• Sentenze Ente: Consiglio di Stato

L’art. 104 c.p.a. preclude la produzione di nuovi documenti in appello, ivi compresa una nuova perizia che la parte avrebbe ben potuto acquisire e produrre già nel primo grado di giudizio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VII, 14/09/2023, n. 8318; sez. IV, 07/01/2019, n. 114).

 La perizia ... è espressione di un giudizio tecnico del professionista incaricato dalla parte che rimane circoscritto alla sfera dell’opinabilità.

Per costante orientamento della giurisprudenza amministrativa va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi. Ciò in quanto solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto; mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019 n. 903).

L’orientamento più recente ha, peraltro, ritenuto meritevoli di rilievo elementi “mitigatori” del regime probatorio, permettendo l’ingresso di elementi indiziari prodotti dal proprietario dell’immobile o dall’autore del presunto abuso valorizzabili al fine di ritenerne la legittimità in ragione della dimostrata edificazione in epoca anteriore al 1967, senza che da siffatta mitigazione possa derivare un’inversione dell’onere della prova in capo all’amministrazione comunale poiché la prova dell’epoca di realizzazione rimane nella disponibilità della parte privata. In particolare, la documentazione prodotta dal privato deve raggiungere un livello probatorio di verosimiglianza circa l’individuazione, almeno utilmente approssimativa, dell’epoca di realizzazione che consenta di poter superare l’indizio costituito dalla mancata rappresentazione della medesima opera edilizia nelle risultanze catastali ovvero negli atti di acquisto dell’immobile e nelle relative planimetrie allegate (Cons. Stato, sez. VI 8 novembre 2023 n. 9612).

... i poteri istruttori del giudice non possono supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sulle parti.

Per pacifica giurisprudenza l’unità funzionale delle opere abusivamente realizzate ne impone una valutazione parimenti unitaria al fine di cogliere l’effettivo impatto dell’intervento complessivamente considerato sul piano edilizio e paesaggistico. Ne consegue che, nel rispetto del principio costituzionale di buon andamento, l’amministrazione comunale deve esaminare contestualmente l’intervento abusivamente realizzato, ciò al fine precipuo di contrastare eventuali artificiose frammentazioni che, in luogo di una corretta qualificazione unitaria dell’abuso e di una conseguente identificazione unitaria del titolo edilizio che sarebbe stato necessario o che può, se del caso, essere rilasciato, prospettino una scomposizione virtuale finalizzata all’elusione dei presupposti e dei limiti di ammissibilità della sanatoria (Cons. Stato, sez. VI, n. 4919 del 30.6.2021; id n.7776 del 16.08.2023).

... per giurisprudenza pacifica, l’ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 09/06/2023, n. 5702).

Pubblicato il 13/02/2024

N. 01445/2024REG.PROV.COLL.

N. 06239/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6239 del 2023, proposto da (OMISSIS);

contro

Comune di Positano, non costituito in giudizio;

nei confronti

(OMISSIS);

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione seconda, n. 1136/2023, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor Francesco Di Leva;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2024 il Cons. Carmelina Addesso e udito per l’appellante l’avv. Andrea Di Lieto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appellante chiede la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, n. 1136/2023 che ha respinto i ricorsi per l’annullamento delle ordinanze di demolizione n. 54 e 55 del 17 ottobre 2022 relative a due immobili di sua proprietà siti nel Comune di Positano, identificati al catasto al foglio 7, p.lla 168, sub 13 e sub 14.

1.1 Con i ricorsi di primo grado la signora (OMISSIS) lamentava l’illegittimità dei provvedimenti impugnati perché il fabbricato originario, da cui sono derivati i due immobili oggetto delle ordinanze di demolizione, era stato realizzato nella prima metà dell’800, ben prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico riguardante il Comune di Positano (imposto con D.M. 23.1.1954), del primo Regolamento Edilizio con Piano di Fabbricazione del 1966 e della prima Perimetrazione del centro abitato del 1967. Ad avviso della ricorrente, dalle fotografie storiche e dallo stralcio della mappa d’impianto del catasto risalente al 1898-1916 si ricava che i fabbricati attuali (sub 13 e sub 14) hanno la stessa consistenza di quello originario di cui alla particella 168, circostanza confermata dalla corretta lettura del testamento del 1927, dal confronto delle donazioni del 3 gennaio 1965 e del 11 maggio 2005 e dalla planimetria del primo Piano di Fabbricazione del Comune di Positano del 1966. I provvedimenti impugnati sarebbero, inoltre, illegittimi anche con riferimento alle opere minori perché rientranti nell’edilizia libera o al limite soggette a semplice SCIA e perché dalle foto e dalle cartoline esistenti non è dato desumere la presenza degli estradossi oggetto del preteso livellamento.

1.2 Il TAR adito respingeva entrambi i ricorsi sull’assorbente rilievo che non può ritenersi raggiunta la prova dello stato legittimo dell’intero fabbricato poiché gli interventi (sia pure eventualmente risalenti) hanno determinato la modifica dell’originario stato dei luoghi e sono stati realizzati in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica.

2. L’appellante chiede la riforma della sentenza per violazione dei principi del contraddittorio, della parità delle parti, del giusto processo, e degli artt. 9 bis e 31 d.p.r. 380/2001 nonché per omessa motivazione con riferimento alle opere minori e alla violazione degli artt. 7 e 8 della l. 241/1990.

3. Si è costituito in giudizio l’appellato signor(OMISSIS) che ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità della nuova perizia tecnica depositata dall’appellante, insistendo nel merito per la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

4. Il Comune di Positano non si è costituito in giudizio.

5. Con ordinanza n. 3494 del 31 agosto 2023 la sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata in ragione dell’esigenza di mantenere la res adhuc integra nelle more della definizione del giudizio.

6. In vista dell’udienza di trattazione entrambe le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive difese.

7. All’udienza del 6 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. In via preliminare, deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità per violazione del divieto di c.d. nova in appello della nuova perizia di parte del 26.06.2023, formulata dall’appellato signor (OMISSIS) in memoria di costituzione. L’art. 104 c.p.a. preclude la produzione di nuovi documenti in appello, ivi compresa una nuova perizia che la parte avrebbe ben potuto acquisire e produrre già nel primo grado di giudizio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VII, 14/09/2023, n. 8318; sez. IV, 07/01/2019, n. 114).

8.1 La perizia in questione, peraltro, non è indispensabile ai fini della decisione poiché, da un lato, reca una nuova valutazione, sebbene più approfondita, dei medesimi documenti già richiamati ed esaminati nella perizia tecnica asseverata depositata dalla ricorrente in primo grado (e nuovamente depositata in grado di appello in data 3 agosto 2023) e, dall’altro lato, è espressione di un giudizio tecnico del professionista incaricato dalla parte che rimane circoscritto alla sfera dell’opinabilità.

8.2 Per tale ragione, il Collegio dispone lo stralcio del documento in questione ai sensi dell’art 104 c.p.a.

9. Premesso quanto sopra l’appello è infondato.

10. Con tre motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata per le seguenti ragioni:

I) il giudice di primo grado, disattendendo immotivatamente la richiesta di disporre una consulenza tecnica o una verificazione, ha “preso per buono” quanto sostenuto dal Comune di Positano e dal (dichiaratosi) controinteressato, senza tenere in alcuna considerazione le prove documentali versate in giudizio dalla ricorrente in violazione dei principi del giusto processo, della parità delle parti e del contraddittorio;

II) le ordinanze impugnate sono affette da eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti e di motivazione poiché la preesistenza delle due unità immobiliari si evince dallo stralcio della mappa d’impianto del catasto risalente al 1898-1916, dalla planimetria del primo Piano di Fabbricazione del 1966 e dalle fotografie storiche, tutte precedenti all’anno 1954, anno di sottoposizione a vincolo paesaggistico del Comune di Positano. Anche un’attenta lettura degli atti notarili del 1927 e 1965 conduce a conclusioni opposte da quelle contenute nei provvedimenti impugnati poiché, da un lato, nell’originario atto che fraziona il fabbricato le quote vengono identificate solo dai vani principali, senza considerare i locali accessori, mentre vengono identificate come “stalle” le unità immobiliari non aventi i requisiti di abitabilità e, dall’altro lato, la donazione ha trasferito le due unità immobiliari (il sub 13 -ex due stanze superiori e il sub 14 -ex stalle ivi esistenti) nell’esatta consistenza in precedenza indicata. L’identità della consistenza complessiva del fabbricato e quella del piano di copertura emerge anche dal confronto tra la foto aerea del 17.10.1985, serie 0051, fotogramma 1297, richiamata nelle ordinanze, e quella ricavata da Google Earth;

III) la sentenza deve essere censurata anche perché non si è soffermata sulle opere minori non necessitanti di titolo abilitativo, a prescindere dall’epoca della loro realizzazione, incorrendo nel vizio di infrapetizione per omesso scrutinio dei motivi n. II di entrambi gli atti di gravame; IV) la sentenza è incorsa in un ulteriore vizio di infrapetizione anche nella parte in cui non ha scrutinato il motivo n. III di entrambi i ricorsi con cui si è posta in evidenza la violazione degli artt. 7 e 8 della l. 241/1990, essendosi in presenza di un simulacro di procedimento amministrativo.

10.1 Le censure sono infondate.

10.2 Per costante orientamento della giurisprudenza amministrativa va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi. Ciò in quanto solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto; mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019 n. 903).

10.3 L’orientamento più recente ha, peraltro, ritenuto meritevoli di rilievo elementi “mitigatori” del regime probatorio, permettendo l’ingresso di elementi indiziari prodotti dal proprietario dell’immobile o dall’autore del presunto abuso valorizzabili al fine di ritenerne la legittimità in ragione della dimostrata edificazione in epoca anteriore al 1967, senza che da siffatta mitigazione possa derivare un’inversione dell’onere della prova in capo all’amministrazione comunale poiché la prova dell’epoca di realizzazione rimane nella disponibilità della parte privata. In particolare, la documentazione prodotta dal privato deve raggiungere un livello probatorio di verosimiglianza circa l’individuazione, almeno utilmente approssimativa, dell’epoca di realizzazione che consenta di poter superare l’indizio costituito dalla mancata rappresentazione della medesima opera edilizia nelle risultanze catastali ovvero negli atti di acquisto dell’immobile e nelle relative planimetrie allegate (Cons. Stato, sez. VI 8 novembre 2023 n. 9612).

10.4 Nel caso di specie gli elementi forniti dall’interessata non assurgono a quel livello di verosimiglianza che, secondo la giurisprudenza sopra richiamata, consente di superare le evidenze documentali fornite dall’amministrazione circa la realizzazione dell’ampliamento e del frazionamento del fabbricato in data successiva al 1965.

10.5 Per tali ragioni, correttamente la sentenza impugnata ha respinto i ricorsi ritenendo che non fosse stata fornita la prova dello stato legittimo dell’immobile poiché i poteri istruttori del giudice non possono supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sulle parti.

10.6 L’ammissione dei mezzi istruttori costituisce un potere ampiamente discrezionale del giudice amministrativo il cui mancato esercizio non inficia la decisione emessa poiché rimesso al prudente apprezzamento del giudicante che deve valutare, caso per caso, se le parti abbiano o meno la disponibilità delle prove. Sebbene, infatti, sia consentito al giudice disporre verificazioni ed acquisizione di atti, il ricorrente deve, tuttavia, fornire elementi di seria consistenza per consentire al giudice di esercitare simili poteri istruttori (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 05/06/2023, n. 5464) in conformità con il principio dell’onere della prova e di quello della parità delle parti invocato dall’appellante.

10.7 Per tali ragioni, il giudice di primo grado, lungi dal violare il principio del giusto processo, si è limitato alla puntuale applicazione del criterio di riparto di cui all’art. 2697 c.c. e a rilevare che la ricorrente non aveva fornito la prova dello stato legittimo dell’immobile, superando le evidenze documentali dell’amministrazione che attestavano il contrario.

10.8 La tesi dell’appellante secondo cui l’attuale consistenza dei subalterni 13 e 14 emergerebbe sia dalle mappe storiche del 1916 e del 1966 che dalla lettura degli atti notarili del 1927 e del 1965 si fonda su un’opinabile e soggettiva interpretazione dei documenti in questione che non è idonea superare l’accertamento dei fatti così come dettagliatamente illustrato nelle ordinanze impugnate.

10.9 Al riguardo si osserva che:

i) le mappe del 1916 e del 1966, che rivestono carattere meramente descrittivo e non tavolare, identificano il fabbricato al mappale 168 con corte annessa, ma non ne provano l’effettiva consistenza, come confermato dall’esame dello stralcio della mappa d’impianto risalente al 1916 e di quella del primo piano di fabbricazione del 1966 riportate nella perizia di parte a firma del geom. (OMISSIS) (pag. 3 e 5 doc. 6 all. n. 1 fascicolo ricorrente); proprio in considerazione dell’insufficienza probatoria delle mappe in questione, il perito ha proceduto alla sovrapposizione delle stesse con quelle del SID e del MIT, operazione, tuttavia, inevitabilmente inficiata dall’originaria inesattezza delle prime;

ii) sia il testamento del 1927 a favore di (omissis) che l’atto di donazione del 1965 di (OMISSIS), figlio di (OMISSIS), a favore della figlia (OMISSIS) hanno per oggetto una porzione di fabbricato composta di due vani e accessori (ossia 3 vani catastali), contrassegnata al foglio 7 mappale 168 sub 3;

iii) nell’atto di donazione del 11.05.2005 la consistenza dell’originaria unità abitativa risulta variata poiché con tale atto la signora (OMISSIS) donava alla nipote (OMISSIS) la piena proprietà della porzione di fabbricato al foglio 7, particella 168, subalterno n. 13 di vani 6 e superficie catastale 115 mq e la nuda proprietà della porzione di fabbricato foglio 7, particella 168, subalterno 14, di vani 4,5, superficie catastale 90 mq (utilizzato da (OMISSIS));

iv) dall’esame delle visure catastali storiche risulta che le unità immobiliari identificate ai subalterni 13 e 14 derivano entrambe, per ampliamento e successivo frazionamento, dal subalterno n. 3 al rogito del 03.01.1965 (frazionato con variazione del 20.01.2003 pratica 19231);

v) il subalterno n. 3 aveva una consistenza di soli 3 vani, mentre le unità derivate dall’ampliamento e dal successivo frazionamento (subalterni 13 e 14) hanno una consistenza complessiva di (6 + 4,5) = 10,5 vani, laddove con il testamento del 1927 (OMISSIS) assegnava al figlio (OMISSIS) (dante causa di (OMISSIS) a sua volta dante causa della nipote (OMISSIS)) l’unità abitativa avente consistenza di due vani ed accessori;

vi) il subalterno n. 14 non può identificarsi né con le “stalle ivi esistenti” menzionate nell’atto del 1927 né con la “stalla” indicata nell’atto di donazione del 1965 poiché, in disparte la considerazione che non viene fornita alcuna prova dell’epoca di mutamento della destinazione d’uso, l’affermazione della coincidenza dell’unità abitativa in questione con l’originaria pertinenza agricola è frutto di un’opinabile operazione interpretativa del tecnico di parte che, in quanto tale, non è idonea a smentire la ricostruzione dei fatti quale oggettivamente emergente dalla piena lettura degli atti che attestano il frazionamento del subalterno 3 nei due subalterni 13 e 14. L’unica “stalla” indicata nell’atto di donazione del 1965 è, infatti, quella trasferita alla sig.ra (omissis) ed è collocata in posizione diversa rispetto alla proprietà della sorella (omissis) (Fg. 7 p.lla 169).

11. Alle medesime conclusioni si deve pervenire con riferimento alle opere realizzate al piano di copertura con conseguente cambio di destinazione d’uso da lastrico solare a terrazzo poiché le cartoline e le foto d’epoca prodotte dall’appellante non sono idonee, come osservato nei provvedimenti impugnati (immagini troppo piccole e ingrandimenti sfocati operati al computer in un formato a bassa risoluzione: cfr. ordinanza n. 54/2022), a provare uno stato di fatto difforme da quello emergente dalla foto aerea del 1985 che evidenzia la presenza di cupole in quella parte di solaio che dalla successiva foto del 13/09/2007 risulta, invece, piana.

12. Dalle considerazioni appena svolte discende anche la reiezione della censura di omessa pronuncia sui motivi del ricorso di primo grado relativi alla non necessità di titolo edilizio e paesaggistico per le opere minori (pergolato, ringhiere, tettoia, pavimentazione del terrazzo, livellamento degli estradossi) nonché sull’assoggettabilità delle stesse a semplice SCIA.

12.1 Tale censura, infatti, si fonda su una visione atomistica e frazionata dell’intervento che è smentita dal collegamento esistente tra le opere, in quanto tutte funzionalmente volte al frazionamento e ampliamento dell’originario subalterno con incremento della superficie abitativa e modifica di sagoma.

12.2 Il livellamento delle cupole e la pavimentazione, unitamente all’apposizione della ringhiera, hanno, inoltre, trasformato il lastrico di copertura in terrazza con conseguente incremento della superficie di abitazione.

12.3 Per pacifica giurisprudenza l’unità funzionale delle opere abusivamente realizzate ne impone una valutazione parimenti unitaria al fine di cogliere l’effettivo impatto dell’intervento complessivamente considerato sul piano edilizio e paesaggistico. Ne consegue che, nel rispetto del principio costituzionale di buon andamento, l’amministrazione comunale deve esaminare contestualmente l’intervento abusivamente realizzato, ciò al fine precipuo di contrastare eventuali artificiose frammentazioni che, in luogo di una corretta qualificazione unitaria dell’abuso e di una conseguente identificazione unitaria del titolo edilizio che sarebbe stato necessario o che può, se del caso, essere rilasciato, prospettino una scomposizione virtuale finalizzata all’elusione dei presupposti e dei limiti di ammissibilità della sanatoria (Cons. Stato, sez. VI, n. 4919 del 30.6.2021; id n.7776 del 16.08.2023).

13. Priva di pregio è, infine, la doglianza relativa alla mancata considerazione della violazione degli artt. 7 e 8 l. 241/1990 poiché dal contenuto delle ordinanze impugnate emerge che l’amministrazione ha puntualmente esaminato le osservazioni e i documenti presentati dall’appellante e ha illustrato analiticamente ragioni del mancato accoglimento, ragioni che, peraltro, lo stesso appellane richiama a pag. 28 e ss dell’appello, mostrando di averne avuto una perfetta contezza.

13.1 Non sussiste, quindi, l’asserita violazione del contraddittorio procedimentale che non può discendere dal mero mancato accoglimento delle osservazioni come, invece, ritiene l’appellante.

13.2 Le conclusioni cui è pervenuta l’amministrazione, che ha evidenziato come l’istruttoria svolta non abbia consentito di attestare lo stato legittimo dell’immobile, sono conformi sia all’art. 9 bis d.p.r. 380/2001 sia all’art. 27 comma 4 l.r. 31/2021 invocato dall’appellante; quest’ultima disposizione, nell’imporre all’amministrazione l’acquisizione d’ufficio dei dati e delle informazioni relative agli edifici, non esonera l’interessato dal provare i fatti da esso affermati ove in contrasto con quelli emergenti dagli atti in possesso dell’amministrazione.

13.3 Sotto diverso e concorrente profilo, giova ricordare che, per giurisprudenza pacifica, l’ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 09/06/2023, n. 5702).

14. Per le ragioni sopra indicate l’appello deve essere respinto.

15. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento a favore dell’appellato signor (OMISSIS) delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in euro 2.000,00 (duemila/00) oltre a spese generali e accessori di legge.

Nulla spese con riferimento al Comune di Positano, non costituito in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Dario Simeoli, Presidente FF

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore

Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Carmelina Addesso   Dario Simeoli
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

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