potenzialità insediativa per i motivi ivi descritti, come stabilito dall’art. 78 delle NTA del PTCP, il progetto de quo fosse coerente alle strategie del PTCP;

- tuttavia, il Comune di Casaluce, con nota Prot. n. 1382 del 10.02.2021, a firma dell’Avv. Di Martino, replicando alla precedente nota della Provincia acquisita al Prot. comunale n. 1191 del 04.02.2021, che si riteneva fondata su un presupposto erroneo in quanto il tecnico di parte

non avrebbe asseverato che il lotto fosse un’area negata con potenzialità insediativa, chiedeva al Dirigente del Settore Pianificazione Territoriale ed Ecologia della Provincia di Caserta di chiarire se l’ente comunale potesse ritenere validamente espresso dalla Provincia il parere definitivo di coerenza del progetto rispetto alle strategie del PTPC;

- con nota della Provincia di Caserta - Settore Pianificazione Territoriale – Servizio Governo del Territorio e Servizi ai Comuni, con riferimento alla precedente nota comunale Prot. n. 1382 del 10.02.2021, evidenziando che il Responsabile del Servizio Governo del Territorio fosse abilitato ad

esprimere parere di coerenza in forza dell’attribuzione dirigenziale n. 458/E.A. del 20.15.2019, come già comunicato nella precedente nota n. 45721 del 20.11.2020, confutando quanto asserito nella richiamata nota comunale in merito all’erroneità dei presupposti dai quali l’ente provinciale si sarebbe mosso riguardo all’asseverazione del tecnico di parte, da quest’ultimo ribadita in più note ivi indicate ed allegate in copia, confermava tutte le precedenti note del Servizio Governo del Territorio, trasmesse al SUAP (note n. 45721 del 20.11.2020; n. 50436 del 18.12.2020; n. 121 del 04.01.2021; n. 132 del 04.01.2021; n. 5416 del 03.02.2021; n. 5420 del 03.02.2021);

- l’Autorità procedente, Avv. Di Martino, con nota Prot. n. 2581 del 10.03.2021, comunicava alla società ricorrente la necessità di effettuare un sopralluogo sul terreno oggetto dell’intervento, chiedendo, pertanto, di consentire al personale del Comune di Casaluce l’accesso al terreno per il giorno ivi indicato, al quale, con nota di pari data, il Tecnico della ricorrente, acconsentiva;

- successivamente, senza che l’amministrazione avesse proceduto al richiesto e accordato sopralluogo, il Comando della Polizia Municipale del Comune di Casaluce, procedeva al sequestro ex art. 354 c.p.p. dell’appezzamento di terreno agricolo sito in Via Limitone II tratto di proprietà della società ricorrente, per l’abbandono incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi unitamente a numerosi sacchetti di plastica contenenti rifiuti assimilabili a rifiuti urbani (plastica; carta vetro; cassette di plastica e legno) ad opera di ignoti, nominando custode giudiziale l’Arch. Riccardo, giusta Verbale di sequestro Prot. n. 116/P.G./21 del 16.03.2021, convalidato con provvedimento 507463/2021 R.G. notizie di reato 7766/2021 RGIP del 17.03.2021 del Tribunale di Napoli Nord;

- il Comune resistente, con nota Prot. 3231 del 25.03.2021, a firma del Responsabile dell’Area IV - Tecnica e Lavori Pubblici, con riferimento al predetto sequestro, invitava l’Arch. Riccardo a comunicare data ed ora nelle quali convenire presso il Comune al fine di rappresentare, in

contraddittorio, tempi e modalità di rimozione dei rifiuti, nota riscontrata dall’Arch. Riccardo, nella medesima data, indicando la data dell’8.04.2021, ore 16:00;

- nelle more della risoluzione della vicenda relativa ai rinvenuti rifiuti speciali, con nota acquisita al Prot. comunale n. 3451 del 01.04.2021, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Caserta, alla luce dell’esaminata documentazione tecnica, ha espresso parere favorevole sulla conformità del progetto de quo alla normativa ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi;

- con nota del 16.04.2021, trasmessa a mezzo Pec all’amministrazione resistente, l’Arch. Riccardo informava che avrebbe comunicato solertemente i tempi e le modalità di rimozione dei rifiuti dall’area, provvedendo, infatti in data 27.04.2021, al conferimento dell’incarico di rimuoverli alla ditta EdilPicone con sede in Casaluce;

- pertanto, la società ricorrente, mediante il proprio difensore, in data 27.04.2021, presentava richiesta al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord di disporre il dissequestro temporaneo del terreno agricolo sequestrato, di proprietà della società ricorrente, per una durata di 20 giorni, al fine di consentire di procedere alla rimozione dei rifiuti speciali, nonché autorizzare l’Arch. Riccardo all’esito delle attività di rimozione dei rifiuti, a recintare detto terreno solo al fine di evitare che potessero accadere ulteriori sversamenti di rifiuti;

- il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, fermo restando il sequestro, autorizzava la rimozione temporanea dei sigilli apposti all’area sita in Casaluce alla Via Limitone, per il tempo strettamente necessario e, comunque, non superiore a 20 giorni dalla notificazione del decreto, al solo fine di procedere alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, nonché di recintare il terreno agricolo;

- pertanto, il Comando della Polizia Municipale del Comune di Casaluce, procedeva al dissequestro temporaneo del richiamato appezzamento di terreno agricolo, restituendolo al proprietario, Arch. Riccardo, redigendone relativo Verbale Prot. n. 209/P.G./ 21P. M.le del 10.05.2021;

- orbene, l’impresa EdilPicone procedeva alle operazioni di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti misti solidi non pericolosi dal terreno agricolo di proprietà della ricorrente, giusta Formulario rifiuti n. 554298 del 20.05.2021, per modo che il Comando della Polizia Municipale del Comune resistente constatava che sul terreno agricolo in Via Limitone, fossero stati completati i lavori di rimozione e smaltimento dei rifiuti, nonché la recinzione del terreno e fosse stata esibita dalla società ricorrente la documentazione attestante il regolare smaltimento dei rifiuti, giusta Verbale di riapposizione sigilli e rinomina custode giudiziale di tale appezzamento, Prot. n. 231/P.G. del 26.05.2021;

- in ragione dei mesi decorsi dalla Determinazione dirigenziale n. 8/2020 Ufficio Protocollo, di approvazione del Verbale della Conferenza in modalità sincrona e di adozione della determinazione conclusiva della stessa, senza che fosse stato completato l’iter finalizzato all’approvazione del progetto in variante presentato dalla ricorrente, la stessa, in data 26.05.2021, notificava atto di invito e diffida alla conclusione del procedimento, acquisito al Protocollo Generale del Comune di Casaluce al n. 5589 del 31.05.2021.

Date tali premesse e preso atto che, nonostante con provvedimento nel Proc. n. 507463/2021 R.G.N.R. mod 4, del 04.05.2021, il Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Napoli Nord, disponeva la revoca del sequestro preventivo del terreno in Casaluce, di proprietà della società ricorrente e, conseguentemente, la Polizia Municipale del Comune di Casaluce procedeva al dissequestro temporaneo del richiamato appezzamento agricolo restituendola al proprietario e custode giudiziale, Arch. Riccardo, redigendone il relativo Verbale di dissequestro e restituzione appezzamento di terreno, Prot. n. 209/P.G./ 21 P. M. del 10.054.2021, il Comune resistente, con Determinazione Dirigenziale n. 104 del 22.06.2021 e Num. Generale 222 del 22.06.2021, a firma del Responsabile dell’Area I – Amministrativa, aveva confermato la conclusione negativa della Conferenza dei servizi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 della L. n. 241/1990, adottata con determinazione n. 21 del 26.01.2021, assumendo che “l’intervento in oggetto non risulta conforme alle previsioni del sovraordinato Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) approvato con delibera di Giunta provinciale n. 26 del 26.04.2012”, sebbene la Provincia di Caserta, unico ente legittimato a rilasciare il parere, avesse più volte ribadito la coerenza del progetto alle strategie del PTCP.

Si è costituito in giudizio il Comune di Casaluce, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto inammissibile, improcedibile e, infondato e, comunque, in via subordinata, chiedendo l’accoglimento dello spiegato ricorso incidentale, con conseguente annullamento dei pareri resi dall’Amministrazione provinciale di Caserta, nell’ipotesi in cui dovessero essere intesi in senso favorevole alla ricorrente.

Alla pubblica udienza del 28 settembre 2022, i ricorsi, principale ed incidentale, sono stati ritenuti n decisione.

DIRITTO

In rito va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Provincia di Caserta, ad avviso di quest’ultima dovendosi dubitare, anche al di là del nomen juris adottato dall’Ente, della natura di conferma in senso proprio della determinazione negativa impugnata, trattandosi piuttosto, a ben vedere, di un atto meramente confermativo della determinazione n. 20/2021, rimasta inoppugnata.

Nella specie, poi, il primigenio diniego è intervento a valle di una conferenza dei servizi, ovvero del modulo procedimentale tipizzato dalla norma speciale invocata (art. 8 d.P.R. n. 160/2010) sicché consentire la riapertura ad libitum del procedimento su istanza di parte rappresenterebbe una distorsione dello stesso ed un indebito aggravamento dell’attività amministrazione in violazione dei canoni di efficacia, efficienza ed economicità di cui all’art. 1 della L. n. 241/90.

La tesi sostenuta dalla Provincia a supporto della propria eccezione non convince.

Invero, a dimostrazione della prosecuzione e dell’attualità dell’istruttoria procedimentale e della conseguente diversità del corredo motivazionale di ciascuna delle determinazioni impugnate che hanno recepito gli esiti della Conferenza di servizi, depone anzitutto la interlocuzione sostanziale che ne è scaturita a seguito dell’invio del preavviso di diniego, sintomatico di un’istruttoria ancora in corso e tutt’altro che sopita, sempre condizionata dai pareri ondivaghi resi dalla Provincia (e nonostante la ricorrente ritenga che quest’ultima si sia espressa favorevolmente al progetto) che in un primo momento aveva reso parere sostanzialmente contrario (attesa la onerosità delle condizioni da osservare), ma, con la nota acquisita al prot. n. 121 del 4.1.2021, a rettifica del parere precedentemente espresso, assumeva la coerenza dell'intervento in variante al P.R.G. alle strategie del P.T.C.P. sul presupposto, asseverato dal tecnico di parte, che l'area oggetto di intervento sia riconducibile a “territorio negato con potenzialità insediativa” (art77 N.T.A. del P.T.C.P.) e, nella successiva nota acquisita al prot. n. 1191 del 4.2.2021, l'area de qua veniva qualificata come “territorio negato con potenzialità insediativa” con conseguente dichiarazione di coerenza alle strategie del piano di coordinamento sovracomunale, salvo, poi, a non esprimere alcuna determinazione favorevole di competenza nel merito del progetto presentato, rimettendo ogni decisione al Comune di Casaluce.

In realtà si è trattato sempre di pareri interlocutori che però hanno contribuito a tenere alta l’attenzione delle parti sul tema.

Infine da non sottovalutare è che, a “tenere aperto” il procedimento anche dopo la prima determinazione sfavorevole, ha contribuito anche la vicenda problematica dei rifiuti speciali abbandonati in maniera incontrollata da ignoti, rinvenuti nel sito interessato dall’intervento da realizzare.

Ne consegue che, in relazione alla conclusione della Conferenza di servizi, la determina n. 103 del 22.06.2021, non può considerarsi meramente confermativa di quella precedente ed è, quindi, autonomamente impugnabile.

Ciò posto, passando alla disamina del ricorso principale, viene all’attenzione del Collegio il provvedimento in epigrafe con cui, nel recepire le conclusione negativa della Conferenza di servizi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 della legge n. 241/1990, adottata con Determinazione n. 21 del 26.01.2021, indetta su istanza della società ricorrente, in relazione al progetto per la realizzazione di una unità produttiva di carattere terziario in Via Limitone II Tratto, si respinge la predetta istanza.

Deduce la ricorrente che il provvedimento impugnato risulterebbe illegittimo in quanto adottato in evidente violazione della legge sul procedimento amministrativo e degli stessi princìpi regolatori, sotto più profili:

- in primo luogo vi sarebbe una contraddittorietà nell’agire della Amministrazione laddove - dopo aver comunicato l’esigenza di procedere ad un sopralluogo per l’istruttoria della procedura, finalizzato ad acquisire ulteriori elementi in relazione al terreno di proprietà della ricorrente, (ritenendo il rapporto di scoping allegato dalla ricorrente al progetto insoddisfacente ai fini della soluzione della nuova problematica emersa) - del tutto inspiegabilmente, come se tale necessità fosse venuta improvvisamente meno, non procedeva poi allo stesso, giungendo, invece, sulla base degli atti a sua disposizione, a concludere negativamente la convocata Conferenza dei servizi;

- inoltre, il provvedimento gravato si porrebbe in violazione della L. n. 241/1990 - segnatamente dell’art. 14 ter, comma 7 - atteso che la richiamata disposizione, com’è noto, prevede che l’amministrazione procedente adotti la determinazione conclusiva della conferenza di servizi sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza, mentre, nella fattispecie in esame, l’Amministrazione resistente non sarebbe è attenuta alle prevalenti posizioni degli enti, concludendo negativamente la indetta conferenza di servizi in assenza di condizioni che avrebbe giustificato tale esito;

- ancora, la determinazione impugnata, sarebbe illegittima in quanto viziata da un palese errore di valutazione e di travisamento dei fatti, che appaiono, in realtà, del tutto differenti da quanto inopinatamente affermato dall’amministrazione resistente;

- da ultimo, la determinazione dirigenziale gravata sarebbe illegittima, nel merito, anche in ordine alla motivazione addotta dall’amministrazione comunale a supporto della conclusione negativa della indetta Conferenza dei servizi.

Osserva il Collegio che, in generale, non appare manifestamente illogico o irrazionale denegare una variante in deroga allo strumento urbanistico generale, al fine di consentire l’insediamento di una iniziativa industriale in una zona agricola (che rimane tale anche se abusivamente trasformata in discarica), per di più oggetto di sequestro penale. Su tale fondamentale motivo del provvedimento impugnato, nulla obietta la Società ricorrente, che si limita ad una semplice considerazione della scelta di pareri (o presunti tali) espressi dalla Provincia di Caserta, a suo dire, tutti favorevoli al progetto.

In relazione a tale situazione, il preliminare rapporto di scoping elaborato dalla ricorrente per ovviare a quanto andava emergendo, prova troppo e si rivela quanto meno poco conferente, atteso che la vera ragione ostativa all’intervento proposto è da ravvisarsi nella caratterizzazione come agricola dell’area interessata dal progetto di industrializzazione, senz’altro incompatibile con la vocazione agricola o ambientale manifestata dal territorio.

Inoltre, la situazione è aggravata dal fatto che non consta dell’esistenza, nell’ambito del medesimo territorio comunale ed anche alla stregua di altri Piani urbanistici, di altre aree idonee ove “spostare” il progetto della ricorrente, come rappresentato con nota del Comune di Casaluce, Prot. n. 10539 dell’11.09.2020, laddove si attesta che il Comune non dispone di aree da destinare ad insediamenti produttivi, per modo che l’istanza della ricorrente potrebbe ricevere positiva valutazione unicamente all’esito della Conferenza dei servizi indetta ai sensi dell’art. 14 e ss. L. 241 dl 2002, che apporti adeguata variazione allo strumento urbanistico, dopo aver accertato l’incondizionata conformità a leggi e regolamento del progettato intervento proposto.

A tal punto conviene sgomberare il campo relativamente ad ogni perplessità o illazione circa il carattere obbligatorio del parere della Provincia di conformità al Piano provinciale dell’intervento ed il cui contenuto decisorio - contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente - allo stato, è a quest’ultima sfavorevole, potendo, al più essere considerato interlocutorio (ossia non incondizionatamente favorevole, ma neppure decisamente contrario), fermo restando che la competenza a provvedere nel merito è di esclusiva spettanza dell’Ente comunale.

Giova soggiungere, nel merito, che, in esito all’istruttoria condotta ed alla conferenza dei servizi svolta in modalità asincrona, alla luce del parere interlocutorio poi favorevolmente rassegnato in data 20.11.2020 dall’Amministrazione provinciale di Caserta, in ordine alla sola coerenza o meno al P.T.C.P., con determinazione dirigenziale n. 20 del 26.1.2021, rimasta inoppugnata, il Comune resistente, nell’esercizio dei suoi discrezionali poteri, opponeva il formale diniego all’istanza, avuto riguardo al contrasto con il piano territoriale di coordinamento provinciale (dal momento che il suolo è classificato come “Territorio rurale e aperto complementare alla città” ai sensi dell’art. 44 N.T.A. ed è gravato da vincolo conformativo di inedificabilità) ma soprattutto al particolare pregio naturalistico-ambientale dell’area oggetto di intervento, ricadente in zona del P.R.G.

Il ricorso appare infondato specie allorchè prende le mosse da una non condivisibile ricostruzione dell’istituto di semplificazione introdotto dall’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010 (c.d. conferenza dei servizi derogatoria o in variante), la cui interpretazione - alla stregua di quanto ben rilevato dalla resistente difesa comunale - non può essere correttamente inquadrata se non si considera l’antesignano precetto normativo di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 447/98: trattasi, infatti, di una procedura straordinaria ed eccezionale che, sulla scorta di una valutazione latamente discrezionale ed unanime tra le autorità competenti in materia di governo del territorio, consente di approvare un progetto per attività produttiva mediante una modifica puntuale allo strumento urbanistico, valutando in concreto l’impatto della trasformazione urbanistica sull’assetto territoriale e sempre che nel Comune non esistono altre aree idonei, in conformità allo strumento urbanistico, alla localizzazione dell’impianto.

Invero, dal punto di vista letterale il citato comma 8 dell’art. 8 del regolamento sull’istituzione dello sportello unico per le attività produttive dispone che “nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, fatta salva l'applicazione della relativa disciplina regionale, l'interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e alle altre normative di settore, in seduta pubblica. Qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, ove sussista l'assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale è trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale, ove esistente, che lo sottopone alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile. Gli interventi relativi al progetto, approvato secondo le modalità previste dal presente comma, sono avviati e conclusi dal richiedente secondo le modalità previste all'articolo 15 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”.

Dalla lettura testuale della richiamata disposizione appare chiaro che, per l’approvazione in conferenza dei servizi del progetto, è indispensabile un assenso pieno ed incondizionato delle autorità preposte al governo del territorio: nella specie, Comune e Provincia quale ente delegato dalla Regione Campania; e deve trattarsi di un assenso nel merito dell’impatto del progetto e della sua compatibilità con le scelte di pianificazione territoriale: nella specie il Comune ha ampiamente motivato sulla funzione strategia di quella porzione del territorio per preservare un polmone verde, di cuscinetto e salvaguardia naturalistico-ambientale, da destinare ad attività rurali, verde pubblico ed attrezzature (cfr. nota prot. n. 14412 del 9.12.2020 del Responsabile dell’Area Tecnica richiamata integralmente per relationem). Ciò a prescindere dall’aperto contrasto dell’iniziativa con le cogenti previsioni del P.T.C.P., vincolanti per l’Ente locali in fase di redazione del nuovo P.U.C. Non può sottacersi, infatti, come l’esito della conferenza dei servizi c.d. derogatoria sfoci in un atto complesso e pluristrutturato in cui converge la volontà di entrambi gli enti competenti, non essendo certamente utile e sufficiente all’approvazione del progetto una mera dichiarazione di coerenza al P.T.C.P. come se si fosse in presenza di una variante ordinaria ai sensi del regolamento regionale n. 5/2011.

Sul punto, va rammentato come l’art. 25, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 112 del 1998, cui è seguita in fase di esercizio della delegazione legislativa l’approvazione della analoga previsione di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 447/98, poi trasfuso nell’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010, venne dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale, 26 giugno 2001, n. 206, nella parte in cui prevedeva che, ove la conferenza di servizi avesse registrato un accordo sulla variazione dello strumento urbanistico, la determinazione avrebbe costituito proposta di variante sulla quale si sarebbe pronunciato definitivamente il consiglio comunale anche quando vi fosse stato il dissenso o il non espresso assenso della Regione.

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che lo speciale strumento della c.d. variante semplificata per attività produttive, implica l’esercizio di un potere ampiamente discrezionale, proprio perché derogatoria rispetto alla conformità con la pianificazione urbanistica, cosicchè non tutela certamente in modo diretto le aspettative dei singoli all'ottenimento di provvedimenti satisfattivi ampliativi della loro sfera giuridica (così, T.A.R. , Latina , sez. I , 19/09/2019 , n. 537; cfr. anche T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 19 dicembre 2014 n. 2206).

E’ stato, in particolare, precisato, che il predetto procedimento costituisce uno schema di semplificazione procedimentale che - piuttosto che concludersi con un secco diniego per contrasto con la strumentazione urbanistica - persegue l'obiettivo, a determinate condizioni, di favorire la installazione di impianti produttivi rilasciando il permesso edilizio contestualmente alla variazione della disciplina urbanistica, restando in ogni caso un’ipotesi di natura eccezionale (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 6 novembre 2008 n. 2540) e consentendo all'impresa interessata di ottenere, attraverso un procedimento semplificato e previa valutazione contestuale dei diversi interessi in gioco, operata mediante la conferenza di servizi, il rilascio del titolo edilizio, qualora, oltre ai presupposti di legge, sussista la convergente volontà dell'Amministrazione di adottare scelte urbanistiche conformi al progetto presentato (in termini, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 24 febbraio 2012 n. 618; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 14 gennaio 2010 n. 146).

Nella specie, il Comune, con motivazione ampia ed articolata, pur a fronte di un parere perplesso, parziale ed ancora interlocutoria della Provincia di Caserta, ha opposto l’incompatibilità della localizzazione dell’impianto produttivo con la perdurante vocazione agricola dell’area e soprattutto con la funzione strategica nell’ottica di un’armonica pianificazione urbanistica volta ad incrementare i livelli di qualità della vita e la dotazione infrastrutturale del Comune secondo quanto prescritto dall’art. 44 delle N.T.A. del P.T.C.P. che indirizzano l’uso del suolo ricadente in ambito rurale alla previsione di attrezzature di verde pubblico, spazi per attività ricreative e sportive senza nuova edificazione ovvero all’ubicazione di un parco agricolo urbano. Orbene, è evidente che tali indirizzi da recepire nell’approvando P.U.C. sono del tutto incompatibili con la realizzazione di un impattante complesso produttivo di natura industriale.

Quanto, poi, alla dedotta violazione dell’art. 14 ter della L. n. 241/90, la censura è priva di fondamento allorchè si consideri come il parere della Provincia non ha affatto contenuto favorevole bensì interlocutorio, demandando al Comune ogni valutazione e, in ogni caso, ai sensi della speciale disciplina di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010 la determinazione conclusiva compete al Comune che, in caso di esito favorevole della conferenza dei servizi, deve sottoporre al vaglio del Consiglio comunale la proposta di variazione puntuali degli strumenti urbanistici: nella specie, in esito ai lavori della conferenza dei servizi, in primo luogo, non v’è stata alcuna posizione prevalente espressa in senso favorevole al progetto, essendosi la Provincia limitata in maniera perplessa a declinare una presunta coerenza agli indirizzi del P.T.C.P.; in secondo luogo dovendosi risolutivamente sostenere che, in virtù della norma speciale, la competenza primaria è radicata in capo al Comune per cui in caso di dissenso dell’Amministrazione sovraordinata si determina l’arresto procedimentale mentre, anche in caso di assenso pieno ed incondizionato nel merito del progetto di quest’ultima (il che non è affatto avvenuto nella specie), resta salva la potestà discrezionale dell’Ente di valutare l’insussistenza dei presupposti per dar corso al procedimento di variante ad hoc dello strumento urbanistico.

Alla luce dell’inquadramento della normativa di riferimento nei termini suesposti, la determinazione reiettiva avversata appare priva dei vizi lamentati.

L’infondatezza nel merito del ricorso principale determina la improcedibilità del ricorso incidentale, proposto, peraltro, in via meramente subordinata.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in favore del Comune di Casaluce, come da dispositivo; spese compensate nei confronti della Provincia di Caserta in ragione della posizione non sempre univoca manifestata nella presente controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

a) dichiara improcedibile il ricorso incidentale;

b) rigetta il ricorso principale;

c) condanna parte ricorrente al pagamento in favore del Comune di Casaluce al pagamento delle spese di lite, complessivamente quantificate in euro 2.00,00 (duemila/00), oltre oneri accessori come per legge; spese compensate nei confronti della Provincia di Caserta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 28 settembre 2022, con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Tomassetti, Presidente

Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore

Paola Palmarini, Consigliere

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Vincenzo Cernese

 

Alessandro Tomassetti

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO

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